Dal fallimento all’Europeo al prossimo campionato. Sotto l’ombrellone della spiaggia di Grado, dove è arrivato per l’ultima puntata di “Calcio mercato - L’originale”, Alessandro Costacurta dice la sua sulla Nazionale, su Spalletti e sul calcio italiano.
Costacurta, è corretto dire che non c’è stata connessione tra Spalletti e la squadra a Euro 2024?
«Mi sembra un giudizio eccessivo. Diciamo che c’è stata mancanza di comunicazione. Il ct ha chiesto troppo ai giocatori avendo poco tempo a disposizione. Come ha sottolineato Capello una cosa è fare l’allenatore, un’altra il commissario tecnico».
La cosa peggiore è stata il modo in cui l’Italia è stata eliminata, cioè senza combattere...
«Molto brutto, senza avere un’idea di quello che dovevano fare, senza un po’ di aggressività che avrebbe perlomeno salvato la faccia».
Se il compito di Spalletti prima era difficile, ora sarà difficilissimo. Concorda?
«Secondo me sarà l’esatto contrario. Il ct farà sicuramente tesoro di quanto ha vissuto. Lo conosciamo è un toscanaccio testardo, ma questa esperienza lo fortificherà. Io ho vissuto una simile esperienza con Sacchi: anche lui non ha avuto il tempo per trasformare la Nazionale in una squadra di club».
Però Mancini nei primi anni della sua gestione ci era riuscito.
«Quella era una squadra più esperta, con giocatori di personalità, nell’Italia di oggi sono mancati proprio elementi di personalità».
A Spalletti sono venuti meno alcuni giocatori che potevano tornare utili: Zaniolo e Berardi, per esempio.
«Non discuto il valore dei singoli, ma la personalità non è una qualità nella quale i calciatori citati eccellono».
Ogni volta dopo un fallimento si sprecano le ricette e i consigli su come rilanciare il calcio italiano. Per esempio si propone l’aumento dei centri federali.
«Ci sono tante idee e tutte possono essere buone. Io faccio questa considerazione: i talenti li abbiamo: in Italia-Portogallo Under 17 abbiamo asfaltato i nostri avversari, abbiamo fatto risultati anche con l’Under 19».
Manca da fare l’ultimo scalino, pare di capire. Come si fa?
«Io credo sia una questione di mentalità. Da noi i giovani non sono considerati mai pronti, Yamal, invece, a 16 anni fa il titolare nel Barcellona e gli viene dato il tempo di sbagliare. Da noi no. Non è solo un problema di allenatori, ma di sistema che comprende tutti gli addetti ai lavori, compresi i giornalisti e i tifosi. In Italia una retrocessione è vista come un dramma, altrove è diverso».
Ci fa i nomi di tre giovani che non c’erano in Germania e che vorrebbe vedere nella prossima lista di convocati di Spalletti?
«Zaniolo che sotto la guida di Gasperini migliorerà sicuramente, Tonali che ha le caratteristiche che ci sono mancate a centrocampo e Fabbian che nel giro di due-tre anni diventerà un giocatore da top club».
L’Inter campione d’Italia parte ancora con il ruolo di favorita?
«Direi anche strafavorita. Ha confermato tutti i giocatori più importanti e ha inserito, tra l’altro con grande anticipo, Zielinski e Taremi».
Thiago Motta alla Juve rischia di fare la fine di Maifredi o può vincere al primo colpo come Sarri?
«Sono curioso di vedere che impatto avrà Thiago in uno spogliatoio così importante. Allenare il Bologna e la Juve sono due cose diverse, dalla sua ha il fatto di essere una persona molto intelligente che in passato da calciatore ha vissuto in gruppi importanti».
Il Milan ha fatto bene a rinunciare a Zirkzee non pagando le commissioni al procuratore?
«Assolutamente sì. A certi ricatti un club non può sottostare. Anche perché questi non sono soldi che restano nel calcio ma che vanno ad arricchire con quadri e piscine le case di questi personaggi».
Morata è un profilo diverso sia tecnicamente che anagraficamente.
«È una spesa giusta anche perché non dimentichiamoci che tra uno o due anni in prima squadra arriverà Camarda che farà il centravanti del Milan per i prossimi dieci anni. E oltre a lui occhio a Liberati, altro grande talento che mi ricorda Foden».
Leao ha deluso anche all’Europeo. Se arrivasse un’offerta da 100 milioni lei lo cederebbe?
«Assolutamente sì, ma mi chiedo chi potrebbe spendere una cifra simile per lui».
Come vede l’arrivo di Conte a Napoli?
«Molto bene. Antonio è uno che cambia la testa dei giocatori. È arrivato nella squadra ideale, in un ambiente completamente da rivitalizzare».
L’Atalanta può fare meglio dello scorso anno? Cioè lottare per lo scudetto?
«Secondo me sì. Se vinci in quel modo la finale di Europa League puoi aspirare anche a vincere il campionato in Italia».
Della media borghesia tra Fiorentina, Bologna e Torino che può disturbare le grandi?
«Secondo me la Fiorentina. Il Torino ha preso un allenatore che può diventare un potenziale crack, ma vendendo Buongiorno Cairo ha dimostrato poca ambizione».
Veniamo alle squadre del Nord-Est. Partiamo dall’Udinese reduce da una stagione in cui ha rischiato la B.
«Secondo me sono stati sottovalutati i segnali arrivati dalla fine della stagione precedente quando fece un brutto girone di ritorno. Quando ho visto giocare l’Udinese ho sempre notato un Lucca troppo solo là davanti. La squadra giocava con paura».
Con Runjaic si vuole proporre un calcio più propositivo. Un rischio?
«Perché mai? Ci saranno dei momenti difficili, bisognerà tenere duro. A Udine lo si fa da sempre, lì ai giovani viene dato il tempo di sbagliare. Molto dipenderà anche dalla voglia di rivalsa che avranno i calciatori che rimarranno».
E il Venezia?
«È una realtà che conosco meno. Però ha preso un allenatore che fa giocare le sue squadre e che lo scorso anno è stato molto sfortunato».
