foto da Quotidiani locali
Perché ci mettiamo in viaggio? Per vedere luoghi, certo; ma non ci basta più. A quella scelta chiediamo anche altro. Chiediamo di conoscere persone, di imparare cose e provare sentimenti. Vogliamo delle esperienze.
E il cibo, così come il buon bere, è l’esperienza suprema: porta con sé ricordo e promessa, definisce una comunità nella sua storia e nella sua geografia. Eppure resta anche un percorso intimo. Ricordi che cosa hai mangiato o bevuto, quella volta? Ricordi dove ti trovavi? Ricordi quanto eri felice?
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Nel corso del 2023 nove milioni e seicentomila italiani hanno compiuto almeno un viaggio legato al gusto. Rappresentano il 58% dei nostri connazionali che viaggiano. Pochi anni fa, nel 2016, quella percentuale era appena del 21%: stiamo dunque assistendo al decollo verticale di un fenomeno turistico.
In Europa la cosiddetta food experience produce numeri impressionanti, secondo i dati della European Travel Commission: cinque milioni e mezzo di viaggiatori con motivazione principale legata a cibo, birra o vino, oltre ventuno milioni con motivazione accessoria.
Presentare WeFood ai lettori di questo giornale e di tutte le testate del gruppo Nem significa incrociare questo grande interesse, che stando alle rilevazioni è in una fase di straordinario impatto sulla società e sull’economia.
Toronto, Zagabria, La Valletta, Singapore, Riyadh, Cape Town, Singapore, il Somerset in Inghilterra. Sono le città che avreste immaginato di leggere, in un articolo che parla di turismo e cibo? Probabilmente no.
Sono luoghi bellissimi, ma impronosticabili a prima vista, per noi che tendiamo involontariamente a essere conservatori: ci aspettiamo Parigi, Venezia, Dubai o San Francisco, ci fermiamo alle teste di serie del grande torneo planetario del turismo. E invece ecco un elenco del genere, sempre più frequente per gli operatori internazionali e i professionisti che devono prevedere le tendenze, intercettare i flussi. Luoghi “eccitanti”, rigorosamente e puntualmente in ascesa; se fosse un borsino, sarebbero i titoli emergenti, quelli su cui investire.
Che cosa manca al Nord Est, per stare in un’élite come questa? Niente. Ma proprio niente.
WeFood, questo, lo sa. Sabato 16 e domenica 17 marzo ventuno aziende selezionate del Nord Est apriranno le loro porte ai visitatori per la nuova edizione di questo evento diffuso, un evento verde, goloso, gustoso e saporito.
Promossa da ItalyPost e dal gruppo Nord Est Multimedia (che edita anche questo giornale), WeFood è la più importante manifestazione che celebra le eccellenze enogastronomiche dei territori. Questi luoghi sono stati chiamati Fabbriche del Gusto: racconteranno al pubblico la propria storia, i propri valori. E faranno conoscere la qualità di un Made in Italy che riguarda il palato, l’olfatto, la vista.
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Tutti possono partecipare a WeFood e tutti gli eventi sono a ingresso libero: è solo richiesta, per ragioni organizzative e di sicurezza, la prenotazione alle visite e agli eventi sul sito www.wefood-festival.it, in corrispondenza di ciascuna azienda visitabile.
Ci saranno tre showcooking: Aldo Moro La Cuisine a Montagnana (Pd), Panevin a Feltre e Vitis Lounge Winery ad Arco di Trento. Alcune aziende apriranno agli studenti universitari del progetto Academy con percorsi ed esperienze dedicate, incontri con imprenditori e workshop tematici.
Tra queste L’Antica Quercia, a Scomigo, nella zona Unesco del prosecco. E poi la Distilleria Poli, il laboratorio Amaro San Giuseppe, il museo del Caffè Dersut e la Società Agricola La Fagiana.
Viaggiare in una terra puntando sulle sue storie di cibo è uno dei migliori modi per conoscerla. Su quelle colline, tra i filari di viti, il vino nasce e “impara” ad avere un carattere (i colori, i profumi, la luce). In quel laboratorio sorge un dolce che arriva da lontano e racconta una storia di amore e di famiglia, talvolta di sofferenza o di impegno. E l’olio, il riso, l’aceto, la pasta, la ricetta di secoli fa, l’innovazione di domani. Incontri le persone che “fanno” questi tesori ed entri a contatto con la loro passione, il loro sacrificio, le loro idee, le loro sfide.
Viaggiare in base al cibo è un’idea che accomuna il 61% dei vacanzieri. Ce l’hanno in testa in sei su dieci! E non è difficile da credere: pensiamo a noi, quando ci spostiamo; pensiamo a quali direttrici seguiamo. Quella percentuale l’ha individuata il gigante delle prenotazioni alberghiere, booking.com, con un’indagine condotta su 50mila viaggiatori in tutto il mondo.
E sapete quali destinazioni emergono? Di nuovo, sono sorprendenti. Alcuni esempi: Ipoh (Malesia), (Taiwan), João Pessoa (Brasile), Ho Chi Minh, (Vietnam), Sarajevo (Bosnia ed Erzegovina), Colmar (Francia), Lima (Perù), Catania (Italia), Belgrado (Serbia).
Intanto la World Food Travel Association (Ong di Portland, tra le principali autorità del settore) ha predisposto 5 profili-tipo (in gergo, personas) del turista per il cibo: l’avventuriero, l’autentico, il risparmioso, l’eclettico, il gourmet, l’innovativo, il localista-principiante, l’amante del biologico, il trendsetter e il vegetariano. Vi riconoscete in qualcuna di queste etichette?
Beh... praticamente ci siamo tutti. Certo chi si muove per il cibo – e quindi chi sarà dei nostri nelle cantine, nei laboratori, nelle acetaie, nei frantoi e nelle aziende agricole di WeFood – è una persona curiosa e di buon livello culturale, ha una maggiore propensione a spendere rispetto ad altri tipi di viaggiatori, si informa, pianifica e prepara il viaggio attraverso i canali informativi di sua fiducia (giornali e web). Spesso, durante il viaggio, preferisce non isolarsi, cercare un contatto con chi non è lì; e quindi racconta la sua scoperta sui social.
Insomma, un testimonial perfetto per chi produce le eccellenze enogastronomiche; altro che gli influencer, altro che i famosi. Un rapporto Isnart Unioncamere indica che il 13,1% dei consumatori-viaggiatori partecipa a degustazioni di prodotti enogastronomici locali, l’8, 6% quei prodotti poi li acquista e il 6,6% prende parte a eventi speciali, come le lezioni di cucina.
Quindi questa storia del mettersi in moto per bere o mangiare è allo stesso tempo un istinto e una ragione. È un business ma anche una suggestione. C’è chi studia questi fenomeni, chi li interpreta e chi li preconizza. C’è chi lavora per un anno per essere pronto ad accogliere i visitatori di WeFood. E c’è chi viaggia, per parteciparvi. Tutto questo, per due giorni, è destinato a convergere. È la necessaria emozione di un incontro.