Un colpo di spugna che ha cancellato 22 anni di storia e di attività. In seguito all’eliminazione (forse trasformazione?) del Comitato media e minori è opportuno, oggi, effettuare una panoramica per capire quale sia stato il suo contributo a tutela dei più giovani che fruiscono, oggi, di contenuti multimediali. Nel 2002, quando c’è stata la prima riunione di questo comitato, il panorama e l’ecosistema mediatico era molto diverso da oggi: internet non aveva il ruolo preminente che ha adesso, molte piattaforme (vedi Facebook) non erano ancora nate, l’Italia gestiva il contenuto in maniera prevalentemente analogica. Tuttavia, anche a quell’altezza cronologica c’erano dei distinguo – soprattutto tra l’emittenza pubblica e quella privata – che imponevano quantomeno un controllo e un monitoraggio omogenei. Per questo motivo, sia la televisione pubblica, sia i canali privati, sia gli organi di informazione e di produzione del contenuto di ogni livello (nazionale o locale) avevano preso l’iniziativa dell’istituzione del Comitato media e minori.
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Istituzioni, associazioni degli utenti e delle emittenti trovavano il proprio seggio di rappresentanza all’interno del Comitato media e minori che, in composizione più o meno standard, era composto da 15 membri. Sebbene la forza del Comitato media e minori non sia stata costante nel tempo (a periodi di maggiore attività sono corrisposti periodi più lunghi di minore intensità decisionale), ci sono stati dei passaggi che hanno caratterizzato le azioni di questo organo che dialogava sia con i ministeri (soprattutto quello del fu Sviluppo Economico), sia con le autorità (come l’Agcom).
In passato, una delle iniziative che ha dato maggior lustro al Comitato media e minori è sicuramente stata quella dell’individuazione di una opportuna identificazione (attraverso il celebre bollino rosso) di tutti quei programmi adatti a un pubblico adulto e che non erano invece realizzati per un pubblico composto da minori. Sulla propria pagina web, inoltre, il Comitato media e minori raccoglieva – attraverso la composizione di un modulo online – delle segnalazioni su comportamenti dei media non adatti al pubblico più giovane.
«Se si ritiene che un programma televisivo sia lesivo nei confronti dei minori – si leggeva sulla pagina dedicata -, si può richiedere che il Comitato di controllo verifichi la sussistenza nel programma indicato di violazioni ai principi stabiliti dal Codice di Autoregolamentazione TV e Minori e richiedere che vengano adottati i provvedimenti conseguenti. Tutte le segnalazioni e le richieste di intervento rivolte al Comitato devono riferirsi ad un programma trasmesso non oltre 40 giorni prima».
Il Codice di autoregolamentazione Tv e minori, attualmente, si trova senza un gestore o un controllore. Potenzialmente, la zona grigia di cui parlavamo in apertura di monografico. E se è vero che le sfide sulla tutela dei minori dai contenuti mediatici si sono fatte più complicate (vista la pervasività del web) sarebbe inopportuno gettare alle ortiche un’eredità e una memoria storica che, al momento, non hanno un successore, ma solo una designazione.
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