La nuova avventura rossoblù di Alessandro De Bona è già cominciata. A Vittorio Veneto, l’ormai ex direttore sportivo dell’Alpago sarà collaboratore dirigenziale dello staff tecnico e avrà il compito di aiutare il sodalizio trevigiano a continuare a ben figurare in Eccellenza. Lascia il club gialloverde dopo un paio di anni in Promozione, conclusi entrambi al terzo posto e con l’aggiunta della recentissima disputa della finale playoff persa di misura contro il Borgo Valbelluna. Un anno, l’ultimo, a suo dire positivo da un lato e parecchio impegnativo dall’altro. Non è un mistero che già da qualche mese il club avesse infatti deciso di effettuare una svolta tecnica, promuovendo al posto di De Bona l’ex San Giorgio Sedico Moreno Della Vecchia e scegliendo di non confermare mister Renato Lauria, sostituito in modo definitivo qualche giorno fa dal vice Luca Monti.
Nuovo capitolo sportivo. Parliamo però di quello appena terminato.
«Mi lascio alle spalle un doppio terzo posto, ottenuto attraverso i meriti di tutti. In ordine cronologico, il primo da neopromossi, mentre il secondo con salto in Eccellenza sfiorato e girone di Coppa Veneto superato sul campo… Non possono perciò che ritenere positivi i due anni in Alpago».
Ma…
«L’ultima è stata una stagione lunga e impegnativa, causa diversi motivi. Avevo quasi pensato di fermarmi alcuni mesi, ma è emersa l’opportunità del Vittorio Falmec e la passione nei confronti di questo sport ha preso ancora una volta il sopravvento».
Auspicava il progetto sportivo iniziato nel 2022 in Alpago durasse più a lungo?
«La parola progetto è spesso inappropriata, se riferita al calcio. Nello sport in generale, si tende a vivere di momenti e sensazioni. Conta infatti solo pensare a un traguardo e portare avanti quanto costruito in piena sinergia. Se si comincia a remare in direzioni diverse, diventa dura. Può anche essere non fossi più la persona giusta per portare avanti le idee dell’Alpago, ci mancherebbe».
Già a febbraio 2023 si sapeva che di lì a qualche mese vi sareste separati da Gallonetto. Stavolta è accaduta quasi la stessa cosa.
«Il calcio è una ruota che gira, occorre esserne consapevoli. Ognuno cerca di fare il meglio, poi tempi e modi diventano sempre motivo di discussione».
Cosa si tiene stretto?
«Il forte rapporto con i ragazzi, ringraziati singolarmente uno a uno. Alla fine sono loro i protagonisti e nessun altro. Abbiamo avuto in rosa persone di spessore, prima ancora che calciatori di livello. Riguardo ai risultati rimangono lì, indiscutibili. Comunque non me ne vado con il dente avvelenato, anzi l’Alpago auspicava rimanessi, magari nel settore giovanile. A ogni modo desideravo vivere un’esperienza diversa, alternativa. Ero già andato a San Fior e Aviano da giocatore ed è utile vedere da vicino altri modi di vivere e intendere il calcio».
