«Siamo felici di vivere questi giorni a Trieste, terra di confine segnata dal dialogo interculturale, ecumenico e interreligioso, che unisce est e ovest, nord e sud, ma anche segnata da ferite profonde, non del tutto rimarginate. I troppi morti ci ammoniscono a non accettare i semi antichi e nuovi di odio e pregiudizio. Non vogliamo che i confini siano muri o trincee, ma cerniere e ponti, perché questo è il testamento di chi sulle frontiere ha perso la vita. Lo vogliamo per quanti, a prezzo di terribili sofferenze, si sono fatti migranti e chiedono di essere considerati quello che sono: persone».
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Ha unito il ricordo della storia tormentata del territorio alla contemporaneità dell’emergenza migranti l’intervento del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, nella cerimonia di apertura della 50ª Settimana Sociale dei Cattolici al Generali Convention Center.
Anche nel prosieguo del suo intervento, le parole del presidente della Cei sono risuonate come un monito in favore della convivenza e dell’accoglienza, contro odio e pregiudizi. Un richiamo alla costruzione di una «democrazia inclusiva», all’«unità nelle differenze». «Il Vangelo ci aiuta a capire che siamo fatti gli uni per gli altri, quindi gli uni con gli altri. La nostra casa comune richiede un cuore umano e spiritualmente universale» ha rimarcato Zuppi, aggiungendo che «i cristiani prendono sul serio la patria, sono morti per essa, ma sanno che c’è sempre una patria in cielo e questo ci rende familiari di tutti e a casa ovunque. Grazie, quindi, alla splendida e accogliente città di Trieste. È bello ritrovarci in una terra che ci parla dell’opportunità e della bellezza di vivere insieme». «Satnam Singh – ha sottolineato il presidente della Cei, citando il caso del lavoratore immigrato morto a Latina – sognava il futuro e lavorava per ottenerlo: è uno di noi».
Poi, la riflessione sul contributo che può dare oggi la Chiesa in un’edizione della Settimana sociale il cui tema è: “Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro”. «Democrazia – ha puntualizzato Zuppi –, vuol dire anche inclusione dell’altro, del fragile, dell’emarginato. Vuol dire contrasto alla cultura dello scarto, alle dipendenze con le loro drammatiche conseguenze, alle condizioni indegne nelle carceri, ai tanti feriti della malattia psichiatrica, lo diciamo qui a Trieste, nel centenario di Basaglia». «Ben vengano nuove forme di democrazia incentrate sulla partecipazione – ha continuato il cardinale –: questa Settimana Sociale è dedicata in larga parte proprio alle buone pratiche partecipative di democrazia. Siamo contenti quando i cattolici si impegnano in politica a tutti i livelli e nelle istituzioni. Siamo portatori di voglia di comunità in una stagione in cui l’individualismo sembra sgretolare ogni costruzione di futuro e la guerra appare la soluzione più veloce ai problemi di convivenza. I cattolici in Italia desiderano essere protagonisti nel costruire una democrazia inclusiva, dove nessuno sia scartato o lasciato indietro». Infine, i populismi «che possono privarci della democrazia o indebolirla».
L’intervento di Zuppi ha costituito così una sorta di manifesto programmatico per delineare valori e tematiche che caratterizzeranno il dibattito nella Settimana sociale, con più di 900 delegati diocesani, associazioni, scambi di esperienze su impegno sociale e volontariato. Iniziative che troveranno casa nei “Villaggi della Buone pratiche” allestiti nel centro cittadino e poi eventi, convegni, musica.
Nel corso della cerimonia d’apertura hanno preso la parola anche il governatore Massimiliano Fedriga, il sindaco e il vescovo di Trieste, Roberto Dipiazza ed Enrico Trevisi.
«Non esiste diritto nell’illegalità, e non esiste diritto se non vengono fatte rispettare le regole» è la riflessione di Fedriga che poi ha parlato della lotta alla denatalità, «la grande sfida culturale dei Paesi occidentali che dobbiamo vincere perché quando una società non fa più figli è destinata a morire».
Dipiazza nel suo intervento di saluto ha evidenziato lo sforzo compiuto per il superamento delle divisioni storiche del Novecento e la rinascita turistica della città. Trevisi ha posto l’attenzione su un’iniziativa fortemente simbolica che ha coinvolto gli alunni delle scuole cittadine, italiane e slovene, che hanno realizzato un’enorme tovaglia, stesa poi in piazza Unità.
«È bella la metafora: la scuola come l’istituzione che insegna a creare legami – ha spiegato Trevisi –. Su questi pezzi di stoffa ciascuno ha scritto qualcosa: chi il nome, chi uno slogan che riassumesse cosa significhi “partecipare”. Ne è saltata fuori una tovaglia di 90 metri, larga 180 centimetri. Hanno collaborato quasi 2000 ragazzi e l’hanno stesa in piazza. I più grandi vi hanno pranzato attorno e dai loro zainetti hanno estratto pasta, riso, tonno, per i poveri e si sono raccolte più di 12 ceste».
Infine, gli interventi dell’arcivescovo di Catania Luigi Renna, presidente del comitato scientifico e organizzatore, e di Elena Granata, vicepresidente del comitato. «Trieste ci permette di vivere nella verità questa Settimana sociale – è il pensiero di Renna –, perché nella pluralità di lingue e culture ha imparato a parlare lo stesso lessico di democrazia». «Perché la gente non partecipa? Forse perché nessuno la coinvolge – ha osservato Granata – . Ricorrono quest’anno due centenari: quello di Franco Basaglia “il medico dei matti” e quello di Danilo Dolci “il pedagogista dei poveri”. Le loro storie ci dicono quanto possa essere rivoluzionario il modo in cui guardiamo agli altri e a noi stessi».