L’assist che ha dato il via all’inchiesta è stata una falsa denuncia di un protagonista che ha insospettito il sostituto procuratore Roberto D’Angelo che è andato a fondo scoperchiando un’associazione per delinquere transnazionale dedita a truffe, riciclaggio e autoriciclaggio, con 11 misure cautelari e sequestri per un circa 3,5 milioni di euro a fronte di finanziamenti tra i 100 e i 200 milioni di euro.
L’operazione è stata illustrata dal procuratore capo Angelantonio Racanelli e dalla Guardia di Finanza: le misure sono scattate mercoledì. Almeno dal 2021 la banda ha truffato cittadini italiani ed esteri procurando fideiussioni ritenute false o utilizzando in maniera fraudolenta un istituto di diritto anglosassone denominato escrow agreement o deposito fiduciario. In pratica si adescavano imprenditori facoltosi in cerca di soldi per importanti investimenti, vantando appoggi importanti che invece erano fasulli.
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Nella rete sono finite decine di persone, convinte di aver ottenuto prestiti e costrette a versare una caparra che andava dall’1 o al 2 per cento della cifra totale.
Tra i promotori del gruppo c’era l’avvocato Claudio Michelon, 71 anni, studio in piazzale Stazione a Padova, finito in carcere. Con lui è stato arrestato anche Roberto Massimo Di Bisceglie, di fatto residente ad Abano ma iscritto all’Aire e domiciliato in Estonia e Rosario Tulino di Benevento, con un ruolo di riciclatore del denaro.
Ai domiciliari sono finiti Giorgio Maria Salvatori un avvocato di Foggia; Francis Onabire, un nigeriano residente a Bergamo che faceva da collettore della clientela: trovava gli imprenditori da truffare; Marco Russo, un faccendiere lombardo che aveva il ruolo di disporre tutta la documentazione per le pratiche dei prestiti; Elisabetta Pagnin, moglie di Biseglie, accusata di riciclare i soldi provento della truffa anche assieme alla figlia Sara Marcato.
Quest’ultima ha l’obbligo di dimora, come pure i prestanome, Giuseppe Grippaldi di Catania e Edoardo Bottoni di Mirano. C’è poi l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per la moglie di Michelon, Caterina Ortolani. Un ruolo per lei più marginale.
È il marzo 2022 quando l’avvocato Michelon (una condanna in primo grado per appropriazione indebita) presenta un esposto in procura. Scrive di essere stato contattato da Di Biseglie che l’ha minacciato («ti mando quelli del sud») di consegnargli subito 40 mila euro, una tranche di 100 mila per un somma complessiva di 800 mila. All’esposto allega il documento di Di Bisceglie.
Tutto molto strano. I presunti mandanti, intercettati telefonicamente non parlano di questa storia. La consegna del denaro doveva avvenire in studio da Michelon, che viene messo sotto controllo con delle cimici. Ruolo importante lo giocano anche i trojan di stato installati nei dispositivi dei soggetti coinvolti. Si scopre che l’esposto è fasullo e viene a galla il sodalizio.
Tornando agli imprenditori, soprattutto stranieri, è stato accertato che venivano attirati da finanziarie estere che cambiavano nome negli anni, c’era anche la Credit London, una specie di banca, caricata di titoli di stato per 1,7 miliardi di euro.
Tutto finto, i certificati erano carta straccia. Ma le vittime venivano ben abbindolate tra cene in ristoranti di lusso e conferenze: nei contratti di prestito dovevano presentare un brevetto, un progetto delle opere da fare, Michelon faceva il depositario fiduciario, Di Biseglie il rappresentante delle società straniere, Bottoni interveniva in qualità di banca straniera.
Gli imprenditori, che evidentemente non avevano accesso al sistema creditizio normale (alcuni c’è il sospetto che usassero dei soldi “neri”) pagavano in media il 2 per cento del prestito, che dopo - veniva garantito - gli sarebbe tornato indietro.
Dopo una settimana o due i soldi del prestito non arrivavano e andavano a protestare da Michelon. Che non gli restituiva quanto versato, ma faceva una citazione al giudice, esponendo i fatti e chiedendo se si dovesse restituire o meno il denaro. Di fatto avviando una causa civile dai tempi biblici. Nel frattempo si cercavano altri clienti e il gioco continuava. I soldi presi uscivano dall’Italia, verso Estonia, Lettonia, Germania e Gran Bretagna.