Per due anni ha violentato la figlia della convivente, prima molestando e abusando di lei appena quindicenne, poi stuprandola.
Quando quest’ultima, ormai maggiorenne, se n’è andata di casa iniziando una relazione sentimentale, ha cercato di infastidirla, forse geloso del fidanzato che ha aiutato Anna (nome di fantasia) a superare il trauma di quell’inferno domestico.
Sei anni di carcere sono stati inflitti a N.C., 42enne di origine moldava, residente in un Comune dei Colli Euganei, finito sul banco degli imputati per violenza sessuale continuata e aggravata dalle condizioni di inferiorità fisica e psichica della vittima e dal rapporto di convivenza.
La sentenza è arrivata al termine di un giudizio abbreviato che, per legge, prevede lo sconto di un terzo della pena. Il gup padovano Maria Luisa Materia ha condannato l’imputato anche all’interdizione dai pubblici uffici e alla misura di sicurezza del divieto di accedere ai luoghi frequentati da minori per un anno e mezzo, una volta scontata la sanzione; il risarcimento riconosciuto alla vittima dovrà essere quantificato in un separato giudizio civile. La pubblica accusa aveva chiesto sei anni e otto mesi di carcere.
N.C. era difeso dagli avvocato Marco Cinetto e Alberto Di Mauro. Il pm Giorgio Falcone aveva contestato al 42enne di aver minacciato di morte la ragazzina, se non lo avesse assecondato con le sue richieste sessuali di ogni genere iniziate nel settembre 2017 e concluse soltanto nell’estate 2019.
È il 29 agosto dell’anno scorso quando Anna, nata nel 2001, si presenta nella caserma dei carabinieri dove vive il patrigno. E denuncia: «Vivevo in Moldavia con mia nonna e nel giugno 2017 mi sono trasferita dalla mamma che viveva con il compagno, la loro figlia e anche la figlia di lui».
Tre mesi più tardi Anna si ritrova l’uomo nel suo letto: «Era notte, lui è entrato nella stanza: diceva di avere caldo e ha ordinato a sua figlia, che dormiva con me, di trasferirsi nella stanza matrimoniale dove riposava mia madre... Ha cominciato a toccarmi sussurrandomi all’orecchio di non dire nulla, altrimenti mi avrebbe ammazzato».
Inizia un incubo fatto di violenze e prevaricazioni: «Quando ha finito è tornato nella camera di mia madre... Nei giorni seguenti non ha detto nulla e mi ha chiesto di urinare in una provetta: di fronte a mia madre ha detto che, essendo venuto nel mio letto, aveva paura di avermi confusa con lei e di aver fatto qualcosa».
Nelle settimane successive le aggressioni continuano: «Mi diceva che non dovevo dire nulla. E che la colpa era mia... Io per paura che mia madre venisse a saperlo, accondiscendevo a tutte le sue richieste». Anna è sola. La madre non si accorge di nulla o non vuole accorgersi.
«Ero come gelata, incapace di reagire», ha confessato Anna, quando ha raccontato il primo incontro più intimo con il suo violentatore replicato «molte volte, anche due o tre volte alla settimana... Lui mi ripeteva di non raccontare nulla dicendo di amarmi. Tra il 2017 e il 2018 mi fece vedere pure molti video pornografici». Nel 2019 la ragazza riesce ad allontanare N.C. che aveva iniziato a controllarle il cellulare. E si trasferisce a Padova per convivere con il fidanzato, tagliando ogni rapporto con la mamma: «Disse che lo avevo cercato io, che sono una poco di buono».