«Si chiama antitesi, ribaltamento, quel che succede qui in questo momento. Se penso all’arte, e ne ho abbastanza, mi ha rotto il c***o pure il cielo in una stanza». Parola di Morgan, artista vero, senza filtri e divisivo (come chiunque abbia il coraggio delle sue idee) con il quale la noia è sempre bandita, che ieri pomeriggio, al Concertone del Primo Maggio di Roma, ha attaccato frontalmente la discografia italiana con un brano inedito dal titolo emblematico, Rutti. Una sorta di L'Avvelenata di Guccini in stile patchanka, magniloquente e ricca di fiati, costruita sopra un riff di chitarra ipnotico, nella quale l'ex leader dei Bluvertigo ha menato fendenti all'industria musicale del Belpaese, improntata ormai sempre meno alla qualità e sempre più dominata dall'assillo delle "vendite" in streaming e di grandi numeri che coprono la pochezza artistica, tra dischi d'oro e di platino distribuiti con grande generosità per lanciare il tour dell'artista, con date nei palazzetti quasi sempre "sold out"(anche se spesso si trovano i biglietti online anche la mattina stessa del concerto n.d.r.) e con un target di riferimento sempre più basso, sia come età che come cultura musicale. Prima di cantare l'inedito Rutti, che non era compreso nel suo ultimo album E quindi insomma ossia con i testi di Pasquale Panella, Morgan ha eseguito
il brano Sì, certo l’amore, prima di prendere il microfono e di fare un discorso urbi et orbi al pubblico del Circo Massimo sullo stato dell'arte della musica in Italia. «Voi siete qua, con gli ombrelli aperti. Non esiste altra situazione in cui si vedono tutti questi ombrelli. Siete qua e non era scontato. Per chi si andrebbe fuori così? Per i politici no, solo per la musica, che è molto più importante di quello che i politici pensano», ha sottolineato il cantautore milanese. «Oggi è un giorno di festa perché i lavoratori festeggiano ed io voglio ringraziare tutte le persone che stanno lavorando a questo spettacolo. Sono persone che hanno studiato che non hanno nessun tipo di tutela legale in questo paese. Perché gli artisti non sono per niente considerati, non vengono rispettati dalla politica. Dalla politica no, ma dal popolo sì perché restare senza musica è fare una vita peggiore». Morgan ha concluso il suo discorso con un accorato appello alla politica: «Ma diciamo ai signori politici che noi italiani siamo gli inventori della musica, in tutto il mondo la lingua italiana è la lingua della musica. Allegro e adagio sono due parole italiane, ma si usano in tutto il mondo. Non è possibile non rendersi conto di questo, privarci di tutela legale, lasciarci nelle mani del becero mercato squalo senza considerazione da parte dello Stato. Non rendersene conto è segno di grande arretratezza, non degno di quello che l'Italia deve essere». Dopo aver ricevuto gli applausi del pubblico del Circo Massimo, l'ex Bluvertigo ha iniziato a cantare la corrosiva Rutti, il cui incipit è tutto un programma: «Si chiama ordine,discernimento, quel che nessuno fa in questo momento/si chiama arte,parola stanca,detta da tutti, ma che a tutti manca/Si chiama musica,cosa magnifica,che qui confondono con la classifica». In effetti, chiunque scriva di musica ogni giorno riceve decine di comunicati stampa in cui raramente si parla di canzoni o di testi, ma di tutta una seria di numeri relativi a stream, dischi d'oro e dischi di platino, numeri che sappiamo essere di poco valore in quanto, nel computo delle presunte vendite, rientrano da qualche mese anche gli ascolti gratuiti su Youtube o Spotify, per non parlare del meccanismo delle playlist, che gioca un ruolo fondamentale nelle certificazioni FIMI. Non si può paragonare la vendita fisica di un cd o di un vinile (che costano mediamente 20 e 35 euro appena usciti) con migliaia di ascolti distratti, casuali e gratuiti di un album (o meglio, dei singoli brani riprodotti casualmente da un album) sulle piattaforme streaming, che trattano la musica come una "commodity" un tanto al chilo e non come arte. Per questo è difficile dare torto a Morgan quando canta «il gergo è campo di nobili costrutti, ma qui si esagera pubblicando i rutti». Purtroppo, a causa delle rivoluzioni tecnologiche degli ultimi anni, la nostra soglia di attenzione è crollata vertiginosamente negli ultimi anni, così le canzoni pop non hanno quasi più delle intro strumentali, ma entrano immediatamente nel vivo del brano, a volte con un ritornello che arriva già dopo pochi secondi per non perdere ascoltatori. Se un brano ci annoia dopo un minuto, possiamo facilmente passare a un altro o direttamente a un altro cantante o a un altro genere musicale del tutto diverso dal precedente. Non è un caso che le major spingano molto la trap e la dance: perché sono i generi più semplici ed economici da realizzare (praticamente basta un pc, una batteria elettronica e un paio di programmi giusti con tutti i preset e il gioco è fatto, in pochi minuti).
Ben altri mezzi sono richiesti per la musica rock o per il pop di qualità: chitarre, basso, batteria di base, poi archi e strumenti a fiato, che ovviamente costano molto, così come costano i produttori e gli arrangiatori bravi. Morgan rincara la dose a metà del brano: «Si chiama merito, parola ipocrita, se a prevalere qui è la mediocrità/ fanno cultura solo per mettersi in posa,ma quella vera, poi, è pericolosa/Loro farebbero col diavolo dei patti pur di riuscire a fare i soldi con i rutti». In effetti, da quando gli esperti di marketing hanno sostituito e soppiantato i talent scout musicali all'interno delle major, l'unico obiettivo delle case discografiche è la massimizzazione del profitto, prescindendo del tutto dal discorso qualità: se un artista funziona immediatamente sulle piattaforme e in radio, "spacca" per utilizzare il loro gergo, allora ha senso investire e promuoverlo, altrimenti può rivolgersi altrove. Oggi artisti come Lucio Dalla, Zucchero, Antonello Venditti e Francesco De Gregori, che nei primi anni di carriera hanno raccolto ben poche soddisfazioni a livello di vendite di dischi, dopo un paio di brani andati male in streaming verrebbero cortesemente messi alla porta, senza il tempo di maturare, di crescere e di trovare la loro cifra artistica precipua.
Morgan ha inoltre sottolineato come, nell'industria musicale italiana, si tenda a fare terra bruciata intorno agli artisti scomodi, liberi o che non siano disposti a seguire pedissequamente le direttive che partono dai piani alti dei palazzi delle etichette discografiche: «Si chiama mobbing, sputtanamento, quel che succede a tutti in questo momento/si chiama abuso ed è violento, quando lavori e ti son tutti contro» . Non è un caso che negli ultimi mesi sempre più artisti (Mr Rain, Sangiovanni, Lorenzo Fragola) abbiano espresso pubblicamente il loro disagio mentale per le pressioni e le richieste sempre maggiori da parte delle etichette e dei promoter. Morgan ha infine espresso con grande efficacia e con un pizzico di ironia il senso complessivo di Rutti nei seguenti versi: «Se questa musica per voi è magnifica, per me è più bella se va in classifica/Tanto qui chi vuoi che se ne accorga, se sono Mozart o solamente Morgan».