La Sardegna ricorda e non dimentica l’agente di polizia Emanuela Loi, che a 24 anni nella sua terra non è più tornata. A Sestu, nel suo paese d’origine a pochi km da Cagliari, tornerà il suo corpo dilaniato dall’esplosione che la uccise insieme al giudice Borsellino e ai quattro colleghi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli a Palermo, la città delle stragi dove nessuno voleva andare, nel 1992 nel cruente attentato di via d’Amelio.
Emanuela Loi, fu la prima agente donna della Polizia di Stato a restare uccisa in servizio. Medaglia d’oro al valor civile. «Preposta al servizio di scorta del giudice Paolo Borsellino, pur consapevole dei gravi rischi cui si esponeva a causa della recrudescenza degli attentati contro rappresentanti dell’ordine giudiziario e delle Forze di Polizia, assolveva il proprio compito con grande coraggio e assoluta dedizione al dovere. Barbaramente trucidata in un proditorio agguato di stampo mafioso, sacrificava la vita a difesa dello Stato e delle Istituzioni.» — Palermo, 5 agosto 1992
Emanuela era questo, una persona perbene, che voleva essere felice, giusta e utile. Non glielo hanno permesso ma quello che ha fatto non è stato dimenticato e non sarà mai inutile. “Prendersi cura, delle persone e delle cose, è un concetto assolutamente radicale” e se questa è la rivoluzione necessaria per cambiare il mondo, Emanuela è una degna rappresentante di essa. Emanuela, aveva deciso non solo quali atrocità in questa società fossero intollerabili, ma anche come combatterle.
Dopo aver conseguito il diploma magistrale Emanuela seguì il sogno di entrare in polizia e forse anche quello di avere un lavoro sicuro. Dopo il concorso, decise di arruolarsi all’età di ventiquattro anni. Venne trasferita a Palermo e dopo un mese accetto di fare la scorta al giudice antimafia Paolo Borsellino, il primo della lista nera di Cosa Nostra. Un incarico che preoccupò la famiglia della giovane ragazza per il clima di alta tensione che si respirava in quegli anni in Italia e nella Palermo del MaxiProcesso.
Il 1992 fu l’anno delle stragi, terribile per l’Italia. Dopo il feroce attentato a Falcone il 23 maggio del 1992, nulla fu come prima. Chiamata a vigilare sul magistrato Guido Lo Forte e sul capo della squadra mobile Arnaldo La Barbera, Emanuela venne trasferita all’ufficio Scorte. La mafia aveva creato un clima di puro terrore nel bel paese, affinando la violenza e la crudeltà dei suoi colpi. Uomini e donne della scorta, uscivano la mattina, muniti di giubboti antiproiettile e pistola d’ordinanza, sapendo di non poter tornare più a casa.
Emanuela, poco più che ventenne, era una donna ancor prima di esser agente. Una donna tra gli uomini, in un mondo da caserma fino a poco tempo prima chiuso e inaccessibile. Un mondo in cui Emanuela riuscì presto ad inserirsi e fare gruppo. Di Emanuela, solare, precisa e piena di energia, dall’attentato in quella tremenda serata di domenica in via d’Amelio, “non rimase nemmeno il corpo. Andò tutto in fumo”.
Emanuela è morta mentre stava lavorando, combattendo contro l’ingiustizia e l’illegalità.
Durante i funerali dell’agente, Luigi Garau ricorda che – in questo grosso centro agricolo alle porte di Cagliari – i vertici dello Stato e la Sardegna tutta, rese i massimi onori all’agente di P.S. Emanuela Loi. Nel caldo torrido di Luglio, uno strano pomeriggio stracolmo di commozione e brividi, il tributo dei massimi onori. Emanuela è un simbolo fondamentale della parola Stato, ovvero, rappresenta la fedeltà nelle libere istituzioni sino all’estremo sacrificio. Un sacrificio che dev’essere sempre presente nella memoria di tutti, in particolare dei giovani. Un sacrificio che ci ricorda qual è il prezzo della libertà e della democrazia.
La storia di Emanuela non sbiadisce nelle pagine della storia, ogni anno la sua memoria incancellabile continua a raccontare quell’Italia violenta e insieme ad essa la semplicità di una ragazza che giurò vestendo la divisa, di proteggere lo Stato, anche a costo di sacrificare la propria vita. Un esempio di coraggio che il destino ha immortalato per sempre. Chissà quale voce interiore parlava ad Emanuela, oltre ai condizionamenti di timore dei familiari, degli amici, dal fidanzato. Chissà quale voce Emanuela ha sentito come sua, e solo sua, a tal punto da dover fare nella sua vita quello che “se non avesse fatto lei, non l’avrebbe fatto nessun altro”.
Il dolore ancora vivo per la violenta morte di Emanuela può essere attenuato solo dalla consapevolezza interiore che il destino di ognuno di noi percorre strade, anche tragiche, ma inesorabilmente in armonia con un Piano più grande di noi. A chi l’ha conosciuta e amata resta il suo coraggio ragionato e l’entusiasmo per il suo lavoro. Per una ventiquatrenne ……non è cosa da poco ed è giusto esserne fieri!
“Noi non dimentichiamo”, cosi i sardi, come in quel lontanto 1992 con le scritte sui lenzuoli bianchi appesi ai balconi il giorno del funerale scrivevano: “Emanuela ti porteremo sempre nel cuore”, oggi ricordano il sacrificio di Emanuela Loi dedicando a Sestu un’intera giornata nella sua memoria con un murale, una mostra e un grande concerto, una manifestazione in cui non mancheranno le testimonianze di familiari, di tante autorità e di chi ha conosciuto e ha lavorato con la giovane uccisa dalla mafia.
Emanuela sapeva cosa voleva per la nostra società, per il nostro paese.
La sua ultima azione è stata contro l’odio: “Essere l’uno per l’altro, per il bene collettivo”. Un tassello, tra i tanti, per rendere il mondo migliore!
L'articolo Emanuela Loi, l’angelo di Borsellino: storia di una maestra che scelse di diventare poliziotta proviene da Globalist.it.