Dopo settimane di polemiche e trattative tra Stato ed enti locali arriva l’ufficializzazione dei tagli orizzontali per un totale di 250 milioni l’anno in arrivo per Comuni e province di qui al 2028 sulla base dell’ultima legge di Bilancio. Le grandi città restano ovviamente le più colpite in valore assoluto: la sforbiciata sul quinquennio sarà di 100 milioni per Roma e 60 per Milano che scendono rispettivamente a circa 80 e 48 milioni tenendo conto di un conguaglio legato alle minori entrate causate dal Covid. Per Genova si parla di 18 milioni lordi (14,4 netti), per Firenze di circa 15 lordi (12 netti), per Venezia di 14,2 lordi (11,3 netti), per Bologna di 13 milioni lordi (10,4 netti). Seguono Bari che dovrà rinunciare a 8,5 milioni lordi e 6,8 netti e Verona con 5,8 lordi e 4 netti (vedi tabella sotto). Le tabelle pubblicate il 4 luglio dal ministero dell’Interno sono il punto di caduta di un lungo lavoro di correzione della bozza iniziale, che aveva fatto salire sulle barricate l’Anci perché prevedeva tra l’altro una spending review più pesante ai danni degli enti destinatari di più risorse a valere sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ma il compromesso resta indigeribile per i primi cittadini, che alla conferenza Stato-città dello scorso 27 giugno hanno bocciato anche il nuovo decreto interministeriale.
La manovra come è noto prevedeva un “contributo alla finanza pubblica” di 200 milioni a carico dei Comuni e 50 per province e città metropolitane ripartito in proporzione agli impegni di spesa corrente al netto di quella sociale e “tenuto conto delle risorse del Pnrr assegnate a ciascun ente”. Risorse che solo per i Comuni ammontano a circa 40 miliardi. La versione definitiva del testo attuativo – che arriva con ampio ritardo rispetto alla scadenza fissata per fine gennaio – ha corretto parzialmente il tiro rispetto alla penalizzazione di chi è riuscito ad avviare più progetti nell’ambito del Piano beneficiando dei relativi finanziamenti. Per i primi anni è stato infatti ridotto il peso attribuito, nel calcolo dei tagli, ai fondi Pnrr (esclusi quelli legati al sociale e ai piani per asili nido, attrattività dei borghi e “isole verdi”) e alle risorse per le piccole opere di efficientamento energetico e sviluppo sostenibile. Mentre è stato aumentato quello della spesa corrente. Nel 2024, il contributo alla finanza pubblica sarà determinato solo per 70 milioni su 200 in base alla prima voce e per 130 tenendo conto della seconda. Nel corso del quinquennio ci sarà però un progressivo riequilibrio e nel 2028 il parametro Pnrr tornerà a valere il 50%. In aggiunta, il contributo calcolato sulle risorse Pnrr sommate a quelle per le piccole opere non potrà superare un tetto massimo, rispetto al totale dei tagli, del 90% nel 2024 che salirà via via fino al 120% nel 2028. Ben sotto il valore (300%) che raggiungeva sulla base del testo originario. Di qui, per esempio, un calo del “conto” previsto per Bologna, che a maggio ammontava a 22 milioni. Infine, il colpo viene attutito disponendo in parallelo il riparto del residuo dei fondi Covid, pari a 113 milioni.
Modifiche insufficienti per i Comuni, che fin dalla diffusione delle prime bozze lo scorso maggio contestano il principio stesso – sostenuto dal Mef di Giancarlo Giorgetti – che l’aver ricevuto fondi Pnrr riduca il fabbisogno di trasferimenti pubblici nazionali. Al contrario, ricordano, spesso gli investimenti realizzati con soldi europei, vedi asili nido o case di comunità, comportano poi un incremento della spesa corrente per pagare gli stipendi di chi lavora nelle strutture e garantirne il funzionamento. E il maggior sacrificio richiesto a chi ha ottenuto più contributi finanziati con risorse Pnrr è ancora evidentissimo se si esaminano le tabelle.
Bergamo, la cui spesa corrente al netto di quella sociale ammontava nel 2022 a circa 107 milioni come per Vicenza, dovrà mettere a segno tra 2024 e 2028 tagli lordi per 655mila euro nel 2024, 647mila nel 2025, 610mila nel 2026, 585ila nel 2027 e 584mila nel 2028 per un totale di 3 milioni. Contro i 2,5 del capoluogo veneto. Perché? Gestisce oltre 222 milioni a valere sul Pnrr e sul fondo per le piccole opere a fronte dei 30 andati a Vicenza. Per lo stesso motivo Taranto con i suoi 285 milioni di fondi europei e per le piccole opere è chiamata a 5 milioni di risparmi lordi contro i 4,1 di Modena. Mentre Ascoli Piceno sconta i suoi 102 milioni di Pnrr con 1,5 milioni di minori trasferimenti statali, contro gli 1,2 di Fano che pure ha una spesa corrente quasi identica. Si salvano invece Napoli, Palermo, Reggio Calabria e Torino, tutte firmatarie di accordi con il governo centrale per il ripiano del disavanzo. Starà ora ai sindaci – insieme ai presidenti di provincia – decidere dove usare il bisturi per garantire il raggiungimento del risultato finale, cioè minori uscite per 1,25 miliardi in cinque anni, cercando di evitare riduzioni dei servizi per i cittadini. Il tutto in attesa delle probabili ulteriori strette in arrivo con la prossima manovra, la prima dopo l’entrata in vigore del nuovo Patto di stabilità.
L'articolo Tagli ai Comuni, i numeri della sforbiciata. Il Mef corregge il tiro ma continua a chiedere più sacrifici a chi ha più fondi Pnrr: sindaci contro proviene da Il Fatto Quotidiano.