TRIESTE. Diomenica mattina all’alba il mare ha restituito un corpo. Con ogni probabilità è il ventiquattrenne marocchino disperso dalla notte dello scorso 11 giugno e che la Capitaneria di porto e i sommozzatori dei Vigili del fuoco stavano cercando: Ayoub Lakhlalki, richiedente asilo.
La scoperta del cadavere, rinvenuto nei pressi della diga foranea situata tra i moli III e IV del Porto Vecchio, quindi proprio nella zona in cui il ragazzo si era tuffato, si deve ai canottieri della Adria, impegnati ieri mattina in un’uscita di allenamento. Sono stati loro a segnalarlo.
Si chiude un capitolo, quello delle ricerche, ma se ne apre evidentemente un altro altrettanto complesso: capire cosa è successo al ventiquattrenne. In effetti i contorni della vicenda sono misteriosi.
Ciò che si sa è che quella notte lo straniero è in compagnia di alcuni connazionali e di una giovane triestina. Il gruppetto aveva trascorso la serata a far baldoria in uno dei magazzini abbandonati del Porto Vecchio. Avevano bevuto, come avrebbe poi testimoniato la ragazza. A un certo punto Ayoub Lakhlalki si tuffa in mare. Il tempo è pessimo: diluvia a tratti, non fa caldo, e tira vento. L’acqua non è calma. E il ventiquattrenne, da quanto risulta, è alterato dall’alcol.
Gli altri connazionali fuggono, letteralmente, proprio quando Ayoub si butta, mentre la giovane si rende conto della pericolosità della situazione e va di corsa verso la stazione ferroviaria per chiedere aiuto. In piazza Libertà incontra i militari dell’Esercito che pattugliano la zona. Si fanno portare verso il punto in cui la giovane sostiene di aver visto l’amico lanciarsi – tra il molo III e il IV – e allertano i soccorsi. In quegli istanti compare anche una guardia giurata, Christian Currò della Mondialpol, che agevola il passaggio dei mezzi via terra dei Vigili del fuoco spostando i blocchi di cemento che delimitano la parte demaniale da quella comunale. Nei minuti successivi si avvicina la prima barca dei sommozzatori che fa difficoltà a ormeggiare, a riprova che il mare è agitato. Da quel momento in poi cominciano le ricerche del ragazzo che impegnano i mezzi navali della Guardia Costiera e della Guardia di finanza, i sommozzatori del Nucleo subacqueo acquatico dei Vigili del fuoco e un elicottero della Protezione civile. Ma senza esito, fino a ieri mattina.
La prima versione dei fatti, fornita dalla ragazza triestina, porta a pensare a una notte allegra finita male. Ma è andata davvero solo così?
Durante il primo giorno di ricerche trapela un elemento importante: la scena del ventiquattrenne che si butta è ripresa da una telecamera del sistema di video sorveglianza installato su uno dei magazzini abbandonati: dalle immagini, analizzate dalla Capitaneria e dalla Polizia, si vede il giovane che si tuffa e si intravedono delle bracciate. Poi scompare. Ma si vede pure che gli altri ragazzi del gruppo si dileguano: è buio e le sequenze non sono nitide, ma il video mostra alcune figure allontanarsi non appena Ayoub si lancia dal molo. Una se ne va di corsa. Perché nessuno lo ha aiutato? Perché gli amici fuggono? Cosa è successo prima?
Nei giorni scorsi, tra i gruppetti di stranieri che frequentano piazza Goldoni, dove il ventiquattrenne era conosciuto, alcuni hanno riferito che il giovane quella notte avrebbe subìto un’aggressione e che si sarebbe buttato in acqua per scappare. Suggestioni o c’è del vero? Dubbi, questi, che per ora non hanno delineato una pista investigativa diversa da quella del possibile incidente. Una bravata, insomma, finita male. Non si esclude che il corpo possa essere sottoposto ad autopsia, anche per accertare se ci sono segni di un pestaggio.
Ayoub Lakhlalki non era inserito nel sistema di accoglienza. Forse viveva proprio in uno dei magazzini abbandonati. A Trieste cercava lavoro come operaio e si era preparato un curriculum.