foto da Quotidiani locali
TRIESTE Dal 10 al 14 luglio di cinquant’anni fa Trieste ospitò un evento epocale: la Conferenza internazionale sulle minoranze, organizzata dalla Provincia, presieduta da Michele Zanetti, insieme alla Regione presieduta da Alfredo Berzanti, due esponenti della sinistra democristiana.
Definire l’evento epocale non è la solita retorica giornalistica. E per due motivi.
In primo luogo l’imponente partecipazione di giuristi, storici, linguisti, antropologi italiani ed europei (oltre 1500) che affrontarono la questione in tutti i suoi vari aspetti e in un’ottica continentale. Non fu semplice viste le resistenze da parte di molti governi, in primis quello francese: Parigi, alle prese con gli indipendentisti corsi, ignorò ufficialmente l’evento, mandando come “osservatore” il suo ambasciatore a Cuba e non quello in Italia.
In secondo luogo, l’aver smosso le acque in Italia, ma anche negli altri Paesi del continente e più in là. E averlo fatto da Trieste, che aveva subito la persecuzione dei suoi cittadini sloveni e l’annientamento dei suoi cittadini ebrei. Un atto coraggioso di alcuni illuminati politici locali, dopo la disattenzione totale dei decenni precedenti, quando non era aperta ostilità, a considerare le minoranze poco più di un fenomeno folcloristico.
La questione invece era scottante. Erano gli anni ’70: il Regno Unito era in conflitto con l’Ira, (l’Esercito repubblicano irlandese); la Spagna (e in parte la Francia) dal 1968 era scossa da attentati e guerriglia tra i gruppi indipendentisti baschi e il governo franchista supportato dai paramilitari neo-fascisti, che durò fino al 2011. Riguardo alla Francia poi va aggiunto che nel ’76 i corsi dichiareranno guerra a Parigi, cui seguiranno migliaia di attentati che continuano tuttora; in Turchia era fortissima la repressione del popolo curdo, altra situazione che si sta perpetuando; pure il nostro Paese era stato funestato in Alto Adige dal ’56 al ‘67 (con una ripresa negli anni ’80) da quasi 350 attentati con un bilancio di 17 vittime, orditi da gruppi estremisti sud tirolesi.
Un’Europa in ebollizione quella che venne messa sotto esame alla Stazione Marittima di Trieste tolta dall’abbandono e trasformata, in brevissimo tempo, in modernissimo centro congressi. Dove gli intellettuali in sedute plenarie e in gruppi tematici che si interrogarono per giorni su e se quali lingue locali potessero essere oggetto di tutela, su che cosa era un gruppo etnico, su quali erano le caratteristiche di una minoranza, e poterono esprimersi in una specie di “zona franca” come testimonia il professor Zanetti, in cui si affacciarono alla cronaca e alla storia ufficiale personaggi come lo scrittore e politico basco Krutwig Federico Sagredo, esponenti curdi ricercati, rappresentanti della minoranza gallese e degli indiani del Canada. Fu esposta pure una bandiera palestinese.
Le proposte formulate furono tantissime e delle più varie, come quella dell’Ira, tra provocazione e intuizione, di far entrare il Nord Irlanda nell’Unione Europea. Ma anche la preveggenza di Franco Basaglia che già allora si interrogava sulle minoranze del futuro; argomento oggi attualissimo. Basaglia che a Trieste stava sperimentando la sua riforma che avrebbe cambiato la psichiatria.
L’affermarsi delle competenze europee su quelle dei singoli stati e il regionalismo, generarono leggi di tutela sia pure con un ritardo, per quanto riguarda l’Italia, di cinquant’anni sul dettato dell’articolo 6 della Costituzione, come rileva Tullio Telmon, studioso del regionalismo, più volte citato nei fondamentali volumi di Tullio De Mauro che raccolgono gli atti della Conferenza, la cui pubblicazione non ebbe vita facile (1979-1981).
«Ciò nonostante la popolazione italiana si mosse diversamente - rileva De Mauro -, andando verso un multilinguismo ben temperato: un multilinguismo fatto di rispetto e conservazione di idiomi locali e di accesso sempre più largo alla lingua comune. La dialettofobia delle politiche scolastiche che aveva raggiunto il suo culmine durante il fascismo, sia pure lentamente è venuta meno».
In Germania queste riflessioni favorirono l’inserimento dei gastarbeiter, i lavoratori stranieri cui furono assicurati l’istruzione nella lingua tedesca, la formazione, la casa e il lavoro. E vari Paesi dell’Unione seguirono quella strada.
Per quanto ci riguarda più da vicino, la conferenza favorì il consolidarsi delle istituzioni degli sloveni di Trieste con la creazione dello Slori (l’Istituto sloveno di ricerche) cui diedero grande impulso il professor Karel Šiškovič e il professor Darko Bratina.
Ultimo ma non da ultimo la Conferenza sulle minoranze favorì la soluzione del contenzioso di confine italo-jugoslavo col trattato di Osimo, firmato l’anno successivo.
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