TRIESTE Durante la seconda guerra mondiale c’era un agente segreto del Soe, lo Special Operations Executive del Primo ministro Winston Churchill, tra i giornalisti corrispondenti da Roma per “Il Piccolo” di Trieste. Si chiamava Alberto Maggi, era originario di Ancona, e almeno fino alla liberazione di Roma, nel giugno del 1944, mandava le sue corrispondenze al quotidiano triestino, che dal settembre 1943 era sotto il controllo diretto dei nazisti che occupavano la città. Ma in realtà Maggi operava per gli Alleati, come risulta dai documenti conservati nei National Archives di Londra e solo da poco desecretati.
Documenti letti e analizzati da Nicoletta Maggi, interprete simultanea e giornalista che lavora a Roma come addetto stampa, che ha potuto ricostruire tutta la vicenda del giornalista-spia del “Piccolo”. Lo spin-off, per così dire, di un’altra ricerca compiuta da Maggi intorno alla figuradi un altro marchgiano agente de Soe, Max Salvadori, nome in codice capitano Sylvester. Fu proprio lui ad arruolare nei servizi di intelligence degli Alleati in corrispondente del “Piccolo” da Roma.
Chi era Alberto Maggi?
«Era un agente che fece parte dell’Operazione WhiteHorse, cavallo bianco, in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale, assieme agli agenti segreti britannici del Soe. Usava un alias, ovvero uno pseudonimo, il nome in codice utilizzato da tutti gli agenti dell’intelligence di Sua Maestà. Il suo era quello di Alberto Gavino, contadino. Il suo vero nome era però appunto Alberto Maggi, di professione giornalista ed era della provincia di Ancona. Più dettagliatamente di Serra San Quirico. Una cittadina amena nell’entroterra marchigiano di poco più di tre mila anime».
Come lo ha trovato?
«I National Archives di Londra solo da poco tempo hanno deciso di desecretare il file personale di Alberto Maggi. In base al documento di quasi 50 pagine, le notizie su Maggi dovevano essere declassificate non prima del 2024. Il governo britannico ne ha anticipato la diffusione».
La sua biografia?
«Era nato il 14 luglio del 1923. Nella sua scheda accanto al nome compare la data del 19 novembre del ‘45. Era già deceduto. Al momento della morte nel 1944 Alberto Maggi aveva soltanto 21 anni. Non aveva nemmeno potuto assaporare la gioia della fine della guerra. Come indirizzo di contatto Alberto Maggi ne dà uno di Roma in via Flaminia, 158. Qui pare si fermasse suo padre Armando che a Roma aveva una società di automobili Fiat al 50%. Subito accanto, la precisazione che Alberto si recava spesso a Serra San Quirico, Ancona. Contatto: presso Luccarini Francesco, (sua madre si chiamava Lucarini Michela, nda)».
Edera giornalista.
«Nei documenti dei National Archives, nella voce relativa all’occupazione c’è la qualifica di journalist, giornalista. Sempre secondo i dcoumenti lavorava al “Piccolo” di Trieste, ma appunto come corrispondente da Roma».
Quando iniziò a lavorare per il Soe?
«Contattò a metà novembre del 1943 il numero uno dello Special Force, lo pseudonimo delle operazioni del Soe in Italia con a capo Roseberry, Munthe e Max Salvadori. Nei documenti si legge che fu reclutato proprio dla tenente Max Salvadori. Iniziò il servizio da agente britannico l’8 dicembre del 1943. Come stipendio base riceveva 5 scellini, 0,25 sterline al giorno. Quando era sul campo 10 scellini, 0,50 sterline al giorno. Alla fine di dicembre del 1943 fa un corso di paracadutismo in un campo aereo vicino a San Vito dei Normanni, in Puglia, a 13 chilomatri ad ovest di Brindisi. Nel gennaio del 1944 è la volta di un addestramento per operazioni di sabotaggio a Castello di Santo Stefano, a Monopoli: Gli inglesi erano maestri in questa arte».
E poi?
«Secondo i documenti desecretati Maggi venne infiltrato alla fine del febbraio del 1944 con nove italiani del Sim (Servizio informazioni militare) tramite un sottomarino italiano nell’area di Pesaro, in quelle che è conosciuta come operazione Advent. Contattò i partigiani ed effettuò operazioni di sabotaggio con successo nel marzo del 1944. Ha lavorato con il Partito Comunista italiano a Roma fino alla Liberazione nel giugno del 1944».
Come andò a finire?
«Fu ucciso in azione da una pattuglia tedesca il 23 o il 24 ottobre del 1944 mentre operava con i partigiani della Brigata Gramsci. Sembra che la pattuglia fosse stata avvertita da una spia del suo arrivo. Così scrive al padre R.T. Hewitt dello Special Force britannico. Fu sepolto al cimitero di Transacqua, a Fiera di Primiero, nella provincia di Trento. Poi fu riconsegnato alla famiglia il 23 settembre del 1945. Al padre Armando Maggi venne donata dal governo britannico una ricompensa di 200 sterline. Fu richiesta una compensazione italiana postuma (infatti gli è stata dedicata una targa a Serra San Quirico) ed una lettera di encomio».