Capacità diplomatica da dirigente della Dc degli anni ’80, intuito, furbizia, senso delle cose, empatia. È difficile stilare un elenco completo degli aggettivi che con precisione descrivano il luogotenente Giovanni Soldano. Di certo l’uomo è la rappresentazione plastica del motto caro all’Arma dei carabinieri: tra la gente, per la gente.
Lunedì 22 luglio Soldano, che ora comanda la stazione di Padova Principale, compie 65 anni e va in pensione. E si chiude un’epoca, sotto numerosi punti di vista. Ma per capire chi è Giovanni Soldano non ci si può fermare solamente a questi ultimi anni della sua carriera, quelli padovani per intenderci.
Per capire chi è questo carabiniere originario di Venosa, in provincia di Potenza, bisogna fare un bel salto indietro nel tempo. Soprattutto un bel salto nel Veneto criminale.
Perché Soldano, dal 1988 al 2018, è stato comandante della stazione di Legnaro, un piccolo comune che però, in quella particolare stagione, si è trovato in un crocevia storico e geografico molto particolare. Era infatti uno dei centri nevralgici della Mala del Brenta, situato a poco meno di 10 minuti di distanza Liettoli, il quartier generale di Felice Maniero.
A Legnaro giravano personaggi del calibro di Gilberto Sorgato detto Caruso, Ottavio Andrioli, Sandro Radetich detto il Guapo, Gianni Barizza, Zeno Bertin detto Richitina, Stefano Carraro detto Sauna, Antonio Pandolfo detto Marietto. Erano gli anni delle rapine, del traffico di droga e armi, del riciclaggio, degli omicidi. Soldano indaga anche sul sequestro di persona e il successivo assassinio di Ermes Bernardinello, il 7 gennaio 1990. Insomma, entra a piè pari nelle indagini e si fa conoscere dalla malavita locale.
A Legnaro, sempre in quei tempi, c’era anche un grande campo nomadi dove risiedeva la famiglia Crovi, la cui storia criminale è abbondantemente certificata da tribunali e procure. Si trovava in via Rovigo ed era, per così dire, un altro quartier generale delle bande che imperversavano con kalashnikov e auto sportive.
Una notte qualcuno di questi personaggi decise di dargli un segnale. Appiccarono il fuoco a tre auto dei carabinieri parcheggiate davanti alla caserma e spararono alcuni colpi sulla porta d’ingresso.
Peraltro al maxi processo il cognato di Maniero rivelò che, a un certo punto, decisero di portare una bara davanti alla caserma di Legnaro per far capire ancora con più chiarezza al comandante cosa stava rischiando.
La cosa non si realizzò perché, mentre stavano per farlo, passò un vicino che li vide chiaramente. E così fuggirono. Ma Soldano era anche l’unico che riusciva a dialogare con questi criminali col pedigree. Nel 2003 ritirarono la patente a Vittorio Crovi, il quale inscenò una protesta clamorosa salendo su una gru e minacciando di buttarsi se non gliela avessero restituita. Rimase lì sopra per ore, con Soldano di sotto a parlargli, nel tentativo di convincerlo a desistere. Ci riuscì e Vittorio Crovi scese.
Sempre nel campo nomadi il maresciallo dei carabinieri rimase sequestrato un paio d’ore. Era andato con un collega della stazione di Legnaro per eseguire un ordine di carcerazione che colpiva uno della famiglia e, di botto, si rivoltarono tutti i parenti, rinchiudendo carabinieri e ricercato dentro una roulotte. Ma anche in quel caso Soldano riuscì a trattare il rilascio, e ad andarsene con il ricercato in manette.
Il sottufficiale dell’Arma è stato un punto di riferimento anche per due generazioni di cronisti di nera, del Mattino di Padova e del Gazzettino, che in lui trovavano un punto di riferimento affidabile. Disponibile e presente, ma sempre nell’interesse della Benemerita, che anche grazie a Soldano ha potuto colonizzare le pagine in quella frizzante stagione di cronaca nera.
Dopo Legnaro è arrivato il periodo padovano, con il comando della stazione di Padova Principale. Con intelligenza Soldano ha riprogrammato la sua azione, concentrandosi sui fronti più importanti per una città come questa: la lotta al degrado e allo spaccio ma anche l’aiuto dei poveri in difficoltà e dei senzatetto.
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Il tutto sempre con una costante, con la moglie Rosa Cancellara accanto e con i figli Antonio e Marianna, che nel frattempo sono diventati urologo e psicologa. Ma non immaginatevi Giovanni Soldano in pantofole a godersi la pensione. «Vorrei fare qualcosa per aiutare gli altri», dice lui. E riuscirà a fare la differenza, ancora una volta.