PAVIA. Troppo pochi, troppo stanchi, troppo carichi di un lavoro che non è come gli altri: infermieri e operatori del San Matteo hanno proclamato lo stato di agitazione del comparto, votato all’unanimità durante l’assemblea di ieri che ha riempito l’aula Golgi surriscaldata dalla protesta. «Se le cose non cambieranno siamo pronti allo sciopero» dicono Cgil Fials e Uil, sindacati promotori dell’assemblea che, per via delle tante adesioni, ha bloccato gli sportelli del Cup: il centralino unico di prenotazione è rimasto chiuso venerdì mattina.
«Non è più possibile che una persona lavori per due, l’aula così piena è sinonimo del malessere che serpeggia in un ospedale dove nessuno vuole più venire a lavorare» dice al microfono Simona Martelli, infermiera e dirigente sindacale che ha preso parola durante l’incontro. «Tutti i giorni è un massacro perché riposi e ferie continuano a saltare pur di garantire l’assistenza, mentre noi ci portiamo a casa lo stress accumulato in corsia. La gente è stanca, adesso servono fatti» esclama all’indirizzo di Alessandro Venturi, presidente del policlinico che ha assistito all’assemblea. Era dal 2021 che non veniva proclamato lo stato di agitazione, e ieri i lavoratori hanno messo in fila interventi e richieste.
«Lo facciamo per i pazienti»
Carenza di personale che costringe a rientrare dai riposi e mette un’ipoteca sulle ferie: una delle criticità più sentite dai lavoratori che chiedono il miglioramento del benessere e dell’organizzazione aziendale oltre che soluzioni per conciliare tempi di vita e lavoro: sono solo alcuni dei problemi sofferti da dipendenti, che hanno dato mandato ai sindacati di «intervenire tempestivamente con la proclamazione dello stato di agitazione».
Già inviata la richiesta di incontro in prefettura, spiegando che la decisione è stata presa per via del «mancato allineamento» su aspetti «economici, organizzativi e gestionali» che hanno compromesso gli «equilibri aziendali» dell’ospedale. Giulia, infermiera, li riassume in questi termini: «I colleghi non scappano soltanto dal lavoro lavoro pesante, ma dallo stile manageriale inadatto a gestire il personale in servizio, questa situazione ha stufato. Nel frattempo lavoriamo in reparti con il personale ridotto all’osso, senza che ci vengano concesse mobilità o una migliore organizzazione dei turni. Ci sentiamo trattati con menefreghismo dalle direzioni».
I lavoratori lamentano inoltre ritardi nel pagamento delle attività extra svolte nei mesi scorsi (Ecmo e abbattimento liste d’attesa sono tra queste): «Come far venire un idraulico dicendogli che poi lo pagherai», dice un’infermiera. «Noi continuiamo a svolgere i nostri compiti perché siamo operatori di salute pubblica mossi dall’abnegazione, e dalla responsabilità verso il paziente che assistiamo».
I parcheggi dedicati ai dipendenti sono un altro di quegli «aspetti organizzativi» critici, oltre che una questione annosa resa insopportabile a causa dell’impatto sulla qualità di vita dei lavoratori: «Tutti hanno posti i posti riservati meno i dipendenti del policlinico» dice un lavoratore al microfono. «Il malcontento ormai si è diffuso» afferma Roberto Gentile, segretario regionale del sindacato Fials. «Il San Matteo è una realtà che si fonda sulla qualità del lavoro dei propri dipendenti. Adesso è ora che vengano ascoltati».
Andrea Galeppi, segretario provinciale di Uil Fpl, aggiunge: «Vogliamo che il policlinico torni a essere il policlinico, questa non è una battaglia contro gli utenti ma l’unico modo che abbiamo per far sentire le ragioni dei lavoratori». Patrizia Sturini, di Fp Cgil: «I lavoratori sono stanchi di subire una gestione organizzativa che incide sul lavoro e sulla qualità dell’assistenza prestata. E la cartina di tornasole sono i concorsi, cui partecipano sempre meno persone».