Contava come il due di picche. Era l’uggioso rifugio di cariatidi e trombati. Adesso tutte le strade della politica portano a Bruxelles. Anche se prima di avventurarsi nei suoi machiavellici anfratti, bisogna passare da Parigi. Fiutare l’aria. Infine, domandarsi: cosa accadrà a Roma? Ovverosia: come influiranno le ultime elezioni sull’Italia? Il galletto Emmanuel Macron, presidente transalpino sconfitto, in Europa non abbassa la cresta. Già, ma nulla sarà come prima. L’Olanda. Poi, la Francia. A settembre si voterà in Austria. E dopo negli Stati Uniti, dove Donald Trump resta favorito.
Lo smottamento a destra prosegue. A Bruxelles però si perpetra l’ancien régime di centrosinistra: Ppe, socialisti e liberali. Il prossimo 18 luglio Ursula von der Leyen sarà probabilmente confermata alla guida della Commissione europea, franchi tiratori permettendo. I conservatori di Ecr, guidati da Giorgia Meloni, restano all’opposizione. I 24 eletti di Fratelli d’Italia potrebbero però astenersi. Comunque la premier italiana potrà contare in futuro su Roberta Metsola, presidente del parlamento europeo, pure lei in odor di riconferma. Cinque anni fa venne scelta proprio con i voti di Ecr. Non a caso, resta la più fedele alleata di Meloni tra gli eurogovernanti. E ogni votazione, a Bruxelles, può avere una maggioranza diversa. Il Green deal, per esempio. Nell’ultimo anno, i popolari si sono schierati con i conservatori e contro i supposti alleati ultra-ecologisti dei Verdi. E poi, in Europa, gran parte dei Paesi è guidata dal centrodestra. E sono i governi a nominare i commissari. Inevitabilmente, il Parlamento dovrà adeguarsi. A maggior ragione, vista la clamorosa debacle dell’asse franco-germanico. Non arranca solo «Micron», nuovo appellativo del vanaglorioso presidente francese. Anche Olaf Scholz, smunto primo ministro tedesco, è in affanno. In Germania si vota l’anno prossimo. E la sua Spd, alle europee, è già stata sorpassata dall’estrema destra.
Certo, le premesse erano diverse.Ecr sperava di poter scalzare socialisti e liberali dalla guida dell’Unione. Ma gli euromeloniani, alfieri di Giorgia a Bruxelles, non sembrano affranti. Un’opposizione costruttiva li toglie da una marea di impicci. Avrebbero dovuto appoggiare quella continuità a lungo avversata, intanto. Ursula, certo, assicura di non essere la stessa di cinque anni fa. In campagna elettorale ha promesso un nuovo approccio, proprio sul Green deal: «Non ideologico ma pragmatico». Ma quel furore, adesso esecrato, è stato fondante ragion d’essere. Nessuno potrà mai dimenticare gli irreparabili danni di Frans Timmermans, il fu commissario alla Transizione ecologica. Un lustro dopo, il barbuto guru diventa anche per il Ppe il male assoluto. Una sterzata sincera o solo opportunistica, vista l’impopolarità di case green e auto elettriche? Anche perché i Verdi potrebbero perfino votare Von der Leyen, in cambio di un tacito ritorno al passato ben visto dalla famiglia socialista, a cui aderisce il Pd italiano.
Ecco, l’eventuale marcia indietro farlocca sulle ecofollie è una delle tante trappole che i conservatori potranno sventare e denunciare. Le maggioranze, a Bruxelles, sono variabili. Personificare il centrodestra moderato potrebbe diventare strategico. Meloni dovrà essere il primo ministro che tratta con la commissione e il capo partito che pungola l’Ue. Un ruolo di raccordo che sarebbe accentuato dal progetto dei Patrioti d’Europa del premier ungherese, Viktor Orbán. Il motto è trumpiano: «Make Europe great again». Non a caso, il nuovo gruppo punta al serrato dialogo con il probabile nuovo presidente americano. E viene accolto con entusiasmo dal leader della Lega, Matteo Salvini. Ma per puntellare le sfrenate ambizioni del premier magiaro serve l’adesione di Marine Le Pen, alla guida del Rassemblement National: primo partito del Parlamento europeo, con trenta seggi, assieme alla Cdu-Csu tedesca.
Orbán e soci incarnano l’avversione «alle élite di Bruxelles», che vogliono solo «guerra, migrazione e stagnazione». Gli avversari di Meloni gongolano. Sarà scalzata da Le Pen. Dimenticano che Giorgia guida un governo con una schiacciante maggioranza di centrodestra. Mentre Marine, pur avendo vinto il primo turno delle elezioni transalpine, è all’inizio della sua dédiabolisation. Difatti la premier italiana, due anni dopo una marcata presa di distanza, si riavvicina alla leader francese: «Ho sempre auspicato anche a livello europeo che venissero meno le vecchie barriere tra le forze alternative alla sinistra». Insomma, il modello resta sempre quello del centrodestra italiano. Una coalizione ampia e variegata: FdI, Forza Italia e Lega. Ognuno, non a caso, appartiene a diverse famiglie in quel di Bruxelles. Nell’ordine: conservatori, popolari e sovranisti. Ovverosia: centrodestra, centro e destra. Una collocazione che ora le elezioni europee e quelle francesi finiscono per accentuare.
Antonio Tajani, segretario dei berlusconiani e vicepremier, si ritrova a Bruxelles alleato con chi avversa in patria. Matteo Salvini, spostandosi verso Orbán, sancisce il suo euroscetticismo. Meloni sta nel mezzo delle teoriche incompatibilità. Nella sede romana di Fratelli d’Italia, in via della Scrofa, uno degli uomini più vicini alla premier ragiona con Panorama: «Oltre che essere numericamente forte, lei diventa ancora di più il baricentro di un’alleanza dove le due ali si estremizzano: FI al centro e la Lega a sinistra. Due forze che sono sempre più distanti». Lo stesso capiterà in Europa, anticipa il colonnello: «Giorgia pensa di replicare lo schema usato in Italia nella scorsa legislatura». Per esempio, nel primo governo Conte, Fratelli d’Italia votò i decreti sicurezza del Carroccio. Una collaborazione continuata con Mario Draghi. Tanto che i rapporti tra i due sono rimasti ottimi.
Opposizione costruttiva, appunto. Anche a Bruxelles potrebbe andare così. «Evitare mosse preconcette, cercando di massimizzare l’interesse nazionale. Lei punta a diventare centrale per tenere aperto il dialogo tra la commissione e i Patrioti». Che si sarebbe già manifestato, per esempio, con la decisiva astensione del primo ministro magiaro al via libera dei negoziati per l’adesione dell’Ucraina nell’Ue. «Giorgia farà dialogare la destra con il centro, per lo meno sui dossier di comune interesse» conclude il proconsole meloniano. «Un ruolo che userà per tentare di essere ancora più determinante». Il voto europeo e quello francese hanno però effetti ancora più consistenti nell’opposizione. I Cinque stelle, sempre preda di contrastanti passioni, svelano finalmente la loro natura: il partito guidato da Giuseppe Conte, ex premier in pochette e doroteo in sedicesimi, entrerà nel gruppo di The Left. Dove già dimora Sinistra Italia di Nicola Fratoianni, per capirsi.
Gli europarlamentari pentastellati saranno dunque i nuovi compagni di Ilaria Salis e Carola Rackete. Una scelta che rafforza in Italia l’ammucchiata brancaleonica, proprio sul modello francese. Niente in comune, se non l’ossessione per gli avversari. La gauche tricolore prende così spunto da quella transalpina. Le prove generali le hanno già fatte sul palco dell’Anpi, l’associazione dei partigiani. Pd, Cinque stelle, Alleanza Verdi-Sinistra, +Europa e perfino Rifondazione. Solito armamentario: battaglia al premierato sulle note di Bella ciao. E sono tentati perfino i terzopolisti. Mutuano le mosse dell’idolo transalpino, Macron, costretto all’ammucchiata rossa. Dopo l’ennesima e irrecuperabile scoppola, pure Matteo Renzi e Carlo Calenda si incamminano verso Canossa con il capo chino.
Ripreparano quindi le valigie due ex ministre azzurre abbagliate dal «Churchill dei Parioli», Maria Rosaria Carfagna e Maria Stella Gelmini, magari in direzione Forza Italia. Il partito fondato da Silvio Berlusconi potrebbe allora riprendersi il maltolto, puntando a svuotare il centrino. Vengono lette così, da qualcuno, le parole della primogenita Marina al Corriere della sera: «Se parliamo di aborto, fine vita o diritti Lgbtq, mi sento più in sintonia con la sinistra di buon senso». Insomma: perché lasciare gli elettori più sensibili ai diritti civili all’opposizione? La Lega chiarisce: «La famiglia è formata da un uomo e una donna». Uno pari? La prossima partita, comunque, stavolta si gioca a Bruxelles.