«Come il piombo, senza di noi, non vede la luce, così noi senza il piombo non possiamo vivere. La nostra è un’arte che rende ricchi, ma fa morire giovani». Così scriveva Primo Levi nel Sistema periodico, nel 1975. E così ha recentemente dichiarato l’eurodeputato danese Nikolaj B. Villumsen: «È qualcosa che sappiamo essere pericoloso, ma non possiamo farne a meno».
Il piombo ha una lunga storia iniziata millenni fa con la produzione di monete e l’estrazione d’argento. Di larghissimo impiego durante l’epoca romana - a lungo si è dibattuto se sia stata tra le cause della decadenza dell’impero - poi massicciamente utilizzato durante l’evoluzione industriale nel suo maggiore slancio produttivo post-bellico. Erano gli anni in cui si chiedevano leggi per contenere il numero di casi mortali da intossicazione cronica provocata da questo metallo, ovvero il «saturnismo».
Dagli anni Settanta in Europa sono state adottate misure per regolamentarne i livelli nella benzina, nelle vernici, nelle lattine per alimenti e nelle tubature (persino quelle dell’acqua), e nelle emissioni industriali in atmosfera. Nonostante ciò questo contaminante ambientale, presente pressoché ovunque, miete ancora vittime. Le patologie che provoca sono inserite nelle tabelle delle 102 malattie professionali dell’industria e dell’agricoltura più pericolose, così classificate dal recente decreto del 10 ottobre 2023 del ministero del Lavoro che, però, prevede un periodo di indennizzazione di soli quattro anni. Un tempo che dovrebbe essere rivisto.
Secondo le stime, nell’Unione europea sono esposti al rischio dai 50 mila ai 150 mila lavoratori, ma il numero potrebbe aumentare. Dopo 40 anni dalla direttiva 82/605/Cee, la Ue ha così deciso che il piombo sia ancora un problema, soprattutto ora che le ambizioni del Green Deal spingono gli Stati membri a incrementarne la produzione per realizzare batterie, pannelli solari, turbine eoliche e altri dispositivi elettronici. Lo si trova anche nella raccolta e nel riciclo dei rifiuti, e nelle ristrutturazioni mirate all’efficientamento energetico degli edifici. La commissione Ue ha proposto quindi nuovi limiti di esposizione professionale, a meno di un quarto da quello precedente, che il 7 febbraio 2024 sono stati approvati dal Parlamento continentale. «Non vogliamo salvare il pianeta e allo stesso tempo far ammalare le persone e minacciare la salute e la sicurezza» ha sottolineato il commissario europeo per il Lavoro e i Diritti sociali Nicolas Schmit. L’intossicazione da piombo avviene per ingestione, inalazione o assorbimento attraverso la cute. Danneggia il sistema nervoso centrale, gastrointestinale, circolatorio e renale, ma non solo. Secondo il medico legale dell’Inps Carlo De Collibus e in accordo con l’Organizzazione mondiale della sanità, «è un metallo tossico per la riproduzione privo di soglia di sicurezza». Studi scientifici hanno dimostrato infatti che causa alterazioni nello sperma e infertilità nelle donne, oltre a problemi nello sviluppo del feto.
L’esposizione prolungata a bassi livelli è stata collegata anche «alla schizofrenia o al tremore essenziale, alle malattie neurodegenerative, nonché all’aumento dell’aggressività e dei reati violenti, del cancro» evidenzia a Panorama De Collibus. Si accumula nelle ossa da cui è rilasciato lentamente nel sistema circolatorio. La sua «emivita», ossia il tempo affinché la concentrazione si dimezzi, è di 30 giorni nel sangue e di 10-30 anni nelle ossa. I nuovi limiti di esposizione sono fissati a 0,03 mg/m3 e il valore limite biologico nel sangue a 15 µg Pb/100 ml (ovvero ovvero 15 milionesimi di grammo di piombo). Nulla di tutto ciò, tuttavia, avverrà a breve a causa del tempo necessario per attuare misure igieniche e dei costosi adeguamenti dei processi di produzione. In compenso è stato deciso un periodo transitorio fino al 31 dicembre 2028 durante il quale si applicherà una soglia biologica inferiore, pari a 30 µg Pb/100 ml di sangue. In pratica, i lavoratori dovranno essere sottoposti a sorveglianza medica regolare per verificare questo valore, in base ai quali potranno o meno continuare le loro mansioni.
La direttiva, particolarmente sensibile verso le donne in età fertile, ha introdotto un indicatore-sentinella per quelle che oltrepassano i 4,5 μg Pb/100 ml nel sangue: un indicatore di esposizione per avvisare i datori di lavoro della necessità di prestare attenzione alle lavoratrici, ma non rappresenta un marcatore di effetti nocivi per la salute. Il piombo, però, non si trova solo nelle fabbriche e sui posti di lavoro. È presente nell’ambiente: aria, polvere, suolo, anche cibo e acqua. Il futuro aumento della produzione mondiale è la maggiore preoccupazione. Uno studio pubblicato sulla rivista Environmental Science and Technology ha analizzato le ossa di 132 individui vissuti in epoca preistorica: «Più piombo viene prodotto, più è probabile che i corpi umani lo assorbano, con un effetto altamente dannoso; soprattutto nei bambini, che lo accumulano attraverso la dieta, l’inquinamento dell’aria e la sospensione del suolo urbano» spiega Alfredo Coppa del dipartimento di Biologia ambientale, Università La Sapienza di Roma.
Il legame tra degrado ambientale e contaminazione chimica elevata dell’area in cui i bambini vivono, potenzia l’effetto negativo di disagiate condizioni socio-economiche. È il caso di Taranto, dove i problemi fisici legati al grave inquinamento industriale dei minori si riflette anche sulle loro capacità cognitive e comportamentali specialmente nelle fasce sociali più basse. Una ricerca di Roberto G. Lucchini e altri, sulla rivista Environmental Health, ha messo in luce gli effetti negativi dell’esposizione sullo sviluppo neurologico dei bambini. Una conferma arriva dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa). Il piombo viene assorbito maggiormente nei più piccoli e si accumula nei tessuti molli, e con il tempo, nelle ossa.
Gli effetti critici sono «una diminuzione del quoziente di intelligenza nei bambini già a bassi livelli di esposizione, e l’aumento cronico della pressione sanguigna e le malattie renali negli adulti» afferma Hans Steinkellner, esperto scientifico dell’Efsa. L’istituto ha calcolato i livelli di esposizione alimentare al piombo nel 2010 e nel 2012, e ha concluso che cereali, verdure e acqua del rubinetto sono le categorie in quest’ambito che più hanno contribuito alla contaminazione con il metallo. «I cereali e i prodotti a base di cereali sono i principali contributori a causa del loro ampio consumo» conclude. Ci sono voluti 11 anni perché poi la commissione Ue definisse il piombo «un cancerogeno genotossico lieve ad azione indiretta». E con il regolamento n. 1317 del 2021 ha redatto una tabella per stabilire i «tenori» massimi tollerati nei cibi.
Nel frattempo affiorano i timori circa il danno potenziale da piombo, anche sotto il profilo del rischio ambientale, a bassi livelli di esposizione. Il messaggio è chiaro: il problema non è risolto. Le direttive europee hanno dunque stabilito i limiti della sostanza, in ambito professionale e alimentare, ma non hanno considerato che «i prodotti al di fuori dell’Europa non hanno alcun tipo di controllo» chiarisce l’eurodeputata di Forza Italia Stefania Zambelli. «Li importiamo perché costano poco senza sapere qual è stata la lavorazione e cosa realmente contengano». Parliamo di giocattoli, cosmetici, bigiotteria, vernici e smalti, ma anche alcuni cibi. Per non dire della carne e del pesce che arrivano da Paesi con altissimi tassi di inquinamento. Intanto, secondo dati Istat del 2021, i più recenti di cui disponiamo, risulta che in Italia sono morte 1.032 persone per avvelenamento da piombo. Morti silenziose. E di loro non si parla.
