«Quando pensavo all’ispirazione per il mio primo film, ho cercato ovunque. Il mio desiderio era di combinare elementi del genere fantasy e del thriller. Poi un giorno qualcuno mi ha suggerito di leggere The Watchers di A. M. Shine e dopo poche pagine ho pensato: devo adattarlo assolutamente per il cinema». Se a dire queste parole fosse una giovane regista qualsiasi, la scelta della storia giusta da portare sul grande schermo non sembrerebbe chissà quale impresa. Ma se a parlare così è Ishana Night Shyamalan, allora il livello dell’impresa e della relativa pressione da affrontare sale a livelli altissimi: la 23enne debuttante è infatti la seconda delle tre figlie (le altre sono la cantante Saleka e la più piccola Shivani) di M. Night Shyamalan, l’autore che da Il sesto senso in poi si è affermato a Hollywood come uno dei nuovi maestri del brivido, meglio se accompagnato da un colpo di scena finale.
La protagonista di The Watchers - Loro ti guardano, appena uscito in sala, è Mina (Dakota Fanning), un’artista che durante il viaggio per portare un pappagallo a una persona vicino alla costa irlandese, imbocca con l’auto una strada che la porta dritta in un bosco. Quando la vettura si ferma improvvisamente e anche il suo smartphone smette di funzionare, la giovane inizia a vagare nella foresta, prima di essere richiamata da un’anziana che le chiede di entrare al più presto all’interno di un misterioso edificio per sfuggire a un grave pericolo. La donna misteriosa, che si chiama Madeline (Olwen Fouéré), racconta a Mina che quel posto è una sorta di rifugio dove lei e altre due persone, Ciara (Georgina Campbell) e Daniel (Oliver Finnegan), sono rinchiuse ormai da tantissimo tempo per non finire tra le grinfie di strane creature nascoste nell’oscurità, pronte a sbranarle in caso tentino di fuggire. Sono costrette, al calar della notte, a mettersi di fronte a una grande vetrata da dove quegli esseri le possono guardare. «Il film è un viaggio per scoprire il mistero attorno a queste creature e capire ciò che desiderano: perché vogliono tenere in trappola questi esseri umani per osservarli?» dice Ishana Shyamalan. «Ho deciso subito che quest’atmosfera cupa e di buio assoluto che inghiotte i personaggi sarebbe stata perfetta per un thriller con sfumature horror, il genere che prediligo. Mi sono ispirata moltissimo a un film che amo, Antichrist di Lars von Trier, di cui adoro gli elementi materici, la stretta connessione a elementi della natura e il tono malefico»
Oltre a girare la storia in Irlanda, negli stessi luoghi dove A. M. Shine ha concepito il romanzo, la regista ha lavorato con la scenografa Ferdia Murphy per ricreare la location principale del film, quello strano luogo in cui Mina rimane rinchiusa e in cui si trova al tempo stesso al sicuro e in prigione. «Abbiamo cercato di ricreare quel mix di elementi fiabeschi e da incubo di film come Il labirinto del fauno di Guillermo del Toro o The Witch di Robert Eggers» aggiunge Ishana. «La gabbia in cui sono rinchiusi è un luogo intrigante, in cui puoi guardare fuori, ma sei anche osservato. Per realizzarlo ci siamo ispirati a un palcoscenico teatrale, dove gli attori vengono guardati dal pubblico e vedono le loro reazioni, realizzando in un teatro di posa una struttura che richiama l’architettura brutalista». Una volta creato il perfetto meccanismo per innescare un duplice effetto da voyeur, in cui l’orrore è nell’occhio di chi guarda e viene scrutato, ma intelligentemente si genera a partire da tutto ciò che non si vede e si può soltanto immaginare, la regista si è dedicata a mettere in scena la propria sceneggiatura, che pone attenzione a uno dei temi classici del cinema horror, ovvero le relazioni tra le vittime sacrificali e le relative reazioni di fronte al pericolo.
«Il lato che cattura di questa vicenda è la situazione inusuale che si crea, in cui ogni personaggio assume un ruolo e cerca una connessione umana, in un universo in cui tutti si sentono dannatamente soli e abbandonati». A garantire che non si perdesse il tocco da regista horror d’autore, ci ha pensato la supervisione dello stesso M. Night Shyamalan, che ha lavorato qui con la figlia in veste di produttore, dopo averla fatta debuttare giovanissima dietro la macchina da presa per dirigere sei episodi della propria serie tv Servant: «Da piccola ha iniziato a scrivere racconti fantasy. Dalla sua creatività ho capito che poteva diventare regista. L’ho guardata costruire il suo mondo, che non è per forza uguale a quello che avrei costruito io, e sono stato felice quando ho capito che è perfettamente in grado di terrorizzare il pubblico da sola».
