È la storia delle prima impresa sociale italiana, probabilmente perfino la prima al mondo in quest’ambito, nata nella Trieste di Franco Basaglia il 16 dicembre 1972, un anno dopo il suo arrivo alla direzione di quello che all’epoca era a tutti gli effetti un manicomio, un’istituzione totale in cui la maggioranza degli internati non aveva diritti civili né politici. Uomini e donne senza diritti del cui contributo però ci si avvaleva per portare avanti attività utili: era una forma di sfruttamento legalizzato del lavoro altrui, privo di remunerazione economica e di tutela.
Con l’arrivo di Basaglia tutti i rapporti di potere cominciarono a essere messi in discussione: la fondazione della “Cooperativa lavoratori uniti - Clu” è parte essenziale di questo processo. A raccontarla oggi in un documentario dal titolo “50 anni di Clu”, che sarà proiettato in anteprima sabato 20 gennaio al Teatro Miela alle 16 nell’ambito del Trieste Film Festival, è la regista Erika Rossi, insieme al giornalista e autore Massimo Cirri, con cui ha scritto i testi. Nel film, prodotto da Ghirigori, i due autori ripercorrono gli “anni ruggenti” della fondazione della Cooperativa lavoratori uniti, arrivando fino alla Clu dei nostri giorni, che ne raccoglie pienamente l’eredità e le aspettative.
Si parte dunque dal delicato iter burocratico e dal complesso confronto con le istituzioni e il tribunale che consentirono la nascita della cooperativa, un’insolita formazione imprenditoriale che partì come squadra di 28 soci, di cui 16 erano pazienti dell’ospedale psichiatrico, affiancati a un drappello di medici, infermieri, sociologi, psicologi. Furono loro a fare da apripista per le migliaia di imprese sociali che oggi, quotidianamente, riescono a conciliare lavoro, dignità e inclusività.
Nel documentario le voci sono quelle di molti protagonisti e testimoni di quegli anni: Peppe Dell’Acqua, Franco Rotelli, Michele Zanetti, Augusto Debernardi, Giovanna Del Giudice. «Dal primo momento in cui ho preso in mano la camera da presa ho desiderato raccontare ciò che è accaduto a Trieste a partire dagli anni ’70 e fino ai nostri giorni, grazie all’eredità che Basaglia ci ha lasciato», commenta Erika Rossi, già regista di Trieste racconta Basaglia (2009), Il viaggio di Marco Cavallo (2014) e La città che cura (2019).
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«Ma nel racconto - aggiunge la regista - mancava ancora questo importante tassello: la prima cooperativa sociale al mondo, nata proprio a Trieste e che ancora oggi continua a lavorare con lo stesso spirito di un tempo, la volontà di dare una possibilità alle persone che si trovano ai margini della società, perché fragili e meno performative in un mondo che punta fin troppo sulla performance. Perciò, cogliendo l’occasione del cinquantenario della Clu, ho deciso di raccontare una delle realtà più interessanti e meno conosciute nate nel cuore della Trieste di Franco Basaglia». «Non solo 50 anni fa i malati ritrovarono la loro identità in quanto persone – spiega la regista- ma rivendicarono il più sacrosanto dei diritti: quello al lavoro, che è quanto più contribuisce a definire le persone nel consesso sociale».
Cicerone in questa esplorazione composta da tante voci è Massimo Cirri, che nel film incontra non solo molti testimoni della nascita di Clu, ma anche molti soci della Clu di oggi: «È una storia che ci riguarda tutti, in un mondo che non sembra mai considerare gli ultimi come una risorsa - afferma Cirri -. E non è ancora finita: ha protagonisti da conoscere e ascoltare, perché dimostrano che cambiare il mondo è ancora possibile, un po’ alla volta, giorno per giorno». Ma il cinquantenario della Clu non è l’unica ricorrenza di questi ultimi anni: «Raccontare questa vicenda proprio nel 2024, anno in cui si festeggia il centenario della nascita di Franco Basaglia, è per noi tutti particolarmente emozionante», spiega Ivan Brajnik, presidente della Cooperativa lavoratori uniti, che ha preso parte attiva alla produzione -.
Attraversare cinque decenni come cooperativa sociale, affrontando ogni giorno le regole del mercato, è una sfida complessa, che affrontiamo cercando di valorizzare le potenzialità di ogni socio nel rispetto delle sue fragilità». Per Nicoletta Romeo, direttrice del Trieste Film Festival, «è una gioia poter presentare in anteprima assoluta il nuovo lavoro di Erika Rossi, un’autrice da sempre attenta alla socialità e ai diritti di quell’umanità dolente che popola tutti i suoi documentari dedicati all’universo basagliano».