Università di nuovo nella morsa dei tagli. Se ne parlava da giorni e, giovedì 18 luglio, la Conferenza dei Rettori ha preso posizione sulla bozza del nuovo decreto ministeriale: «Il Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) per gli atenei rischia di diminuire di 513.264.188 euro, se questi tagli saranno confermati il sistema universitario nazionale arretrerà l’evoluzione virtuosa e la sopravvivenza della stessa università statale sarà a rischio».
Alla ministra, Anna Maria Bernini, i rettori hanno chiesto la revisione del decreto che prevede i tagli e pure un incontro per avviare la trattativa, ma dalla ministra hanno ricevuto una risposta piccata e una non disponibilità al dialogo: «Il comportamento dei rettori – ha detto Bernini – è inaccettabile e preclude qualsiasi forma di confronto».
Intanto a Udine e a Trieste i rettori Roberto Pinton e Roberto Di Lenarda, non fanno mistero sulla loro preoccupazione.
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A preoccupare i rettori è soprattutto la riduzione della quota libera, priva di vincoli, del Ffo che resta la maggior fonte di finanziamento degli atenei italiani. L’Ffo, in effetti, è composto da diverse voci, la maggior parte è vincolata a determinati utilizzi dei fondi. Non a caso, ieri, i rettori hanno chiesto la revisione del decreto e raccomandato al ministro «di voler informare le università e la Crui sui criteri di ripartizione del Ffo prima dell’anno di riferimento e non dopo. In questo modo si evita di vanificare gli sforzi fatti per adattare le politiche degli atenei ai criteri di ripartizione dei finanziamenti».
Gli stessi rettori si sono soffermati sull’adeguamento Istat che, alla luce dell’inflazione, si aggira intorno al 20 per cento e sugli aumenti stipendiali del personale a carico dei bilanci degli atenei. L’hanno fatto per chiedere l’aumento della quota libera da vincoli del Ffo, quella che nella bozza del decreto è soggetta a una «consistente riduzione».
Proprio perché «il provvedimento contiene alcune incomprensibili inversioni di tendenza rispetto agli indirizzi seguiti negli ultimi anni», i rettori fanno notare che l’incremento significativo delle componenti del Ffo vincolato e la differenza pari a un miliardo di euro tra Ffo e fabbisogno, «renderà sempre più difficile il rispetto del limite di fabbisogno assegnato, riducendo gli investimenti negli atenei e la loro possibilità di stimolo alla crescita del Paese».
Ma non è ancora tutto perché, in questa situazione, sempre secondo i rettori, pure i costi del personale rischiano di diventare insostenibili. Da qui la preoccupazione che «giovani ricercatrici e ricercatori rimangano, ancora una volta, senza prospettive».
Se i rettori speravano di avviare un dialogo con il ministro si sbagliavano: Bernini ha definito «inaccettabile» il comportamento dei rettori. «Dettaglierò voce per voce – ha assicurato la ministra – i finanziamenti già erogati e quelli programmati per una doverosa operazione trasparenza. Il sistema universitario non ha di fronte un tema derivante dalla scarsità di risorse, ma della loro gestione ottimale». Il ministro ne fa una questione «di capacità gestionale di cui i rettori sono i primi responsabili e di cui dovrebbero rendere conto. Per quanto mi riguarda – insiste Bernini –, sono e resterò in prima linea per tutelare quel grande patrimonio nazionale che è il sistema della formazione superiore. Nei prossimi mesi, continuerò a mettere in campo ogni iniziativa per rendere pubblico come le risorse vengono spese, quali sono a parere del ministero le inefficienze e i ritardi».
Per finire Bernini ricorda a tutti che si tratta «di fondi pubblici, a carico dei contribuenti e al servizio degli studenti».
Alla ministra fa eco la precisazione del Miur: «Il Fondo di finanziamento ordinario anche per l’anno in corso supera del 21 per cento il valore del 2019. Si tratta di oltre 1,5 miliardi in più, passando da 7 miliardi 450 milioni a oltre 9 miliardi 31 milioni» è stato specificato nel definire «pretestuosi» i rilievi della Conferenza dei rettori visto che «il finanziamento dell’Ffo 2024 era noto da tempo, essendo le risorse inserite in legge di bilancio. Quest’anno e per i prossimi non ci sarà alcun taglio ma una sostanziale stabilizzazione del Ffo, per oltre 9 miliardi. A legislazione invariata si passerà a un incremento del 2 per cento da quest’anno al 2025, e del 2,35 da quest’anno al 2026».
Al fianco dei rettori si schierano i rappresentanti del Pd e della Flc-Cgil, secondo cui «il taglio effettivo è di 500 milioni di euro, circa il 5 per cento delle risorse».
Stando alle stime della Cgil, la quota base del Ffo sarà ridotta di circa 385 milioni di euro, «il suo importo è pari a 3.936 miliardi di euro, mentre nel 2023 era 4.321 miliardi di euro».
La situazione preoccupa la senatrice del Friuli Venezia Giulia, Tatjana Rojc (Pd): «Questo è esattamente il momento in cui si dovrebbe investire nella ricerca e nell’alta e altissima formazione. Non si bucano le ruote a una macchina che deve prepararsi a correre in una competizione globale, dove l’innovazione scientifica e tecnologica è il vero fattore della supremazia strategica».
La senatrice è convinta che «il taglio del Ffo alle università va contro ogni logica di sistema, mette in difficoltà le strutture che dovrebbero trainare la transizione del Paese, come laboratori di pensiero, nuclei di elaborazione e di coordinamento e centri di trasferimento delle competenze».
Rojc e quindi il Pd chiedono al Governo di «aprire un confronto con tutto il mondo accademico, dalla Crui alle rappresentanze sindacali e alle associazioni studentesche».
Lo stesso fa Alfredo D’Attorre, responsabile Università nella segreteria nazionale del Pd, temendo che la manovra possa «portare una parte degli atenei pubblici al default e un’altra parte consistente al blocco totale del turnover».
Sullo sfondo c’è lo spettro del potenziamento degli atenei telematici. La bozza di decreto è stata trasmessa anche al Consiglio universitario nazionale (Cun) e degli studenti universitari (Cnsu) secondo cui «i tagli – ripetono i loro rappresentanti – metteranno sotto forte pressione i bilanci delle università».
Sul tema interviene pure il senatore triestino del M5s, Stefano Patuanelli: «Il taglio del Ffo mette a rischio la sostenibilità degli atenei, che spesso non hanno altre fonti di finanziamento alternative a quella pubblica. C’è il rischio concreto che ci sia un aumento delle tasse per gli studenti».
Altrettanto preoccupato Enrico Sossi, referente giovani di Trieste: «Bisogna aumentare il finanziamento alle università pubbliche, non tagliarlo rischiando così di ridurle. Si taglia l’istruzione terziaria per finanziare il riarmo», mentre il senatore forzista, Maurizio Gasparri, accusa i rettori di essere «una casta» pronta a dire «inesattezze. In questi ultimi due anni gli atenei sono stati inondati di soldi. Qualcuno si è anche preoccupato di aumentarsi lo stipendio piuttosto di pensare al benessere degli studenti. Anziché raccontare una storia a metà, negando i miliardi di cui hanno beneficiato, ci dicessero come hanno speso i soldi» .