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«Il ddl Nordio è il primo atto coraggioso per riformare la giustizia»



E’ stato approvato dalla Camera dei deputati, in seconda lettura, con 199 voti a favore, 102 voti contrari e nessun astenuto, il Ddl Nordio, ovvero il disegno di legge su cui il ministro della Giustizia Carlo Nordio, sin dall’insediamento, aveva basato la propria esperienza governativa. Basato su modifiche di diritto sostanziale, cioè al codice penale, e formali, ovvero al codice di procedura penale, nonchè al più generale ordinamento giudiziario ed anche al codice dell’ordinamento militare, gli otto articoli del disegno di legge -approvato in via definitiva, è bene ribadirlo- si basano su una riforma sostanziale del sistema penalistico: la riforma, oltre che sui voti della maggioranza, ha potuto contare sull’apporto dei voti di Italia Viva e Azione, ancora vicini al governo, dopo l’appaiamento avvenuto in occasione delle recenti elezioni regionali.

Intanto vediamo, in sintesi, i punti principali.

Abrogazione del reato di abuso d’ufficio (ex art. 323 c.p.). Come ampiamente previsto, si è registrata l’abolizione dell’art 323 del codice penale, ovvero della norma che normava il c.d. abuso d’ufficio, che puniva il pubblico ufficiale che violando consapevolmente leggi, regolamenti o l'obbligo di astensione, cagionava un danno ad altri o si procurava un vantaggio patrimoniale. Ricordiamo come già nel 2020 l’articolo “de quo” fosse stato modificato, argomentando come la fattispecie di reato non si realizzasse in presenza di quei margini di discrezionalità amministrativa nella fase dell’adozione di un provvedimento. Oggi, con il Ddl Nordio, invece, si arriva all’eradicazione della norma dal codice penale. Ma sul tema occorre fare ulteriore chiarezza: infatti il governo, per il tramite del c.d. “Decreto carceri” ha provveduto a reintrodurre, parzialmente, la copertura penale a seguito degli abusi patrimoniali in capo ai pubblici ufficiali, con pena prevista da 6 mesi a 3 anni per chi, -escludendo il caso della discrezionalità amministrativa nel provvedimento, possa danneggiare terzi o avvantaggiarsi destinando somme di cui ha la disponibilità , per finalità diverse da quelle previste dalla legge. Insomma, il “vecchio” reato di Peculato per distrazione.

- Modifiche al reato di traffico di influenze (ex art. 346 bis c.p.)

Per quanto riguarda tale fattispecie, inserita nel codice penale nel 2012 a seguito della c.d.. Legge anticorruzione”, si registra un forte restringimento della sua operatività: ad esempio l’attività di “mediazione” viene oggi considerata illecita se finalizzata a far compiere un reato al pubblico ufficiale. E’ stata cancellata l’ipotesi della “millanteria”, pur restando in piedi le condotte più gravi. La sanzione prevista aumenta da 1 anno e 6 mesi a 4 anni e 6 mesi.

- Sistema delle intercettazioni e tutela del c.d. “terzo estraneo”

Si tratta di uno dei nodi più importanti della Riforma-Nordio, volta a tutelare soprattutto i soggetti non convolti, cioè non “parti” di un procedimento penale. Infatti non dovranno più essere riportate le conversazioni e i dati sensibili di soggetti non coinvolti dalle indagini, nel caso in cui non siano rilevanti per lo sviluppo del procedimento: a maggior ragione, spiega la nuova normativa, nella richiesta di emissione di misura cautelare da parte del magistrato del Pubblico ministero e nella successiva ordinanza del giudice per le indagini preliminari non sarà più possibile indicare i dati personali di soggetti diversi dalle parti in causa, tranne, ovviamente, l’indispensabilità per l’esposizione di elementi rilevanti. Si arriverà allo stralcio, da parte del Gip delle intercettazioni nei casi in cui dovessero contenere dati personali di soggetti diversi dalle parti in causa, nei casi in cui siano non essenziali alle finalità investigative.

- Nuova “Informazione di garanzia” ex art. 369 c.p.p.

Da sempre croce e delizia di giuristi, operatori dell’informazione e parti, il Ddl Nordio specifica che la trasmissione dell’informazione di garanzia dovrà avvenire nell’esclusivo interesse della parte, cioè della persona sottoposta alle indagini preliminari per tutelare il suo diritto alla difesa. Ecco il perché della richiesta “descrizione sommaria del fatto” che, invece, nella disciplina pre-riforma non era ancora prevista; così come la necessaria notificazione della stessa con modalità dirette a tutelare la riservatezza dell’indagato.

- Contraddittorio tra le parti e sistema della Misure cautelari

Altro passaggio “epocale” ed esempio di rinnovata civiltà giuridica, la previsione che il giudice dovrà obbligatoriamente procedere all’interrogatorio dell'indagato ben prima di dover disporre l’applicazione di una misura cautelare: occorrerà il precedente deposito degli atti procedimentali, riconoscendo alla difesa la facoltà di estrarre copia. Insomma, si tratta del diritto dell’indagato di una difesa preventiva, cioè ben prima che siano emesse ordinanze cautelari in carcere. Questa parte della riforma, inoltre, si lega indissolubilmente alla “collegialità” della decisione in caso di emissione di misure cautelari.


- Sistema della collegialità per applicazione delle Misure cautelari.

Ecco, appunto, il nesso collegato al precedente: ovvero l’introduzione di un organo collegiale, nella misura di 3 giudici, per l'adozione dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, ovvero la massima restrizione della libertà personale. Oggi, invece tale potere restrittivo è in capo ad un giudice monocratico (Gip…). Trattandosi di una svolta epocale anche sul piano strutturale, l’entrata in vigore della riforma è stata differita di due anni. C’è da sottolineare che l’azione collegiale è prevista solo nella fase delle indagini preliminari, estesa anche alle pronunce di aggravamento della misura cautelare e all'applicazione provvisoria delle misure di sicurezza detentive ma non quando la misura è adottata durante le procedure di convalida di arresto o fermo.

- Previsione di limiti alla proponibilità dell’Appello.

Anche l’esclusione da parte del pubblico ministero "di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento per i reati di cui all'articolo 550, commi 1 e 2, c.p.p." ovvero di quelle contravvenzioni o delitti che prevedono la citazione diretta a giudizio, che possono portare ad una pena massima di quattro anni, con l'aggiunta di una possibile multa. Limitazione alla possibilità per il Pm di proporre appello contro le sentenze di assoluzione di primo grado. Il provvedimento non riguarda i reati più gravi.

- Nuova età per i Giudici popolari nell’ambito della Corte di Appello.

Il requisito massimo è fissato a 65 anni e deve sussistere soltanto al momento della nomina.

Professor Diddi, una svolta epocale, pare di capire…,

«Dopo alcuni mesi di anticipazione finalmente si è data luce ad una serie di interventi in settori nevralgici del sistema della giustizia penale del nostro paese, forse il primo vero traguardo raggiunto dal governo Meloni e sul quale il Ministro Nordio si era giocata gran parte della propria credibilità politica. E’ chiaro che l’attenzione del giurista è richiamata dall’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, croce e delizia del dibattito di politica criminale dell’ultimo venticinquennio, dall’innovativo sistema della intercettazioni e dall’altrettanto importante tema dell’applicazione delle misure cautelari, con particolare riferimento a quella più ampiamente limitativa della liberta personale, ovvero il carcere».

Diciamo che quella dell’abuso d’ufficio aveva assunto i canoni di una vera e propria “vexata quaestio”…

«Una vicenda tormentata e controversa (eh…) appunto. In effetti, da una trentina d’anni almeno, il legislatore stava oscillando come un pendolo sulla problematica di criminalizzare o meno comportamenti abusivi dei pubblici amministratori, ovviamente escludendo la loro posizione in odore di corruzione. E questo per la ragione di trovarsi di fronte ad uno caposaldo del nostro ordinamento, ovvero l’insindacabilità dell’azione amministrativa, con i susseguenti limiti dei controlli dell’autorità giudiziaria sull’azione della stessa Pubblica amministrazione. Certamente questo provvedimento abrogativo è frutto di una scelta coraggiosa, quella di impedire totalmente che l’autorità giudiziaria possa controllare l’operato della pubblica amministrazione».

A proposito, questo atteggiamento ondivago si è manifestato appena la settimana scorsa…

«Infatti, giusto la settimana scorsa con un altro provvedimento normativo è stato introdotto il “peculato per distrazione” che, in fondo, fino ad oggi era una delle ipotesi di abuso d’ufficio Insomma, ciò che è uscito dalla porta è rientrato dalla finestra…».

Lei è un giurista, forse ci interesserebbe più il suo punto di vista di cittadino.

«E’ il piano interpretativo più importante, alla fine: certo, l’impressione che se ricava è di una sorta di diminuzione della tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, nel senso che l’azione di quest’ultima ne esce sicuramente rafforzata. Penso ai tanti sindaci che sino a ieri erano rimasti praticamente paralizzati dalla paura di adottare provvedimenti che, pur di interesse pubblico, potessero determinare l’apertura di un procedimento penale. E penso ai tanti amministratori che tra il rimanere immobili, con eventuale nocumento per l’azione amministrativa, e l’agire pur gravati dalla preoccupazione di subire un procedimento penale, hanno, in ogni caso, preferito la prima opzione. Ma temo anche la perdita di tutela dei cittadini di fronte ai sempre attuabili soprusi di esponenti della pubblica amministrazione».

E allora facciamo una sintesi!

«Lo ripeto: Il Ddl Nordio è frutto di una scelta di politica legislativa (rectius, governativa…) importante e coraggiosa, ma non so fino a che punto il legislatore, innanzi a qualche caso “eclatante”, non dovrà essere costretto a tornare sui suoi passi».

Altro tema è quello delle intercettazioni, con la tutela approntata in favore dei c.d. “terzi estranei”

«Profilo del tutto significativo, nell’ottica della tutela dei terzi estranei al procedimento penale che, loro malgrado, dovessero essere coinvolti e captati nelle intercettazioni, ad esempio telefoniche. Purtroppo, nel corso degli anni, abbiamo assistito a vicende paradossali, direi vergognose. Penso a quella subita da un sindaco laziale: ebbene, per ragioni di mero scontro politico, un avversario politico del sindaco -avversario indagato- era riuscito a procurarsi legittimamente le intercettazioni ambientali a carico di questo pubblico amministratore che lo riprendevano in atteggiamenti “intimi” con la segretaria. Le immagini, captate con microspia, che riprendevano il primo cittadino, erano poi state propalate sulla Rete con tutte le conseguenze immaginabili. Ecco con il Ddl Nordio, aberrazioni di questo tipo di non saranno più possibili».

Anche in questo caso c’è il rovescio della medaglia…

«Per tutelare un principio si finisce poi per scoprire qualcos’altro! E mi riferisco alla possibilità, per la difesa, di accesso proprio al materiale intercettivo. E’ successo, infatti, che proprio per tutelare questi “terzi estranei” si sia impedito ai difensori di poter accedere alle intercettazioni a scopi difensivi. L’esperienza professionale mi ha portato, per esempio, a verificare sul campo come per i detenuti sia difficile accedere al proprio materiale intercettivo. O come per un qualunque cittadino, anche accompagnato dal proprio legale, non sia certo agevole poter ottenere ed ascoltare le “proprie” intercettazioni recandosi semplicemente presso gli uffici di una Procura della Repubblica».

E’ sempre una questione di equilibrio di diritti…

«Esattamente. Per tutelare i diritti dei c.d. “terzi estranei” si è optato, fra le varie possibilità, per la limitazione dell’accesso alle captazioni, con evidenti ricadute sui diritti di difesa, che oggi non possono certo essere esercitate senza poter contare sul materiale devirante da registrazioni e captazioni».

E sulle misure cautelari?

«Anche in questo caso ci troviamo, evidentemente, innanzi ad un risultato sperato di assoluta civiltà giuridica. Norma pregevole rispetto alla quale non si può che essere d’accordo: temo, però, che dal momento dell’entrata in vigore di questa norma, non potremo non assistere ad una sorta di gara su come eluderla. L’eccezione alla regola, in questo caso, è talmente ampia, dal punto di vista casistico, che temo sarà facile per il magistrato del pubblico ministero aggirare l’ostacolo e quindi, per entrare nello specifico, ad esempio ipotizzare l’inquinamento delle prove o il pericolo di fuga come esigenze cautelari, in presenza delle quali l’Autorità inquirente può chieder che venga emessa un’ordinanza custodiale inaudita altera parte, cioè senza contraddittorio con l’indagato».

Prevede una scarsa applicazione della norma, per questa parte, allora?

«E’ molto probabile, nonostante l’assoluta condivisibilità del principio normativo».

*

Alessandro Diddi, padovano di nascita, romano d’adozione, classe 1965, è ordinario di diritto processuale penale presso l’Università della Calabria, ove insegna anche diritto penitenziario. Tra i maggiori specialisti di diritto penale finanziario, dal 2022 riveste l’incarico di Promotore di giustizia dello Stato Città del Vaticano, nominato direttamente da papa Francesco.

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