Visionario e geniale, con quella attitudine tutta sua di riuscire a vedere, immaginare e anticipare la scuola del futuro.
La scomparsa del professor Riccardo Freddi, per ventisette anni preside dell’istituto superiore Enrico Fermi, ha suscitato profondo cordoglio nel mondo della scuola tra colleghi ed ex studenti.
L’ex preside aveva 85 anni e viveva a Mantova. Prima insegnate di chimica generale e poi dirigente scolastico, aveva contributo alla nascita dell’istituto Fermi, tanto che fu proprio lui a scegliere il nome.
«Con il professor Riccardo Freddi - commenta Marianna Pavesi, attuale dirigente dell’Is Enrico Fermi - ci lascia una parte importante dell'istituto Fermi: un preside, allora erano davvero presidi, visionario, dotato di capacità di guardare al futuro, di anticipare le sfide educative e adottare approcci innovativi per affrontarle. La sua gestione ha ispirato insegnanti, studenti e genitori ad abbracciare il cambiamento e a perseguire obiettivi più ambiziosi. È grazie a lui se il Fermi è diventato un riferimento per l'istruzione e le imprese del territorio. A lui si devono gli indirizzi dell'istituto tecnico, grazie alla sua intuizione è nato il liceo tecnologico, ora diventato liceo delle scienze applicate. Conosceva tutti i suoi docenti e praticamente tutti gli alunni, sapeva guardare il particolare e la complessità, senza mai dimenticare nulla. Ancora alcuni luoghi della scuola portano il nome da lui scelto come il bar, chiamato Fort Apache, e il reparto uffici detto Galleria degli Uffizi. Tutto il personale dell'istituto si stringe alla famiglia in questo doloroso momento».
Anche la professoressa Cristina Bonaglia, ex preside del Fermi, lo ricorda con stima e affetto: «Gli dobbiamo tutti molto. Io sono stata preside dopo di lui e siamo tutti partiti dal suo lavoro. Era davvero un grande visionario, era avanti almeno trent’anni e aveva suddiviso gli spazi della scuola secondo la didattica, un’organizzazione che in Italia sarebbe arrivata molti anni dopo. In testa aveva la scuola moderna. Di esempi ce ne sarebbero tanti. Tra questi quello di quando negli anni Settanta ideò il prestito dei libri in comodato. Era amato dagli studenti ed era un uomo geniale, anche un po' incompreso per una sua forma di timidezza e riservatezza sociale. Non amava mettersi in mostra e tutti riconoscevano il suo valore, sia come professore e prima come dirigente dopo. Anche in pensione ogni tanto passava e mi dava suggerimenti azzeccati e fuori dai luoghi comuni».
