L’abuso d’ufficio fino al 10 luglio era un reato contro la pubblica amministrazione previsto dall’articolo 323 del codice penale. Il reato poteva essere commesso quando un pubblico ufficiale, ad esempio il sindaco di un Comune, provocava ad altri un danno patrimoniale ingiusto o un vantaggio ingiusto a suo favore. Dall’altro ieri quest’abuso è stato abrogato.
In provincia di Belluno tanti amministratori hanno tirato un sospiro di sollievo dopo il via libera della Camera, pur precisando che il problema non è avvertito come tale nel Bellunese. Ma osservando che all’origine della disaffezione per la politica vi poteva essere anche la preoccupazione di incappare in “incidenti” di questo tipo.
Si distingue dai più Stefano Cesa, sindaco di Borgo Valbelluna.
«Non capisco il senso della grande battaglia politica (e giudiziaria) che si è fatta su un argomento come questo. Tutti noi amministratori dovremmo ben sapere che operiamo tutelati, in un certo qual senso protetti dalla struttura organizzativa che ha i suoi responsabili alla gestione e quindi alla firma. Gestione che si realizza in base a specifiche norme, quindi nel pieno rispetto della legalità. A meno che il sindaco non vada ad interferire».
La riforma Bassanini è ben chiara, al riguardo. «Piuttosto ci possono essere invasioni di campo che corrispondono, eventualmente, a precise scelte politiche, come quella», esemplifica Cesa, «del sindaco di Padova, Giordani, quando ha deciso di firmare la doppia genitorialità di taluni bambini. Ma siamo su altri campi».
In provincia, però, c’è chi assegna al provvedimento di Nordio comunque un valore positivo, quanto meno rassicurante. «Fermi là: che non si dica adesso che l’abolizione dell’abuso d’ufficio è un via libera agli amministratori a comportarsi come meglio credono», avverte il sindaco di Longarone, Roberto Padrin. «È vero piuttosto che prima in determinate situazioni, avevano troppe responsabilità che, al limite, potevano frenare l’azione amministrativa. Oggi, con questo piccolo segnale di attenzione, noi sindaci ci sentiremo forse un po’ più tranquilli. Ma sono certo che continueremo a operare con somma correttezza».
Ne è convinto anche Alberto Peterle, sindaco di Alpago. «Diciamoci la verità fino in fondo: è vero o no che il 99% dei procedimenti per abuso d’ufficio veniva archiviato? Bene, penso che un ministro esperto qual è Nordio abbia ben calcolato i benefici ed i rischi di questo provvedimento».
Un intervento legislativo che quanto meno libera dalla paura di sbagliare? E che quindi frenava l’attività amministrativa? Il sindaco di Alpago risponde secco: «La paura si ha quando le cose non vengono fatte bene. Mi rifiuto di ritenere che nella nostra realtà ci siano sindaci che non cerchino la perfezione».
«Era ora, finalmente», esclama Marianna Hoffer, avvocato e sindaco di Valle di Cadore, mentre ci risponde al telefono da un cantiere. «Meglio tardi che mai», aggiunge, dopo un attimo di riflessione. «Sottolineo “tardi”, con rammarico, perché ritengo che in questi anni molti, anche in provincia, non si siano avvicinati alla politica proprio per il terrore di rimanere incastrati».
Le liste uniche presentatesi alle recenti elezioni starebbero a dimostrarlo. «Adesso speriamo che a qualcuno venga voglia di ridiscendere in politica. Per la verità», aggiunge Hoffer, in virtù della sua esperienza professionale, «in provincia non abbiamo mai avuto casi eclatanti di indagini in tema di abuso d’ufficio. Evidentemente dalle nostre parti la politica si è comportata virtuosamente e la magistratura, pertanto, non è stata tentata a sostituirsi ad essa, come invece capita talvolta di vedere altrove».
Quanto alla disaffezione politica ritorna in campo Peterle, sindaco di Alpago. «Certo, la mancanza di disponibilità o, se vogliamo, anche di generosità per l’impegno politico, dipende da questa problematica ma soprattutto dalla comunicazione sbagliata circa l’assunzione delle proprie responsabilità, in questo come in altri settori».
Lo stop all’abuso d’ufficio trova d’accordo anche il sindaco di Agordo, Roberto Chissalè. «Io, per fortuna, non ho mai patito questa brutta esperienza, ma posso immaginare il fastidio provocato da un’accusa del genere. Impegna mentalmente chi è colpito e la sua famiglia, per mesi, anzi per anni. E può capitare che lo impegni anche economicamente. Quindi, via questo inciampo, continuiamo a lavorare più sereni. Ma, attenzione, continuando a prestare la massima serietà».
Camillo De Pellegrin, sindaco di Val di Zoldo, chiarisce subito che in un piccolo comune i rischi di abuso sono di gran lunga più contenuti che nelle realtà complesse.
«E di solito noi sindaci siamo accompagnati da personale puntualmente professionalizzato». Quindi un atto come quello del ministro Nordio lo trova «pienamente condivisibile, ma attenzione», mette in guardia, «non deve assolutamente segnare un via libera a comportamenti che non siano trasparenti, quindi di massima correttezza».