MILANO. È stato presentato oggi a Palazzo Marino a Milano il "Centro Studi di legislazione Antimafia Virginio Rognoni" di Pavia, che aprirà ufficialmente le porte a settembre, con l'obiettivo primario di offrire un contributo fattivo al contrasto dei fenomeni mafiosi, passando anche da ricerca, formazione ed evoluzione normativa.
Il progetto è il frutto della collaborazione tra il Collegio Universitario Santa Caterina da Siena di Pavia e la Fondazione Banca del Monte di Lombardia, che hanno scelto di dedicare il nuovo centro, un polo di eccellenza per lo studio e l'analisi della normativa Antimafia, all'ex ministro e professore Virginio Rognoni, padre della legge Rognoni-La Torre del 1982 sull'associazione mafiosa, quando dirigeva il ministero dell'Interno.
Il centro lavorerà su tre fronti: quello storico, quello del dialogo con atenei di tutto il mondo, e quello di ricerca, con convegni, workshop e collaborazioni, per lavorare in sinergia sul contrasto alle mafie. "È un'iniziativa nella quale si coniuga la memoria con la base scientifica, dove la seconda è prioritaria per il lavoro svolto da Rognoni", ha spiegato Mario Cera, presidente della Fondazione Banca del Monte di Lombardia. Il centro ha il fine di diventare un punto di riferimento nazionale e internazionale per studiare l'agire della criminalità organizzata "che oggi apparentemente non usa violenza, quando a volte basta pronunciare un cognome per fare paura", come ha spiegato Rosario Pantaleo, presidente della commissione Antimafia del Comune di Milano.
"I temi di cultura e legalità, del contrasto alle mafie - ha detto la presidente del Collegio Santa Caterina, Enrica Chiappero - fanno parte della nostra tradizione, e l'idea è promuovere soprattutto tra i giovani, una cultura di legalità e giustizia". Dopo oltre 14 anni di formazione universitaria dedicata al contrasto alle mafie, il collegio universitario "vuole diventare un luogo di confronto tra addetti ai lavori sulla nostra legislazione", ha spiegato la rettrice, l'avvocata Giovanna Torre.
Virginio Rognoni era convinto che la lotta alla mafia non fosse da condurre "con l'improvvisazione di reazioni di emergenza o facciata, ma con l'analisi profonda dei fenomeni, la ricerca del dialogo e la cultura della legalità", ha detto Sonia Rognoni, professoressa e figlia dell'ex ministro.