MONFALCONE Dai primi piroscafi, ai lussuosi transatlantici degli anni Venti, alle ultime navi bianche degli anni Cinquanta. Ė un’epoca non solo di grandi costruzioni, ma di grande arte quella che rivive nella mostra “L’Adriatico nell’arte del manifesto: un secolo di navigazione sulle rotte del mondo” inaugurata, lo scorso sabato, alla Galleria d’Arte Contemporanea di Monfalcone.
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Tra i nomi delle compagnie giganteggia la “Cosulich Line” che seppe imporsi tanto in ambito commerciale, quanto cantieristico, sopravvivendo all’italianizzazione di Trieste nel primo dopoguerra e ai (tanti) capovolgimenti totalitari di metà secolo. Proprio le vicende della famiglia Cosulich, disseminate nella mostra, consentono di risalire alle origini di questo “secolo di navigazione” narrato dall’esposizione.
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La famiglia Cosulich, originaria di Lussinpiccolo, aveva infatti compreso come la piccola isola avesse esaurito le sue potenzialità: gli scafi in ferro e i motori a vapore imponevano nuove concezioni costruttive impossibili da realizzare negli antichi squeri. I fratelli Callisto, Alberto e Fausto trasferirono così la flotta a Trieste dal 1889, inserendosi con abilità nel traffico con le Americhe. Dal 1907 i Cosulich compirono il passaggio alla cantieristica, dando inizio ai lavori di sondaggio e dragaggio della baia di Panzano.
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Troppo potente infatti lo Stabilimento Tecnico Triestino onde pensare di fare concorrenza e troppo limitato l’entroterra giuliano: Monfalcone, anche per la posizione al riparo dalle mareggiate, presentava invece un accogliente bacino connesso con la ferrovia. Il Cantiere entrò così in funzione il 3 aprile 1908 attraverso la Società per azioni “Cantiere Navale Triestino”.
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Fu un’attività, specie nei primi anni, popolata di stranieri: il direttore tecnico era l’ingegnere navale James Steward, l’ingegnere capo Andrea Munroe e gli stessi capi reparto e operai tutti britannici. Tuttavia, dai timidi inizi, l’attività presto decollò trasformando radicalmente la città: dai 4 mila abitanti del 1908, ai 12 mila del 1912.
Quale fu, in questo contesto, la prima nave varata dal cantiere? Si trattò di un piroscafo per il trasporto passeggeri, di 900 tonnellate di stazza, denominato “Trieste”. Varato il 16 dicembre 1908, il “Trieste” iniziò a prestare servizio per la linea con Spalato, all’interno del Consorzio di Navigazione “Dalmatia”, nel febbraio 1909. Il piroscafo fu poi appropriato dall’ir. esercito nel 1914, salvo affondare nel 1915 per una cattiva gestione della stiva, sovraccarica. Lo scafo venne recuperato dalla Ditta Tripcovich che lo rimise in servizio nel 1919 sulla rotta Fiume-Venezia e Fiume-Zara.
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Durante la Seconda guerra mondiale il piroscafo fu dapprima requisito dai croati, poi dall’esercito italiano nei Balcani e infine, nell’ottobre 1942, silurato dal sommergibile britannico “Safari” sulla tratta Teodo-Spalato. Seguì, il 9 settembre 1911, il piroscafo passeggeri per la linea con l’Argentina Kaiser Franz Joseph I e il 22 agosto 1913 il piroscafo per il trasporto di merci ed emigranti “Belvedere”.
L’impronta dei Cosulich che gestivano all’epoca un fruttuoso traffico di merci e persone con il continente americano è qui evidente; lo stesso “Belvedere” trasportava passeggeri nel sud America dove caricava, grazie ai nuovi frigoriferi, carne per il mercato europeo.
Una globalizzazione, alle soglie della Prima guerra mondiale, riflessa nella panoplia di bandiere ed esotici paesaggi presenti nei poster della mostra: fragili interconnessioni allora come adesso alla prova della guerra.