PORDENONE. Piccola, ma così ricca di proposte, di iniziative di qualità, di bellezza, da sorprendere i visitatori. E allora sarà “Pordenone città che sorprende”, il messaggio che la candidatura per Capitale italiana della cultura 2027 consegnerà alla commissione che a Roma analizzerà il dossier.
Martedì 25 giugno, all’ex convento di San Francesco, il vicesindaco Alberto Parigi con i referenti di Itinerari paralleli e de i Mille, hanno incontrato i cittadini e raccolto i loro spunti, le loro suggestioni, che contribuiranno a rafforzare una base di progetti, una decina, che già c’è.
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«Non abbiate paura di dire la vostra – ha esortato i partecipanti il vicesindaco –. Un amico si faceva scrupoli a comunicare un’idea perché la trovava banale e invece sarà uno dei progetti che abbiamo già incluso».
Parigi ha anche rimarcato che «questa deve essere la candidatura della città e del suo territorio, non del sindaco o dell’amministrazione, ecco perché la partecipazione è importante. Vogliamo costruire una candidatura eclettica, che metta in gioco tutte le energie. Io dico che siamo unici – ha proseguito – perché uniamo l’intraprendenza della cultura veneta con la concretezza propria della cultura friulana. Dobbiamo sorprendere inorgogliendoci e per farlo dobbiamo crederci tutti».
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La serata, coordinata da Linda Di Pietro (Itinerari paralleli), si è quindi spostata nel chiostro dove è stata prima scattata una foto dei partecipanti – che insieme hanno disegnato una P – e poi si sono svolti i tavoli tematici su Pordenone: che sorprende, come sorprende, dove sorprende e quando sorprende. Venti minuti di dialogo, contaminazione tra persone di età e provenienza diversa, e le proposte scritte su post-it che poi oggi saranno consegnati alle associazioni e agli operatori cultura per proseguire nel lavoro. Domani ultimo step con le imprese. Come ha spiegato Di Pietro «dobbiamo vedere passato, presente e futuro insieme, come un’unica dimensione che sorprendere. Mostreremo una città che si può vedere sottosopra e coinvolgeremo tutta l’ex provincia».
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La cultura che non ti aspetti può significare «Raccontare linguaggi artistici nella modernità», in luoghi inaspettati «che magari hanno altre funzioni», in tempi «che non sono necessariamente il tempo libero, che vorremmo e che abbiamo sempre meno».
Rispetto al quando la proposta sarà «destagionalizzare la cultura, andare oltre il Natale e l’estate», così come il dove dovrà esprimere luoghi diversi dai musei o dal teatro. E poi il come, altra dimensione che chiama in causa un cambio di prospettiva.
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Al tavolo del “che”, quello in cui si era chiamati a liberare la creatività, gli spunti sono stati i più diversi: dall’educazione emozionale, attraverso discipline olistiche, al rapporto tra gli artisti – Pordenone ne ha espressi tanti – e la città: c’è chi continua a vivere qui, perché? E c’è chi è andato via: odio? Amore? Impulso anche a scoprire la Pordenone underground, la città al femminile (di cui Carta di Pordenone è diventata modello nazionale) e poi tutto il tema che riguarda il passato, ma che in fondo è radice profonda del futuro, della salute mentale e delle cooperative pioniere, già indagate anche dal cinema. E delle imprese, dove la creatività è sempre elemento centrale.
Al tavolo del come c’è stato un forte impulso all’utilizzo della multimedialità, il tavolo del quando ha indagato la non facile dimensione del tempo di fruizione, sul dove è stato più facile per molti esprimersi: il fiume, così come i magredi e anche il carcere, sono diventati luoghi in cui immaginare cultura è possibile.
A tutti i partecipanti è stata data poi una cartolina che chiedeva: devi convincere il ministero della Cultura che Pordenone è la città giusta per vincere il titolo di Capitale italiana della cultura 2027. Cosa diresti? Pensieri ora racchiusi in una scatola in attesa di diventare contributi alla costruzione del sogno.