Il Cai del Veneto, ha scritto, ancora tempo fa alla Regione perché convochi un tavolo per regolamentare il flusso di cicloturisti sui sentieri alpini. Che, secondo regolamenti già esistenti – ricorda Renato Frigo, presidente regionale del Cai – sono vietati alle mountain bike e alle e-bike. Regolamenti, peraltro, che pochi, a suo avviso, rispettano. Anche perché non c’è vigilanza. E quindi non esistono sanzioni di sorta. La presidenza del Parco delle Dolomiti Bellunesi ha fatto bene, a parere di Frigo, a vietare alle due ruote determinati percorsi da riservare esclusivamente all’escursionismo.
E appunto per questo auspica che intervenga una nuova disciplina regionale per regolamentare i percorsi in quota, con annessi i controlli per punire chi sgarra. «Al tavolo la Regione inviti il Cai, le altre associazioni di frequentazione della montagna, gli operatori dell’accoglienza, soprattutto le varie organizzazioni che promuovono il cicloturismo. E poi anche gli amministratori pubblici, dai sindaci ai presidenti delle Unioni Montane», sottolinea il presidente del Cai.
In Veneto i sentieri di montagna, quelli alpini, sono lunghi 4 mila chilometri, 2.400 circa si trovano nella sola provincia di Belluno. Si tratta di itinerari manutentati soprattutto dai volontari del Cai, tanti dei circa 60 mila iscritti al Club. «Ebbene», si chiede Frigo, «già facciamo fatica a provvedere, ogni fine inverno, al ripristino di questi percorsi, spesso danneggiati dalla neve, dal maltempo; perché dovremmo ripassarli ogni mese, almeno quelli più frequentati dalle bici, in quanto dalle stesse vengono sconnessi? Senza, magari, ricevere nemmeno un grazie», si rammarica il numero uno del Cai Veneto.
Pierluigi Trevisan è il presidente provinciale della Fiab di Belluno. Si tratta della più autorevole delle associazioni che promuovono il cicloturismo. «Noi siamo perfettamente d’accordo con il presidente del parco delle Dolomiti. E lo siamo pertanto anche col presidente del Cai. Abbiamo talmente rispetto dei sentieri alpini che non promuoviamo nessuna gita in quota, ma soltanto lungo le ciclovie e semmai qualche pista forestale che sia praticabile, anche perché più sicura».
Trevisan, dunque, è pienamente d’accordo sull’opportunità, anzi sull’urgenza di vietare la bici lungo la rete sentieristica riservata a chi cammina. «Io vado spesso a camminare in montagna e mi dà terribilmente fastidio se devo fermarmi per lasciare il transito a chi sale o scende sulla due ruote. E magari in velocità tale che si fa male lui stesso, oltre all’escursionista che incrocia, come si è visto».
Altra cosa sono le piste, i percorsi per il downhill, attrezzati appositamente – esemplifica il presidente Fiab – per l’uso da parte degli appassionati che vogliono provare determinate emozioni. La Fiab con Trevisan ribadisce un principio che sta a fondamento dell’approccio corretto con la montagna: il pedone, quindi il camminatore, deve essere tutelato, protetto al massimo, quindi gli dobbiamo portare rispetto anche lungo le stesse ciclovie. «Quando in pista incontriamo chi cammina, dobbiamo essere noi ciclisti a frenare, a fermarci, non chi ci sta davanti e cammina tranquillamente», sottolinea Trevisan.
Anche il Cai ritiene doverosa la massima collaborazione con associazioni qual è la Fiab. Quindi nessuna norma – auspica Frigo – che non sia concordata. «Piuttosto dobbiamo promuovere un’educazione ecologica (e non solo) da parte anzitutto delle società che affittano le bici, soprattutto le e-bike, perché educhino a loro volta i clienti che il più delle volte si fiondano sui sentieri di montagna che magari non conoscono e succede l’incidente per cui devono mobilitarsi i soccorritori, l’elicottero compreso».