Si fa presto a dire sostenibile. Per vivere in linea con i dettami della transizione ecologica, occorrono disponibilità economiche adeguate. L’ideologia di un equilibrio ambientale che prescinde da obiettivi realmente raggiungibili rischia di essere un fattore di ulteriore frammentazione sociale, aumentando il divario tra livelli di reddito, dividendo la popolazione tra coloro che possono permettersi una vita «eco-friendly» e chi faticherà ancora di più ad arrivare a fine mese. Con il paradosso di trovarsi appiccicato addosso lo stigma di nemico dell’ambiente se magari non indossa la maglietta con fibre riciclate, non riempie il carrello di prodotti provenienti da coltivazioni non intensive o si muove ancora con la vecchia auto a benzina. Che dire poi delle vacanze. Spostarsi in aereo richiederà ampi budget.
Cominciamo proprio da qui il percorso per scoprire quanto costa una vita green. È notizia recente che le compagne aeree per raggiungere gli obiettivi europei di abbattimento delle emissioni di CO2, vogliono rincarare i biglietti. Ad aprire le danze è stata Lufthansa. A dispetto di chi si illudeva che la fusione con Ita avrebbe portato a tariffe più economiche, ecco che la compagnia tedesca ha annunciato il sovrapprezzo ecologico. Il supplemento ambientale sarà applicato a tutti i biglietti per voli a partire dal 1° gennaio 2025. I rincari, modulati sulla lunghezza della tratta, arriveranno fino a 72 euro in più e interesseranno tutti i voli in partenza dai 27 Paesi Ue operati dal gruppo tedesco, quindi anche Swiss Air, Australian Airlines, Brussels Airlines, Air Dolomiti, Eurowings. Seguono a ruota le altre compagnie. Il vettore tedesco ha spiegato che deve «coprire parte dei costi aggiuntivi in costante aumento dovuti ai requisiti ambientali normativi. Questi richiedono miliardi di investimenti e Lufthansa non può sostenere i costi da sola». Perciò si richiede un contributo anche dai passeggeri. Finora questo è stato volontario ma secondo la compagnia aerea, solo il 4 per cento lo ha fatto. Come dire che a parole tutti sono campioni bio però quando è il momento di aprire il portafoglio, le ideologie vengono velocemente archiviate.
Uno studio del think tank Seo Amsterdam economics, stima che i prezzi dei biglietti potrebbero aumentare fino a 85 euro in più nei prossimi anni. L’Unione europea ha stabilito come entro il 2050 dovranno essere raggiunte le «emissioni zero nette», con una tappa intermedia nel 2030 che prevede un taglio del 55 per cento. Nel pacchetto «ReFuelEu» è indicato che dal 2025 tutti i voli in partenza dall’Ue sono obbligati a usare una quota minima di carburante sostenibile per l’aviazione (Saf). Per il primo anno è previsto l’uso del 2 per cento di Saf che gradualmente arriva al 70 per cento nel 2050. Nella quota obbligatoria è anche previsto l’uso di carburanti sintetici, come l’e-cherosene che dovrà essere dell’1,2 per cento nel 2030 fino al 35 per cento nel 2050. Per raggiungere gli obiettivi, i vettori del continente dovranno prevedere oltre 800 miliardi di euro di costi aggiuntivi, portando così la spesa complessiva per la transizione energetica del settore a quasi 1.900 miliardi di euro. Costi che saranno in gran parte scaricati sull’utenza. Lufthansa, da tempo, si lamenta del maggior onere imposto dalle normative Ue. «Un volo Lufthansa da Madrid con trasferimento da Francoforte a Shanghai e ritorno, nel 2035 costerà circa 220 euro in più», ha stimato in un recente documento.
L’aggiustamento appena fatto da Lufthansa per la tassa ambientale è soltanto l’antipasto. Il Consiglio europeo, nel suo sito spiega che «viaggiare in aereo ha un impatto elevato sul bilancio delle emissioni dell’Ue. Per esempio, un volo di andata e ritorno da Lisbona a New York genera all’incirca lo stesso livello di emissioni che una persona in media nell’Ue produce per riscaldare la propria casa per un anno intero».
Oltre al danno c’è anche la beffa. Il supplemento ecologico non si paga per i voli che partono al di fuori della Ue. Il che vuol dire che ci sono passeggeri di serie A (gli extra Ue) e passeggeri di serie B, quelli europei. «L’Europa continua a fare politiche che nuociono alle sue imprese. È evidente che così si crea uno squilibrio sul mercato a vantaggio delle compagnie che operano al di fuori dell’Unione. Un vettore che opera essenzialmente sul lungo raggio è meno danneggiato. Chi invece è concentrato sul Vecchio continente è penalizzato» spiega a Panorama, Ugo Arrigo, docente di Economia politica all’università Bicocca di Milano e esperto di trasporti. «Si volerà meno. Le low cost saranno in parte avvantaggiate dal fatto che hanno velivoli moderni e a minor impatto ambientale ma la compensazione non è poi così alta».
Ed è solo l’inizio. Altra data da mettere in agenda per l’arrivo di nuovi rincari, è il 2026. L’Ets, il sistema di scambio di emissioni inquinanti della Ue, cambierà, comportando costi aggiuntivi per le compagnie che Eurocontrol ha stimato pari a 23 miliardi di euro entro il 2030. La logica è: chi più inquina, più paga. Ogni anno, i vettori devono acquistare una certa quantità di quote diCO2 ma alcune di queste finora sono concesse gratuitamente. A partire dal 2026 gli «sconti» verrebbero eliminati progressivamente. Non solo. Finora gli Ets non riguardano i voli intercontinentali ma Bruxelles sta pensando di inserirli nel meccanismo. Il Green deal, poi, prevede una tassa sul cherosene che secondo Eurocontrol potrebbe portare costi aggiuntivi per i vettori, di qui al 2030, pari a 29 miliardi. Alla fine il conto sarà girato ai passeggeri.
Qualcuno può obiettare che c’è l’alternativa del treno, considerato più ecologico. Federconsumatori, ha calcolato a Pasqua che viaggiare in alta velocità, in seconda classe e con la tariffa economica, comportava un aumento medio rispetto a due settimane prima, del 20 per cento. Le tratte con maggiori rincari risultavano con partenza da Milano verso Bologna (+34 per cento), Firenze (+22 per cento) e Napoli (+21 per cento), nonché da Roma verso Napoli (+27 per cento). Anche su questo Arrigo fornisce un commento. «Spostando la domanda sul trasporto ferroviario è logico che i prezzi aumentano. In Italia la concorrenza tra Italo e le Frecce di Trenitalia inizialmente ha fatto abbassare i biglietti ma poi sono risaliti. Non si può nemmeno pensare a incrementare i treni. Alcune tratte sono sature. Tra Bologna e Roma la frequenza tra un treno e un altro è maggiore di quella di una metropolitana romana».
Un report di Greenpeace Europa (luglio 2023) ha rilevato che in media i viaggi in treno in Europa risultano due volte più costosi dell’aereo, con punte fino a 30 volte di più. Il risultato di questo scenario, stima Arrigo sarà minor turismo interno.
Per gli spostamenti allora non resterebbe che l’auto. Qui si apre il capitolo dell’elettrico e i costi decollano. Cambiare la vettura a benzina con una a batteria o ibrida, significa sottrarre al proprio conto corrente oltre 20 mila euro. Per conciliare disponibilità e vocazione green ci sono i mezzi pubblici ma, considerando le disfunzioni, c’è pure bisogno di un’anima zen.
Anche vestirsi e mangiare richiede portafogli gonfi. Un capo di abbigliamento con fibre tessili rigenerate o da vestiti riciclati paradossalmente costa di più di uno realizzato con fibre vergini. Il motivo? C’è il costo della gestione, cioè del ritiro, della selezione e della trasformazione, poi non vanno usate lane che provengono da animali sottoposti a allevamenti intensivi, o nel caso del cotone, da coltivazioni che richiedono molto dispendio di acqua. Il capo poi va conservato in un packaging riciclato e a basso impatto ambientale sostenibile. Risultato: i marchi sostenibili ed etici costano da due a sei volte in più rispetto a quelli offerti dalle catene di fast fashion. Non solo. La smania green alimenta le truffe. Un’indagine del Joint Research Centre della Commissione europea ha ipotizzato che il 53,3 per cento delle dichiarazioni di sostenibilità nel tessile è vago o fuorviante e il 40 per cento privo di fondamento. Così il consumatore viene spolpato, felice perché si sente green ma è truffato.
L’estremismo ecologista detta legge anche a tavola, imponendo menu da nababbi. Il sito Today ha messo a confronto, a marzo scorso, un carrello sostenibile per due persone, con uno analogo di prodotti del supermercato, in un quartiere periferico di Roma. Una confezione di marmellata da 150 grammi nel negozio bio costa 2,70 euro, mentre al supermercato 0,60; mezzo litro di olio extravergine, se è bio, si paga 9,80 euro, al supermercato 4,50; una confezione di riso basmati da 500 grammi, 3,98 euro contro 1,85 euro; 300 grammi di carne bovina a fettine, 14,85 euro contro 3,87; 500 grammi di mozzarella biologica 5,96 euro e al supermercato 3,80 euro. Su base mensile è risultato, per due persone, per un carrello classico di una coppia, tra cui latte, pane, olio, uova, legumi, frutta di stagione, riso, carne, pesce surgelato, una maggiore spesa di quasi 500 euro rispetto alla modalità convenzionale.
Gli eco-rincari hanno investito poi la casa. Mettere in regola un appartamento secondo i parametri Ue di efficienza energetica costerebbe almeno 40 mila euro di lavori. Nell’immediato chi vuole aggiornare gli elettrodomestici si prepari al salasso: per un buon frigorifero di classe energetica A bisogna preventivare circa 900-mille euro; per una lavastoviglie classe A++ si deve spendere minimo 430 euro mentre per una lavatrice stessa efficienza energetica, si parte da circa 500 euro.
Le nuove costruzioni saranno soggette al Level, un modello di analisi Lca (Life cycle assessment) che doterà gli edifici di un attestato di sostenibilità oltre che di prestazione energetica. Lo prevede la direttiva europea Epbd 2024 (Energy performance building directive) che si popone di ridurre le emissioni di gas serra nell’edilizia censire e monitorare il parco edifici nell’Unione. I singoli Stati avranno due anni per recepire i contenuti. L’edilizia sostenibile in un prossimo futuro dovrà puntare su legno (ma proveniente da foreste certificate), canapa, scarti di filiere alimentari e forestali, sughero. Quanto costeranno e chi potrà permettersele? Non a caso il vicepresidente esecutivo di Pirelli, Marco Tronchetti Provera, ha definito le politiche green, «idiozie, fesserie» avviate da «ignoranti ideologizzati». Non solo sono un aggravio per la tasca ma rischiano di aggravare i divari sociali. La sostenibilità appare davvero poco democratica.
