foto da Quotidiani locali
TRIESTE Che ci fanno due ucraini, un napoletano, uno sloveno, un marchigiano e quattro triestini nel salotto buono della città? Parlano, sorridono, discutono. Rivivono i momenti che li hanno accomunati fino a poche settimane fa, quando erano a oltre cinquemila chilometri di distanza da dove sono riuniti ora.
Il più giovane è nato nel 2004. La più esperta è del 1952. Nei loro occhi, nelle loro menti, immagini diverse. Chi pensa ai propri cari bombardati dalle truppe russe. Chi sta ancora elaborando il lutto per la prematura scomparsa della mamma. Chi ha contribuito al pass olimpico delle rispettive nazionali ma non ha ancora la certezza di essere tra i protagonisti di Parigi. Chi maledice quella improvvida mononucleosi che potrebbe gettare il grande sogno olimpico.
Ambizione, carisma, e tanta fisicità accomunano gli atleti iridati della Triestina Nuoto Samer & Co. Shipping e della Pallanuoto Trieste che ieri pomeriggio si sono ritrovati al Caffè degli Specchi – assieme ai rispettivi tecnici – dopo aver preso parte ai recenti campionati Mondiali acquatici di Doha.
Ospite speciale la triestina Nicole Belsasso, tecnico federale responsabile dei tuffi dalle grandi altezze, attenta soprattutto a coccolarsi i più giovani della covata, quell’Andrea Barnaba e quella Elisa Cosetti che in Qatar si sono piazzati nella top ten globale, confermandosi le promesse future (ma di un futuro decisamente non troppo lontano) dello sport alabardato.
«Mi lancio da 27 metri, sì. Cosa provo? Sarei bugiardo a dire che non ho paura. Anzi. Non sono un incosciente. Alla fine prevale la consapevolezza, mista a coraggio. Ora sto provando due nuove tuffi. Un quadruplo ritornato carpiato con mezzo avvitamento», racconta Barnaba che a giugno compirà 20 anni. Viso sbarbato, cucciolo di leone. Così come giovane, giovanissima, è Elisa Cosetti, di soli due anni più grande.
Elisa è tornata da Doha con la pesantezza nel cuore. Nulla a che fare con lo sport: «La mazzata della scomparsa di mia mamma sta arrivando adesso. Prima sono riuscita a concentrarmi sui Mondiali che mi hanno un po’ distolto la mente su quanto accaduto. Lo sport aiuta in questo. Lorella è stata e sarà per sempre la mamma migliore del mondo: sono sicura che mentre ero su quella piattaforma alta 20 metri lei era lì, orgogliosa, a fare il tifo per me».
Nella competizione mozzafiato dell’high diving, c’era anche un altro alabardato, made in Ucraina, però. Quell’Oleksij Prygorov che a Pechino 2008 si intascò un oro nel sincro dei tuffi “normali”, da 3 metri.
La sua Charchiv da tanti mesi è teatro di guerra. Così come Zaporizhzhia, la grande città posizionata sul Dnepr che ha dato i natali a Lyubov Barsukova, l’allenatrice che in carriera ha portato a medaglia decine di atleti, gli ultimi Lorenzo Marsaglia e Giovanni Tocci, argento nel sincro maschile 3 metri.
«Con Oleksij non parliamo mai della guerra, tanto a cosa servirebbe? Mesi fa la mia casa è stata sfiorata da una bomba. Ho tanti amici che vivono lì. Non vedo quando potrebbe arrivare la parola fine su questo conflitto: nessuno avrebbe mai pensato si potesse arrivare a tanto».
Peter John Stevens la guerra non l’ha conosciuta. Quando nacque, il primo giugno del 1995, la sua Slovenia era già indipendente da quattro anni. Una battaglia il colosso dell’Alta Carniola, figlio di ballerini professionisti, l’ha dovuta combattere. L’avversario? Infido.
«Ho preso la mononucleosi durante la preparazione per Doha, seguita da un’influenza intestinale fortissima tanto da finire ricoverato all’ospedale di Lubiana. Ho perso oltre 8 kg. Dopo oltre un mese di stop ho davvero temuto di non riuscire nemmeno a partecipare ai Mondiali. Poi mi sono rimesso in sesto ma non sono ancora sicuro di andare alle Olimpiadi».
Il suo tecnico, il partenopeo Davide Rummolo, bronzo a Sidney 2000 nei 200 m rana, è ottimista: «Gli Europei di giugno ci diranno chi andrà ai Giochi. Noi ci crediamo. Peter se lo merita».
Tuffatori. Nuotatori. Ma i dubbi attanagliano anche i pallanotisti. Entrambi protagonisti nel contribuire a portare le rispettive nazionali a Parigi. Un traguardo raggiunto con tanta fatica. Ma ora, saranno convocati a rappresentare l’Italia? L’orgoglio mondiale della Pallanuoto Trieste, al femminile, ha un nome: Lucrezia Lys Cergol, bellezza acqua e sapone, l’unica ad essere già rientrata in acqua a competere: «Sarà una stagione ancora molto lunga. Campionato, Coppa Italia, Euro Cup. E poi ci sono le Olimpiadi. Io spero di esserci col Setterosa. Non voglio perdere questa opportunità».
Infine c’è lui. Il centroboa di Fermo. Triestino dalla scorsa estate. L’unico di tutti questi super atleti ad essere tornato con una medaglia al collo. Un brillante argento. Luca Marziali: «Non lo nascondo, brucia ancora. L’oro era proprio lì... Ora pensiamo all’A1. Servirà dare il massimo per essere convocato col Settebello nella manifestazione più bella di tutte. Come mi trovo a Trieste? La adoro. Amo la sua vitalità».