Dove sta andando il mondo del giornalismo? C’è una nuova via? A queste domande hanno provato a rispondere, nel talk finale della mattina, quattro protagonisti del mondo dell’informazione. Sul palco si sono avvicendati Luca Ubaldeschi, direttore responsabile Nem, Massimo Russo, direttore digitale Hearst corporation
Riccardo Terzi, Head of News Partnerships, Southern Europe, Google e Carlo Bartoli, presidente Ordine dei giornalisti.
A prendere la parola è stato il presidente dell’ordine dei giornalisti che ha puntato il faro sulla crisi della fiducia tra i cittadini e i giornali. Che è un fenomeno che non riguarda solo i quotidiani ma che va inserito in un ambito generale. «Si salvano solo il presidente della Repubblica e il Santo padre», ha scherzato il presidente dell’Ordine Carlo Bartoli. Ma la questione è molto più importante: «Perché c’è questo disinnamoramento? Perché l’informazione deve rispondere ai grandi quesiti, è vero, ma deve parlare anche questioni spicciole della nostra vita quotidiana. Se ci si affida solo a un’informazione che ha gli occhi troppo puntati sul “palazzo”, e non dico che bisogna dimenticarsi le questioni politiche, anzi, rischiamo di creare troppa distanza».
Quello che manca, secondo il presidente dell’Ordine, è una strategia: «Vent’anni 20 anni fa si poteva fare ognuno a casa sua, ora manca una grande cultura italiana di cambiamento». E qui entra in campo la nuova sfida di Nem. A raccontarla è il direttore Luca Ubaldeschi che ha scelto di abbracciare la sfida di Nord Est Multimedia: «Quando mi hanno cercato per questo progetto ho detto sì perché questo era un cantiere, pronto cambiare, pronto a costruire qualcosa di importante. La nostra idea, infatti, è quello di ettere a fattor comune le esperienze di sei giornali tradizionali e di una testata digitale».
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Ubaldeschi, poi, ha ricordato la grande rivoluzione a cui i giornali sono chiamati: «Ma vi parlo di un allargare il perimetro, non cambiare. Perché i nostri giornali hanno un radicamento territoriale molto forte e noi questo lo vogliamo difendere perché questo è quello che ci contraddistingue. Detto ciò dobbiamo cambiare perché semplicemente è cambiato tutto». E della stessa idea è Massimo Russo che ha parlato di una «grande rivoluzione di cui però non conosciamo ancora i contorni. Sappiamo solo che il giornalismo è cambiato, radicalmente».
Quello che è cambiato, secondo il direttore digitale Hearst corporation, è prima di tutto l’offerta e la domanda. Se prima, infatti, era scarsa l’offerta e abbondante l’attenzione, «adesso la quantità di volumi di stimoli ai quali siamo esposti ogni giorno sono infinitamente superiori a quanti ne erano in passato». Quelle a cui bisogna prestare attenzione sono per Russo le tre V: velocità, volumi, violenza. Tre chiavi per le quali i lettori penalizzano i giornali di oggi: «Velocità e volumi sono le chiavi del vecchio modo di fare giornalismo. Cioè in passato bisognava essere per forza i primi e fare tanto, troppo. Ma iniziamo a fare meno e con più senso. La violenza – ha continuato il direttore di Hearst – è l’idea per cui ogni articoli deve sempre fare leva sulla emotività delle persone. e poi chiedere alle stesse persone di rimanere agganciate ma per paura». Un esempio? «Guardiamo i titoli. Tutto è tragedia e tutto e paura. Anche le previsioni meteo».
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C’è però una buona notizia: «C’è bisogno di nuove esperienze. Ma lente, ragionate, non violente». In questo campo entra l’esperienza di Google rappresentata da Riccardo Terzi, Head of News Partnerships, Southern Europe, Google: «Premesso che nel report “Digital News Report Italia 2024” non ho rilevato segnali di controtendenza rispetto a un trend globale, mi ha colpito la mancanza di fiducia, allineato con gli altri Paesi ma significativo. In questo contento si inserisce la “discesa” di Meta e la comparsa di un nuovo player di TikTok». Google poi, attraverso le sue piattaforme, si sta impegnando nel dare valore alla comunicazione di qualità: «Adesso bisogna esportare i modelli che funzionano, anche e soprattutto quelli premium».
