UDINE. Più di 1.200 operatori delle cooperative sociali sono senza titolo di studio idoneo e i servizi socioeducativi del Friuli Venezia Giulia rischiano di finire gambe all’aria. L’allarme è lanciato da Confcooperative e Legacoop, davanti alla sentenza con cui il Consiglio di Stato ha annullato la delibera introdotta dalla Regione per derogare alla legge Iori, che nel 2017 ha imposto il possesso della laurea triennale in Scienze dell’educazione per lavorare in buona parte delle attività svolte dalle cooperative per conto degli enti pubblici.
E così anche chi ha una laurea in Psicologia e anni di esperienza alle spalle rischia di restare a casa, mentre il settore vive una perenne difficoltà a reperire personale. Chi pagherà più di tutti sono le famiglie che necessitano assistenza.
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Le associazioni di categoria della cooperazione vedono all’orizzonte il rischio di una paralisi dei servizi a vantaggio delle persone disabili, fragili o con difficoltà sociali. La sentenza ha fatto scattare l’immediata irregolarità per chi non dispone del titolo di studio adatto, ma più di metà della categoria non ha ottemperato all’obbligo: il 55% degli oltre 2.200 operatori oggi in servizio lavora infatti senza essere riconosciuto come educatore professionale socio pedagogico.
Nel 2017 la norma nazionale aveva previsto un periodo di transizione, concedendo di mettersi in regola con la frequenza di un corso universitario annuale, ma il regime straordinario è finito e serve la laurea triennale, conseguibile sia a Trieste che a Udine. Un caveat che vale anche per chi è entrato nella cooperazione molti anni fa, quando la qualifica non era richiesta.
Una pezza aveva provato a metterla l’assessore alle Politiche sociali Riccardo Riccardi, portando in approvazione una delibera che consentiva di derogare alla legge e continuare a far lavorare gli educatori non in regola, indispensabili per mandare avanti servizi fondamentali come l’accompagnamento di persone disabili, la gestione di comunità, il supporto alla residenzialità, i doposcuola e l’assistenza a famiglie seguite dai servizi sociali.
La decisione presa dalla Regione è stata impugnata ed è ora arrivata alla bocciatura definitiva del Consiglio di Stato. «Eravamo intervenuti – dice Riccardi – per consentire al sistema della cooperazione sociale di proseguire il lavoro prezioso che sta facendo. Valuteremo tutte le strade possibili ben consapevoli dell’impatto di tutto questo».
«Serve una soluzione urgente», scrivono in una nota Luca Fontana e Paolo Felice, presidenti regionali rispettivamente di Federsolidarietà (Confcooperative) e Legacoopsociali, che parlano di rischio di «paralisi completa, con la concreta possibilità che i servizi erogati a migliaia di famiglie non possano più essere garantiti». Fontana e Felice evidenziano che la richiesta di un titolo specifico ha «aggravato la carenza di figure professionali», imponendo un nuovo percorso di studio a «educatori che spesso da moltissimi anni svolgevano la professione con riconosciuta competenza».
Confcooperative e Legacoop definiscono «la situazione drammatica. L’aggiornamento professionale è un obiettivo condivisibile, ma tempi e modalità sono assolutamente non realistici e rischiano di portare al blocco di servizi essenziali, dalle comunità per minori, alla presa in carico di persone con disabilità, agli interventi socioeducativi rivolti a minori e famiglie in situazione di disagio».
La presidente della coop Duemilauno agenzia sociale Barbara Medeot dice di aver «investito prima della legge Iori su figure con lauree in Psicologia, Scienze dell’educazione e Scienze del servizio sociale. Dopo la legge abbiamo erogato un contributo all’iscrizione per il corso di aggiornamento universitario per il conseguimento della qualifica di educatore professionale socio pedagogico. Ora in molti servizi la sentenza ci impone soltanto laureati in Scienze dell’educazione o con il corso di qualificazione, ma queste figure sul mercato non si trovano. Cerchiamo anche fuori regione, ma i numeri dei neolaureati sono troppo piccoli per una realtà come la nostra, che ha 800 operatori in tutta la regione. La situazione andrà tutta a scapito degli utenti».
La cooperativa Lybra presieduta da Cristiano Cozzolino opera fra Trieste e l’Isontino, erogando per conto dei Comuni servizi educativi per disabili, minori in difficoltà e adulti in condizioni sociali complesse: «Nel ramo educativo – dice Cozzolino – lavorano una settantina di soci, metà a rischio espulsione perché senza requisiti. I Comuni non ci stanno chiedendo l’applicazione della normativa, perché le coop sono uno strumento per erogare servizi pubblici».
La legge «restringe al massimo i profili cui possiamo ricorrere: l’effetto è non avere personale perché i neolaureati non sono sufficienti e molti dei nostri operatori, laureati in materie equivalenti, non se la sono sentita di investire tempo e danaro in un’altra laurea. Non sono sfaticati: possibile che uno psicologo con esperienza non possa continuare a fare il lavoro che svolge da anni ottimamente?».