Un’Europa che «deve occuparsi di meno temi». Ma anche l’autonomia «a un passo dall’approvazione» e la difesa a tutto tondo del generale Vannacci. Matteo Salvini, in poche parole, non arretra nella sua visione politica, in vista del voto di giugno, e anzi nella sua giornata di ieri trascorsa a Nord Est rilancia: la Lega in Friuli Venezia Giulia resterà il primo partito della regione.
Segretario, rispetto a 5 anni fa avete perso decisamente terreno. Teme il sorpasso di Forza Italia?
«No, sono certo che la Lega otterrà un ottimo risultato. Ricordo che alle Regionali dello scorso anno ci siamo confermati primo partito in Friuli Venezia Giulia e puntiamo a replicarci anche alle Europee».
La candidatura di Vannacci nel collegio di Nord Est ha aperto un mare di polemiche. Si aspettava un’alzata di scudi così forte, specialmente nella Lega veneta?
«Il generale è un servitore dello Stato, senza tessere di partito, ma che condivide con noi battaglie di libertà a tutela dell’Italia e a difesa dei confini. Alle Europee è possibile esprimere fino a tre preferenze e la Lega ha depositato liste di valore in tutte le circoscrizioni. C’è l’imbarazzo della scelta: ci sono eccellenti candidati leghisti del Friuli Venezia Giulia. E la stessa cosa si può dire dei veneti, basti pensare al capolista della circoscrizione. Vannacci ha presentato il suo libro anche nel Nord Est facendo il pieno e ha parlato con convinzione dell’autonomia. E poi c’è anche dell’altro».
Che cosa?
«Se la sinistra punta su una persona in carcere all’estero con accuse pesantissime, noi abbiamo preferito candidare un generale che è stato comandante della Folgore. Considerato, inoltre, che da poche ore abbiamo visto sfilare centinaia di migliaia di alpini per le strade di Vicenza, penso sia stata la scelta giusta».
Va bene, ma cosa c’entra un personaggio come Vannacci con la storia e l’identità della Lega?
«Lo ribadisco: Vannacci è un candidato indipendente. Ho letto i suoi libri, non condivido tutte le sue idee, ma credo che su difesa dell’Italia, sul “no” all’immigrazione clandestina oppure sulla difesa della pace ci sia un terreno comune».
In cosa deve cambiare l’Europa secondo lei?
«Dobbiamo bloccare la deriva ideologica che ha prodotto scelte scellerate con la scusante della svolta ecologica. Faccio due esempi: lo stop alla produzione di motori diesel e benzina dal 2035 – una follia che favorisce soltanto la Cina impoverendo famiglie e imprese europee – e la direttiva sulle case green che rappresenta una vera e propria stangata per l’Italia visto il suo patrimonio immobiliare di valore storico. Per questo diciamo che serve meno Europa: Bruxelles deve intervenire meglio, ma su meno materie».
Nel centrodestra ci sono posizioni come quelle di Tajani che dice mai con Afd e lei che non vuole stare con Macron. Che messaggio si lancia ai vostri elettori in questa maniera?
«Alle Europee si vota con il proporzionale, non esistono coalizioni. Agli italiani lancio il messaggio di un grande politico come Berlusconi: il centrodestra vince trovando l’unità, senza steccati oppure veti. Infatti Berlusconi, nel 1994, vinse anche sdoganando il Msi. L’Europa guidata pure dai socialisti ha fatto il male dell’Italia su troppi dossier, dall’automotive alla casa, dall’immigrazione all’agricoltura. Macron è il leader continentale che, anziché parlare di pace, teorizza l’invio di truppe europee, e quindi anche italiane, in Ucraina. Tra lui e Le Pen, mi tengo stretta la seconda. Ma soprattutto scelgo il centrodestra unito».
Tajani ha chiuso al terzo mandato per i governatori sostenendo di essere culturalmente contrario allo stesso perché bisogna evitare “l’incrostazione di potere locale”? A questo punto quali prospettive ci sono per Zaia e Fedriga?
«Intanto ricordo che i parlamentari, come il sottoscritto oppure Tajani, non hanno alcun limite di mandato. Personalmente credo che un buon sindaco, oppure un valido governatore, non debba essere messo fuorigioco. Sia come sia, Zaia e Fedriga sono due risorse di grande valore. Sul futuro ne discuteremo, ma sono sicuro che potranno fare ovunque il bene dei cittadini, in particolare di Veneto e Friuli Venezia Giulia».
La riforma dell’autonomia verrà approvata prima del voto? E come si incrocia con quella del premierato?
«L’autonomia è a un passo dall’approvazione definitiva. Prima mi chiedeva di Vannacci: bene, io credo che le polemiche sul generale siano un’esagerazione mediatica perché stiamo concretizzando una riforma storica che è un cavallo di battaglia della Lega da decenni. Spero che arrivi il via libera il prima possibile, anche perché, a differenza del premierato, non richiede una modifica costituzionale. Le due riforme permetteranno all’Italia di essere più moderna, con maggiori poteri ai territori premiando l’efficienza».
Ci sono delle differenze di visione, tuttavia, tra alleati. Non trova?
«Sono certo che troveremo un’intesa. È vero, però, che mi stupiscono alcuni distinguo. Vorrei che gli alleati più freddi sull’autonomia motivassero i loro dubbi ai cittadini delle nostre regioni. E in ogni caso parliamo di una riforma prevista dal programma elettorale con cui il centrodestra ha vinto le ultime Politiche».
Il Friuli Venezia Giulia continua a essere sottoposto a pressioni migratorie non secondarie...
«L’Europa non deve lasciare sola l’Italia, ma è un ritornello che sentiamo da troppi anni. Con me ministro dell’Interno eravamo riusciti a ridurre sensibilmente gli arrivi, anche grazie ad accordi specifici con altri partner europei e senza aspettare Bruxelles, ma la sinistra ha pensato bene di votare in Aula per mandarmi a processo. Confido, adesso, che venga realizzato almeno un centro per le espulsioni dei clandestini in ogni regione: eviteremmo di avere dei balordi per le nostre strade».
Qualcuno sostiene che in caso di risultato negativo alle urne potrebbe “staccare la spina” al Governo...
«Fantasie, come se ne leggono troppe: si tratta dei desideri di qualche commentatore di sinistra che confonde i propri sogni con la realtà. Sono determinato a concludere il lavoro iniziato in questo primo anno e mezzo. In Friuli Venezia Giulia dono previsti interventi ferroviari per 5,5 miliardi e altri 240 milioni per Anas. In Veneto abbiamo 4,4 miliardi di lavori complessivi di Anas e altri 6 miliardi stanziati per le ferrovie. Non vogliamo fermarci».
L’Italia è l’unico Paese dell’Ue in cui i salari reali sono fermi al 1990. Cosa si può fare per migliorarli?
«Abbassare le tasse, come abbiamo fatto per esempio con il taglio del cuneo fiscale. Il Governo ha stanziato 10 miliardi. Ecco, l’Europa faccia meno cose e pensi ad aiutare i Paesi membri ad aumentare i salari tagliando la burocrazia e abbassando gli oneri a carico delle imprese».
