foto da Quotidiani locali
Più del doppio. Il dato di partenza è questo. Anche se il Veneto, a fronte di tre click day, riuscirà a garantirsi circa 30 mila lavoratori non comunitari non potrà dirsi certo soddisfatto. Perché le stime sulle necessità delle imprese, soprattutto per gli stagionali, parlano di più del doppio del personale da inserire. Agricoltura e turismo in testa, visto che erano al centro della corsa alla regolarizzazione di lunedì scorso.
In tutto si tratta di 151 mila quote d’accesso complessive a livello nazionale messe a disposizione delle categorie produttive, dei professionisti e dei consulenti del lavoro ma anche delle singole imprese, secondo la logica del “chi prima arriva meglio alloggia”. Un meccanismo non particolarmente apprezzato dagli addetti ai lavori, quello del click day, ma che comunque ha ottenuto un certo successo se è vero che nei soli primi 5 minuti di apertura delle procedure telematiche sono pervenute al ministero un totale di quasi 180 mila domande (poco meno di 50 mila il 18 e il 21 marzo e oltre 77 mila lo scorso lunedì) per arrivare a superare le 690 mila totali. A riprova del fatto che la domanda supera di gran lunga le quote definite.
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«Se ragioniamo solo in termini di quote disponibili per gli stagionali e a prescindere da chi sarà riuscito ad arrivare primo al click day, allora in tutto il Paese le quote disponibili sono di circa 89 mila» spiega il direttore della Cia del Veneto Maurizio Antonini. «Di queste solo 41 mila sono per l’agricoltura. Ad essere prudenti le richieste che arrivano dalle cinque grandi associazioni di categoria del settore in Veneto non saranno meno di 10 mila, circa un quarto del totale disponibile. Risulta evidente che non riusciremo ad ottenere forse nemmeno la metà di quanto servirebbe. Il punto è che il sistema del decreto Flussi è inadeguato alle esigenze delle imprese e assurdo nei suoi metodi: basti pensare che in alcuni casi la trafila completa per siglare il contratto di lavoro stagionale, tra verifiche e burocrazia, arriva anche a 6 o 7 mesi. Ed è ovvio che nel frattempo la stagione è finita con buona pace di chi cerca di fare le cose rispettando la legge».
Anche nel settore alberghiero sono diverse le perplessità. «Dei circa 200 mila lavoratori del settore del turismo del Veneto più o meno 2 su 5, il 35-40%, sono stranieri» spiega Marco Gottardo direttore di Federalberghi Veneto. «Il decreto Flussi per il 2024 mette a disposizione della nostra categoria circa 32 mia quote per tutto il Paese. E il Veneto potrà ottenere circa il 10% della quota nazionale. Si tratta, a spanne, di 3.000 lavoratori. Non moltissimi per una stagione 2024 che, per lo meno nei suoi primi mesi, si prospetta forse addirittura migliore di quella record del 2023. E tuttavia non c’è stata particolare attenzione al click day da parte dei nostri imprenditori: da una parte forse perché la fine del Reddito di cittadinanza ha spinto più candidati a rispondere alle offerte di lavoro, dall’altra perché l’evoluzione del settore ha modificato le esigenze. Il tema della qualità del servizio (e del personale) diventa sempre più strategica. Sebbene il personale sia scarso, ad essere ancora più scarse sono le competenze e il decreto flussi, sotto questo aspetto, non è necessariamente una garanzia».
Anche dalla Cgil Veneto arriva un allarme. «Secondo uno studio di Actionaid, nel 2022 solo il 30% dei nullaosta rilasciati ai lavoratori stranieri arrivati in Italia si sono trasformati in contratti di lavoro e permessi di soggiorno regolari» spiega Silvana Fanelli della segreteria Cgil Veneto con delega all’immigrazione. «Quando si eliminano le verifiche sulla reale capacità del singolo richiedente di assorbire la forza lavoro che richiede, si rischia di aprire le porte a ogni genere di stortura, compreso il traffico di esseri umani. E chi arriva qui nella speranza di un lavoro diventa facilmente preda del caporalato, del lavoro nero e della criminalità».