Un altro appello viene da Israele. Ed è un appello importante, per i suoi contenuti e per l’autorevolezza dei promotori.
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Un appello da mettere in pratica. La pace passa anche per la cabina elettorale.
L’8 e 9 giugno
Vota contro la guerra!
Non abbiamo bisogno di “rappresentanti” ma di artigiani e architetti costruttori di pace.
Vota contro la guerra. Non c’è una cosa più importante. Alle prossime elezioni europee dovremmo avere tutti lo stesso obiettivo: fermare la marcia della guerra che ci sta per travolgere. Non c’è niente di più urgente e decisivo.
La guerra. Di guerre che ci preoccupano ce ne sono tante ma quella che ci minaccia più da vicino è quella in corso da oltre due anni in Ucraina. L’8 e 9 giugno dovremmo eleggere solo persone determinate a fermarla. Non solo perché ogni giorno ammazza e distrugge ma perché sta divorando quel poco che resta della pace nostra, dei nostri figli e del mondo intero. La guerra è un mostro insaziabile che s’ingrassa e s’ingrossa travolgendo tutto e tutti, compresi i folli che ci assicurano di poterlo controllare.
Il pericolo è immenso e imminente, anche se resta avvolto dalle nebbie artificiali create dai propagandisti della guerra inevitabile che occupano da tempo la televisione pubblica e privata e che fanno a gara per occultare e manipolare la realtà. Quello che oggi vediamo dal cellulare o dal teleschermo, domani rischiamo di vederlo dalla finestra di casa. Le spire della guerra ci stanno avvolgendo con una costanza impercettibile. Il nostro spazio politico è sempre più ristretto. I movimenti che potevamo fare ieri oggi sono più difficili e domani diventeranno impossibili.
Non è tempo di farci delle illusioni. Non basterà il nostro voto a fermare la guerra e tantomeno un Parlamento che sarà frutto di pulsioni molto frammentate e controverse. A fare la differenza potranno essere le donne e gli uomini che, entrando nel cuore democratico dell’Unione Europea, ci aiuteranno a far crescere il movimento di cittadini che si stanno opponendo alla guerra. È già successo negli anni ’80 con la grande mobilitazione che ha messo fine alla guerra fredda e alla divisione dell’Europa. È quantomai necessario che si realizzi oggi.
Fermare o continuare l’escalation. Il prossimo Parlamento Europeo dovrà prendere innanzitutto questa decisione. La sua voce -se sarà capace di riscoprire la sua ragion d’essere- sarà molto importante. A fare la differenza saranno le persone che si metteranno al servizio del bene più grande e del nostro superiore interesse comune: la pace. Senza personalismi. Senza autoreferenzialità. Senza pensare di fare da soli. Non abbiamo bisogno di “rappresentanti” ma di “artigiani” e “architetti” di pace. Costruttori di pace: persone preparate e creative, capaci di unire, di costruire nuove relazioni, di alimentare, dall’alto e dal basso, da dentro e da fuori le istituzioni, il movimento dei cittadini più illuminati e responsabili che vogliono ri-costruire la pace.
Non basterà dire “no alle armi” e alla corsa al riarmo. Per fermare la guerra e difendere quel che resta della pace sarà necessario far crescere una nuova visione di Europa, non più centro del mondo, capace per davvero di ripudiare la guerra, di ridare dignità alla legalità e al diritto internazionale dei diritti umani (partendo dal Manifesto di Ventotene, dal Trattato sull’Unione Europea e dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE), di ripensare, con creatività e lungimiranza, le relazioni con i vicini dell’est e del sud, di affrontare assieme al resto del mondo le sfide globali del cambiamento climatico, delle disuguaglianze, dell’intelligenza artificiale,…. Per questo servirà ricostruire un pensiero politico coerente, una nuova coscienza civile e una cultura della pace positiva. L’8 e 9 giugno votiamo persone pronte ad entrare in questo grande cantiere di futuro.
“La pace mondiale non potrà essere salvaguardata senza sforzi creatori che siano all’altezza dei pericoli che la minacciano” Robert Schuman, 9 maggio 1950”.
Flavio Lotti
Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della pace.
Hai ragione Flavio. Il voto si tinga di arcobaleno.
La pace dei coraggiosi
Un altro appello viene da Israele. Ed è un appello importante, per i suoi contenuti e per l’autorevolezza dei promotori.
“Sulla scia del brutale massacro perpetrato il 7 ottobre 2023 da Hamas, e della conseguente distruzione da parte di Israele di vite e infrastrutture nella Striscia di Gaza, noi, israeliani impegnati per il futuro democratico dei due popoli, esprimiamo la convinzione che la comunità internazionale debba intraprendere azioni chiare volte a realizzare la soluzione a due Stati. Un passo importante di questo percorso sarebbe il riconoscimento dello Stato di Palestina come membro a pieno titolo delle Nazioni Unite.
Il riconoscimento di uno Stato palestinese è una questione di principio e di giustizia storica. È anche un modo per restituire una possibilità di quiete a questa regione dilaniata dalla guerra. Un’azione diplomatica tanto significativa dissiperebbe l’ambiguità che fin dall’inizio ha gettato un’ombra sull’intero “processo di pace”, rimetterebbe in carreggiata la diplomazia e costringerebbe le parti in conflitto, nonché i protagonisti della scena internazionale, ad assumersi le proprie responsabilità.
A tal proposito, salutiamo con favore la notizia che Spagna, Irlanda, Malta e Slovenia stanno per annunciare il riconoscimento dello Stato di Palestina e per sostenerne la piena adesione all’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Chiediamo a tutti i restanti membri dell’UE, al Regno Unito e agli altri Stati di seguire il loro esempio, compiendo così un passo importante verso il raggiungimento della soluzione a due Stati. Questa guerra non deve diventare l’ennesimo capitolo della lunga storia di violenza tra israeliani e palestinesi. Non v’è miglior modo di ristabilire la fiducia nella diplomazia che riconoscere subito lo Stato di Palestina”.
Prof. Elie Barnavi, ex ambasciatore di Israele in Francia
Ilan Baruch, ex ambasciatore di Israele in Sudafrica, Namibia, Botswana e Zimbabwe
Michael Ben-Yair, ex Ministro della giustizia di Israele; ex giudice f.f. della Corte suprema di Israele
Avraham Burg, ex presidente della Knesset; ex capo della Jewish Agency
Prof.ssa Naomi Chazan, ex Vicepresidentessa della Knesset
Prof. Itzhak Galnoor, ex capo della Commissione israeliana per il Servizio civile
Zehava Galon, ex parlamentare; ex presidentessa del partito Meretz
Prof. Oded Goldreich, vincitore del Premio Israele nel 2021 (matematica e informatica)
Prof. Moty Heiblum, vincitore del Premio EMET nel 2013 (fisica)
Prof.ssa Eva Illouz, ex presidentessa dell’Accademia Bezalel di Arte e Design
Prof. Miki Kratsman, vincitore del Premio EMET nel 2011 (fotografia)
Alex Levac, vincitore del Premio Israele nel 2005 (fotografia)
Dr. Alon Liel, ex Direttore generale del Ministero degli Affari esteri; ex ambasciatore di Israele in Sudafrica e in Turchia
Prof. Kobi Metzer, ex Presidente della Open University of Israel
Prof. Yoram Peri, ex consigliere politico di Yitzhak Rabin
Mossi Raz, ex parlamentare
Prof.ssa Sarah Stroumsa, ex rettrice della Hebrew University
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