LIGNANO. Il fisico social Vincenzo Schettini, amatissimo dalla truppa dei teenager, raccoglie e diffonde un credo hemingwayano: «Moriremo tutti, ma dobbiamo curare i nostri dettagli: il corpo se ne andrà lasciando luminoso proprio quel dettaglio lì».
Una sorta di unicità che ognuno di noi ha e deve affinare, curare, conservare.
Con la dissolvenza sul palco del quarantesimo “Premio Hemingway” di Lignano — ideato e promosso dal Comune col sostegno degli assessorati alla Cultura, alle attività produttive e al turismo della Regione e con la consolidata collaborazione di pordenonelegge (presidente è Alberto Garlini) — restano le particolarità dei premiati 2024 nell’anno degli anniversari: settanta da quando il vecchio Ernest poggiò il piede sull’arenile di una ancora non nata Sabbiadoro, era il 15 aprile 1954, settanta dal suo Nobel per la Letteratura e quaranta dalla dedica del parco di Pineta al mito americano.
In scena anche il direttore di pnlegge Gian Mario Villalta, oltre a Garlini, naturalmente, il presidente del consiglio regionale Mauro Bordin («La quarantesima edizione, con la partecipazione di eminenti personalità rafforza ulteriormente la nostra cittadina sulla costa nel panorama culturale internazionale»), il sindaco di Lignano Laura Giorgi e il consigliere Donatella Pasquin.
«Il forte legame fra Lignano ed Ernest Hemingway — ha detto Giorgi — si rispecchia nelle quattro categorie in concorso perché rappresentano le capacità di raccontare l’animo umano, le stesse caratteristiche che si ritrovano nel suo stile e lo hanno reso celebre». La scultura in terracotta policroma, ogni pezzo è unico, che raggiungerà le bacheche dei vincitori ha una firma prestigiosa, quella di Giorgio Celiberti, nella serata di sabato 29 giugno applaudito ospite della manifestazione.
Volando dalla Georgia è atterrato in Friuli il nipote dello scrittore John Patrick per un avvincente racconto sulla scoperta di chi morì undici mesi dopo la sua nascita. «I miei genitori mi parlarono poco o nulla del nonno e, quindi, a tredici anni cominciai a leggere i meravigliosi romanzi che lo resero famoso. A quell’età, è risaputo, non comprendi a fondo il significato di una riflessione colta e, con piacere alcuni lustri dopo, ripresi a tuffarmi in quella prosa che diventava sempre più chiara».
Una serata conclusiva al Cinecity di Lignano, presentata con garbo da Giulia Presutti che, di fatto, ha spento i fari su una tre giorni ad alto contenuto culturale.
Ma anche l’amore ha un peso non da poco negli equilibri di una umanità con qualche difficoltà a rapportarsi col sentimento. E qui entra con vigore il credo del professor Vittorino Andreoli, ottantaquattrenne con una energia intellettuale da cinquantenne (a lui è andato il riconoscimento “Avventura del pensiero”) il quale ci ha scritto una “Lettera sull’amore” (Solferino), invitandoci a unire le nostre fragilità per campare un po’ meglio in questo guazzabuglio esistenziale. Altri suggerimenti pronunciati sottovoce: brandire con forza alcuni concetti in via d’estinzione come il rispetto e la fiducia. La gioventù? «Dovrebbe recuperare il concetto di attesa: i ragazzi del terzo millennio vogliono tutto e subito. Sbagliato. L’attesa è la parte più emozionante. È sogno e gioia. Cercate di viverla intensamente».
Essendo stato Hemingway anche un ottimo fotografo, oltre che cacciatore, pescatore e soprattutto tessitore di trame immortali, la commissione del Premio assegna ogni anno un riconoscimento a un fotolibro che contempli il segno della contemporaneità, secondo i criteri di un grande esperto qual è Italo Zannier.
L’alloro si è posato sul capo di un urbanista di San Donà di Piave, Francesco Finotto, autore di “Notte a Nord Est. Le fabbriche in scena”, un viaggio rischiarato dalle facciate delle industrie seminate per le campagne venete, obelischi di un mondo nuovo che ha sostituito la zappa e l’aratro, un cosmo rurale sicuramente indimenticabile tant’è che «la modernità è stata percepita come un elemento storico di sottordine che avrebbe oscurato il paesaggio campagnolo. E tutto ciò — ha detto Finotto — ha agito da stimolo per un visita laddove gli sguardi della gente si posano un po’ meno. E ho intrapreso questo viaggio lasciandomi “consigliare” dall’istinto più che dalla ragione».
Il “Testimone del nostro tempo” a gran voce è Irina Ščerbakova, una delle fondatrici di “Memorial” — Premio Nobel per la pace 2022 — un’associazione che ha come obiettivo «raggiungere ogni destino umano e restituire un nome alle migliaia di vittime la cui memoria è stata cancellata dal regime sovietico».
La sua presenza ha stimolato un dibattito sul conflitto russo-ucraino e la studiosa, che vive a Berlino, ipotizza un tavolo di trattative soltanto quando l’Ucraina avrà la forza di imporre le sue richieste. «Per me Putin ha già perso, il suo sogno è andato in frantumi e l’Europa ha dato segnali chiari, che sicuramente lo spaventano».