GORIZIA Quasi 300 euro in più. Tanto dovranno sborsare quest’anno le famiglie goriziane per riuscire a riempire il carrello della spesa: colpa dell’impennata dell’inflazione che, nel territorio isontino, ha fatto registrare un aumento dell’1,3%, ben al di sopra della media nazionale ferma + 0,8%.
Certo, altrove in Friuli Venezia Giulia ce la si passa ancora peggio. A Trieste per esempio. Lì, secondo l’elaborazione degli ultimi dati Istat realizzata dall’Unione italiana consumatori, l’inflazione è salita addirittura del’1,6%: dato che si traduce in un aumento medio a famiglia di 391 euro e colloca la città al quinto posto nella classifica nazionale delle realtà più care. E pure a Pordenone, dove gli esborsi medi saranno di 318 euro. Ma in regione c’è anche chi sta decisamente meglio, come i consumatori udinesi. Nel cuore del Friuli infatti il costo della vita è salito “solo” dell’0,8% che, tradotto in termini di esborsi aggiuntivi, equivale a rialzi medi di 196 euro.
Se i prezzi dei beni di prima necessità - dalla frutta al pane, passando per l’abbigliamento e le spese relative ai trasporti - aumentano, non si può dire lo stesso di stipendi e pensioni. «C’è un malessere diffuso tra i cittadini, i consumatori, le cui paghe e pensioni restano immutate nel tempo, mentre tutto continua a costare di più, anno dopo anno – tuona Antonio Ferronato, dirigente regionale dell’Adoc, l’Associazione nazionale per la difesa e l’orientamento dei consumatori –. Oggi il mercato propone auto elettriche, ma chi può permettersele? Si impone un cambio di tecnologia costante, che però non segue più il mercato reale. Siamo tutti un po’ più poveri, e se un tempo ci permettevamo di acquistare le primizie nella piccola bottega, ora ci rivolgiamo ai discount: anche questo vuol dire perdere in qualità della vita».
Va detto che non tutte le città italiane registrano aumenti del costo della vita “pesanti” come quelli subiti a Gorizia. In Italia, sempre stando al report dell’Unione nazionale consumatori, esistono anche realtà in deflazione: a Biella una famiglia media spenderà quasi un centinaio di euro in meno quest’anno (93 per la precisione), con l’inflazione al –0,4%; e si risparmierà pure a Campobasso e Caserta.
«Serve stabilire degli accordi di filiera sull’agroalimentare, per evitare rincari eccessivi, ingiustificati e insostenibili alla fine per i consumatori – afferma a questo proposito Raimondo Gabriele Englaro, presidente del Movimento Difesa del Cittadino Friuli Venezia Giulia –. Lo abbiamo più volte ribadito alla Regione e al Governo, così come abbiamo chiesto il taglio dell’Iva sui generi di prima necessità. Assieme ad altre realtà del Consiglio nazionale dei consumatori degli utenti abbiamo ottenuto proprio per questo dal ministero delle Imprese e del Made in Italy l’attivazione di speciali osservatori regionali sull’andamento dei prezzi dei prodotti alimentari, per poter fare un’analisi precisa nel tempo, e chiedere azioni concrete».
Englaro sottolinea che solo per gli acquisti di prodotti alimentari a Gorizia e nelle altre città del Friuli Venezia Giulia una famiglia media spenderà 160 euro in più rispetto allo scorso anno, e che chi cerca di far quadrare i conti spesso è costretto a scendere a patti con la qualità, a discapito della salute. Senza considerare, poi, assicurazioni, bollette e altre spese inderogabili, tutte con il segno “più”.
Per rendersi conto di quanto sia diventato più pesante il conto della spesa, del resto, è sufficiente farsi un giro tra i banchi del mercato coperto di Corso Verdi. Tra frutta di stagione venduta a prezzi una volta riservati alle primizie esotiche, prodotti da forno con costi al chilo lievitati rispetto soltanto a pochi mesi fa e pesci considerati un tempo abbordabili diventati ormai prelibatezze da acquistare solo per le grandi occasioni, gli sfoghi non mancano.