Salvato – per ora – da un vizio procedurale. Ma resta la sostanza: l’ex allenatore delle giovanili del San Luigi Calcio le molestie sui ragazzini le aveva commesse. È quanto emerge scorrendo le motivazioni della sentenza emessa lo scorso 15 maggio dai giudici della Corte di appello (presidente Paolo Alessio Vernì, a latere Fabrizio Rigo e Paola Santangelo), che per un vizio procedurale, un cavillo, avevano annullato la sentenza che condannava l’uomo a 10 anni di reclusione. La gravità del fatto, quindi, le accuse di atti sessuali su 15 giocatori minorenni, restano solide, e la Corte d’appello ha rimandando il fascicolo ai giudici del primo grado.
Il caso era esploso nel gennaio 2021, sconvolgendo il mondo sportivo triestino: l’allenatore era stato arrestato dalla Squadra mobile per una brutta storia di palpeggiamenti nelle parti intime dei calciatori negli spogliatoi e nei ritiri. In pratica dell’intera squadra.
Dopo oltre due anni di udienze e di audizioni dei ragazzini, a marzo del 2023 il giudice Francesco Antoni (a latere i giudici Alessio Tassan e Anna Battaglia), avevano pronunciato la sentenza con i 10 anni di reclusione e il risarcimento delle parti civili.
La sentenza, come detto, era stata poi annullata in appello. Nello specifico perché il pm titolare dell’indagine, il sostituto procuratore Lucia Baldovin, aveva contestato l’articolo 609 quater (“atti sessuali con minorenne”), mentre i giudici del processo di primo grado avevano condannato l’ex allenatore ai sensi dell’articolo 609 bis (violenza sessuale), ritenendo che i reati compiuti fossero più gravi rispetto quanto indicato dal pm. Ma con la riqualificazione del reato, con una discordanza tra la richiesta del pm (l’imputazione) e la sentenza, era venuto meno il principio di correlazione tra il “contestato” (cioè il capo di imputazione e su cui si è basata l’azione penale) e il “pronunciato” (cioè quanto proferito nella sentenza dei giudici).
Nelle motivazioni della sentenza, i giudici della Corte di appello condividono però le osservazioni del giudice di primo grado, quando «afferma non sussiste alcun elemento di fatto quale possa ricavarsi l’esistenza di un consenso, espresso o tacito, da parte delle giovani vittime». Mentre la «tesi difensiva, incentrata sulla inattendibilità delle persone offese appare sfornita di fondamento». I giudici rilevano come «non emerge alcuna forma di manipolazione dei minori da parte dei genitori stessi».
Numerosi i legali coinvolti: gli avvocati di parte civile Nicole Pertot (per otto ragazzini), William Crivellari (per quattro), Mariapia Maier (per uno) e Marzio Calacione per il San Luigi. L’imputato è difeso dagli avvocati Giovanni Di Lullo e Denise Rodriguez.
«A prescindere dal vizio rilevato dalla Corte – afferma Crivellari – non può che provocare dispiacere il fatto che questi ragazzi e le loro famiglie, dopo un processo di quattro anni, siano costretti ad affrontare un gravoso prosieguo, forse altrettanto lungo».