TAIPANA. A immortalarli nei boschi del Gran Monte è stata una fototrappola. L’immagine di “mamma orsa” che incedeva maestosa con i suoi due cuccioli di pochi mesi al seguito è una testimonianza più unica che rara, la cui portata offre nuove prospettive per la diffusione dei plantigradi sul territorio regionale.
I fotogrammi, messi a disposizione degli studiosi da Marco Buzziolo, sono stati prodotti grazie all’attrezzatura utilizzata dai cacciatori per censire e monitorare la fauna presente all’interno della riserva di Monteaperta nel comune di Taipana e risalgono alla serata di lunedì 8 luglio, poco prima delle 22.
[[ge:gnn:messaggeroveneto:14446670]]
La sagoma di quei cuccioli restituisce le proporzioni di individui di pochi mesi che da non molto sono usciti dalla tana, basti pensare che alla nascita sono nudi e ciechi e pesano appena 200 o 300 grammi.
Non a caso il loro passaggio è stato registrato in un corridoio migratorio che, da anni, rappresenta il principale punto di penetrazione in Italia degli orsi provenienti dalla Slovenia.
La loro presenza viene registrata costantemente: riguarda giovani maschi che vanno e vengono, pochi sono stanziali, come rivela lo stesso Buzziolo. Nell’area, che si estende per 2 mila ettari, ne sono stati documentati fino a sette in contemporanea, soggetti segnalati all’Università, quindi censiti. «Ma mai prima d’ora era stata documentata la presenza di una femmina in età riproduttiva con i cuccioli», fa notare Buzziolo.
[[ge:gnn:messaggeroveneto:14444225]]
L’ultima segnalazione in questo senso risale al 2013, quando furono individuate le tracce del passaggio di una femmina con un cucciolo nel Tarvisiano, ma nulla di più.
A sottolineare l’eccezionalità dell’evento è il ricercatore tarvisiano Paolo Molinari, che dopo aver esaminato le immagini giunte da Taipana, parla di «un ottimo segnale per la dinamica di questa specie».
La presenza sul nostro territorio di una femmina con i piccoli quasi certamente provenienti dalla Slovenia indica una dinamica riproduttiva che potrebbe avere ricadute sul territorio dove, evidenzia Molinari «è documentata la presenza di quattro o cinque animali stanziali e almeno altrettanti che si muovono fra la nostra area e la Slovenia».
Una popolazione fortemente influenzata dal fenomeno della dispersione, alimentata da flussi di individui che provengono dalle Alpi Giulie, attraversano le Carniche e proseguono verso quelle bellunesi.
Una presenza, quella dell’orso bruno, distribuita con continuità sull’intero arco alpino fino al XIX secolo, quando subì una notevole contrazione in termini di consistenza e distribuzione.
Tanto che, negli anni ’50 del secolo scorso, la specie risultava confinata in Slovenia, in una piccola area coincidente con i gruppi montuosi del Brenta e dell’Adamello-Presanella, nel Trentino Occidentale in conseguenza a una riduzione dell’habitat disponibile per la specie, causata dalla colonizzazione antropica delle montagne, dallo sfruttamento agricolo e dalla deforestazione, ma soprattutto dalla persecuzione diretta avviata dall’uomo, derivante dal conflitto economico e “culturale” generato dalla presenza dei plantigradi.
Uno scenario che potrebbe essere destinato a cambiare. Vista la presenza di femmine in età riproduttiva con cuccioli «ci saranno ulteriori cucciolate che potrebbero anche disperdersi più a nord e a ovest» conferma lo studioso.