«Vera Slepoj creava famiglie perché sapeva vedere il meglio delle persone. Senza dare giudizi, senza pregiudizi, rendeva possibili imprese impossibili, come rendere semplice quello che a tutti sembrava difficile».
Il ricordo dell’amico Diego De Leo, psichiatra, echeggia nella Basilica di sant’Antonio, dove si sono celebrati i funerali della psicologa, scrittrice ed intellettuale, insieme ad una proposta rivolta alla famiglia: «Cari Rosanna (la sorella) e Federico (il nipote), Vera ha lavorato instancabilmente tutta la vita, per lei non c’era riposo dal pensiero dei suoi pazienti - ha ricordato De Leo - sui divani bianchi di casa sua pensava, rifletteva, agiva. Vorrei costruire a casa sua un circolo, una fondazione, una foresteria per studiosi di passaggio. Vera era il capitano - e a volte il generale, perché sapeva imporre la disciplina - di qualsiasi squadra. Conserviamo la sua eredità, trasformiamo le nostre vite con la gentilezza, la compassione e l’apertura che ci ha insegnato».
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Circa 300 persone hanno partecipato all’ultimo saluto della Slepoj, morta per un malore lo scorso 21 giugno.
Tra gli amici la ministra Elisabetta Alberti Casellati, amica da 40 anni; il senatore Antonio De Poli; Elena Donazzan; il sindaco Sergio Giordani; Urbano Cairo; Giustina Destro, il prefetto Messina.
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L’ultimo a parlare è stato il giovane nipote Federico, commuovendo la grande famiglia che Vera aveva saputo costruire intorno a sé, allargando relazioni, approfondendo rapporti, facendosi amare: «Zia, non avevi figli biologici, ma hai lasciato molti orfani », sono le parole del nipote, il figlio della sorella.
«Erano tanti ad avere te come punto di riferimento primario. Eri il perno di amici, colleghi, tu sei entrata nel cuore di mezza Italia. Come diresti tu: “Hai curato le nostre ferite”. Per me eri la pietra miliare della nostra famiglia, ancora della nonna, di mia madre e mia . Eri sempre al nostro fianco e te ne sei andata troppo presto. Non ci sarai al mio matrimonio con Julia, non ci sarai a tenere in braccio i tuoi nipotini. Grazie zia».
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