Quando ne ho scritto, sapevo che la Fondazione Crt (Cassa di Risparmio di Torino) sarebbe stata fonte di dispiaceri ancora a lungo per la condotta dei componenti dei suoi organi, di cui leggiamo dichiarazioni e prodezze sui principali giornali italiani.
La Fondazione Crt ha un patrimonio netto di 2,5 miliardi, eroga oltre 70 milioni all’anno di contributi e ha partecipazioni importanti in Unicredit e Generali. Ha anche il completo controllo di alcune società partecipata in tutta Italia, dalle vigne alle banche. Un bel tassello del Sistema Piemonte e un centro di potere fenomenale.
I componenti degli organi della Fondazione, invece di applicarsi nell’attività prevista dallo statuto, erano dediti ad ordire tranelli, a menar fendenti l’un l’altro senza risparmio, a spartirsi gli incarichi nelle società partecipate, incuranti di potenziali conflitti di interessi. Da qui denunce, indagini delle Procure della Repubblica di Torino e Roma, l’invio degli ispettori del Ministero dell’Economia e Finanze e l’imminente arrivo di un Commissario straordinario.
Inspiegabilmente stavolta le ostilità sono finite sui giornali, quando di regola gli scontri di questo tipo restano confinati fra gli “eletti”. Così imbarazza ancora di più il balbettio/silenzio delle principali istituzioni torinesi, quelle che nominano gli organi della Fondazione, a partire dal Comune di Torino, dalla Regione Piemonte per arrivare all’Università e al Politecnico, alle associazioni imprenditoriali, ordini professionali, al mondo del terzo settore, arcivescovo compreso.
Una bella differenza, per esempio, c’è fra il silenzio della LegaCoop Piemonte e la dignità di Fabrizio Galavotti, presidente della coop CabTerra di Ravenna, sempre LegaCoop, ma Romagna. Nel maggio del 2023 coi soci accettò di allagare terreni della cooperativa per contenere i danni che l’alluvione poteva arrecare alla città.
Sindaco di Torino e Presidente della Giunta Regionale appena rieletto, dopo oltre due mesi di balbettii imbarazzati, finalmente si riconoscono in “una richiesta urgente di fare pulizia, cambiare gli attori e mettere regole trasparenti in grado di riportare il treno della Fondazione Crt sui giusti binari”. Se questi orientamenti verranno confermati, viene da dire che era ora. Servirebbe anche qualche chiarimento sui criteri con cui hanno scelto i loro rappresentanti, lo stesso per altri enti che hanno nominato questo Consiglio generale e questo CdA.
Sarebbe troppo facile ridurre tutto alla condotta di Fabrizio Palenzona, uno dei più grandi collezionisti di incarichi nei CdA – dal 1999 al 2017, data della costituzione della banca, vicepresidente di UniCredit – accusato dagli stessi suoi supporters di essere entrato in Fondazione con il garbo dei cowboys all’ingresso del saloon, dopo un anno passato a governare in smart working. Meglio sarebbe, al di là delle questioni caratteriali e della cupidigia di questo e quello, che pur c’entrano in queste vicende, concentrarsi sul fatto che lo scontro vero potrebbe riguardare le prospettive dell’Ente.
C’è chi lavora per un ampliamento del raggio d’azione, attraverso la partecipazione attiva al mercato finanziario, chi per un ruolo di maggiore supporto delle politiche governative e chi perché la Fondazione resti ancorata al tradizionale ruolo di distributore di contributi a favore del territorio di riferimento.
Poi c’è la trasparenza: adesso che i buoi sono scappati la invocano tutti, dimenticando di indicare le azioni che la traducono in pratica. Non c’è da inventare, basta fare riferimento ai principi generali a cui devono ispirare le condotte tutti coloro che svolgono ruoli pubblici o che, come nel caso della Fondazione, amministrano risorse di provenienza pubblica. Parafrasando, gli amministratori, pena la decadenza, devono:
1) esercitare le funzioni con disciplina e onore, conformando la propria condotta ai principi di buon andamento e imparzialità dell’azione. Svolgere i propri compiti nel rispetto della legge, perseguendo l’interesse pubblico senza abusare della posizione o dei poteri di cui sono titolari;
2) dichiarare per iscritto, contestualmente alla nomina, tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado; poi se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all’ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate;
3) astenersi dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall’intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.
Con questi tre principi di buon senso in vigore, quanti membri della Fondazione Crt sarebbero oggi in carica? E quanti nelle altre fondazioni bancarie del Piemonte?
Tornando alla Fondazione, la trasparenza si realizza rendendo totalmente accessibili le informazioni circa l’organizzazione e l’attività svolta, per favorirne il controllo soprattutto sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse gestite, di indubbia origine pubblica (provate voi a cercare sul sito i verbali delle sedute, le delibere, la documentazione della gestione).
Questo devono decidere Lo Russo, Sindaco di Torino, Cirio, ri-presidente della Giunta Regionale, i Magnifici di Polito e Unito, i presidenti degli ordini professionali e delle associazioni datoriali e di categoria che concorrono a nominare gli organi della Fondazione Crt. Diversamente sono solo chiacchiere utili a coprire opacità amministrativa e cattiva gestione di risorse collettive. Sempre a favore dei soliti.
L'articolo Fondazione Crt: da quando le ostilità interne sono finite sui giornali, il silenzio è imbarazzante proviene da Il Fatto Quotidiano.