MONFALCONE. Una manifestazione connotata da «obiettivi illegittimi». Così il sindaco Anna Cisint definisce il corteo che i centri culturali islamici di via Duca d’Aosta e via Don Fanin hanno deciso di organizzare in centro città sabato, all’antivigilia di Natale, in seguito all’ordinanza dirigenziale con cui il Comune ha chiesto di ripristinare l’originaria destinazione d’uso delle strutture, impiegate per la preghiera, che ora non vi si tiene più. «Obiettivi illegittimi perché si vuole contestare al sindaco il fatto di aver applicato quei principi di legalità e sicurezza pubblica – spiega Cisint – che hanno obbligato alla chiusura di due centri islamici che operavano al di fuori delle norme vigenti che in Italia devono essere applicate nei confronti di tutti i cittadini».
Se si è trattato di una prevaricazione, come mai, si chiede il sindaco, ancora nessuna impugnazione con richiesta di sospensiva al Tar, lo strumento offerto dalla legge italiana per far valere i propri diritti? Cisint, insomma, ribadisce di aver agito, con la propria amministrazione, in difesa della libertà, quella resa possibile proprio dal rispetto delle regole, «come sosteneva il pensatore illuminista Montesquieu», rispedendo al mittente «i preconcetti assurdi di razzismo» alimentati nei suoi confronti «da chi la vuole denigrare». In ballo, secondo Cisint, sabato non ci sono “principi di solidarietà”, ma la «manipolazione e strumentalizzazione politica», da parte di chi sta portando avanti l’iniziativa, come afferma il sindaco, «di chi vuole imporci modelli di integralismo, carichi delle peggiori sopraffazioni sulle donne».
Quella di sabato viene intanto definita «una grande manifestazione antirazzista e per dire che Monfalcone è una comunità aperta e solidale» dalla capogruppo de La Sinistra Cristiana Morsolin, non nascondendo, comunque, come l’iniziativa stia creando delle preoccupazioni. «Credo che chi ha un ruolo politico debba cercare di stemperare i toni – afferma Morsolin –. Chiediamo alla sindaca di convocare le comunità e di cercare a trovare una soluzione condivisa per permettere alla comunità musulmana di poter pregare tranquillamente a Monfalcone come si è sempre fatto da più di vent’anni a questa parte». L’operato del sindaco Cisint viene stigmatizzato, anche nell’ultima riunione della segreteria cittadina, pure dal Pd monfalconese che, però, sull’appuntamento di sabato non si sbilancia. Al netto del chiaro invito a partecipare lanciato dal consigliere comunale dem Sani Bhuiyan.
Insomma, un quadro complesso rispetto agli obiettivi. L’ex sindaco socialista Luigi Blasig e il già sottosegretario democristiano al Turismo Luciano Rebulla, ad esempio, hanno sentito da parte loro l’esigenza di farsi interpreti delle «difficoltà di tanti monfalconesi di fronte a quella che è stata una vera e propria invasione di persone venute da lontano». Blasig e Rebulla credono, quindi, che «vada continuata da parte dell’amministrazione comunale l’azione di pressante richiesta nei confronti del governo nazionale e di Fincantieri per la ricerca di alternative all’utilizzo del subappalto privilegiando le assunzioni dirette».
«Tuttavia al superamento di questa situazione di disagio debbono contribuire anche i nuovi venuti – aggiungono –, comprendendo che vi sono regole che chi è ospite e aspira a diventare cittadino deve rispettare». All’amministrazione si chiede d’altra parte di affrontare il problema «con razionalità e visione del futuro». «E il futuro non può che essere la convivenza tra due identità – sottolineano Blasig e Rebulla – in cui chi arriva da fuori avrà tutto il rispetto che merita se accetta i valori che sono alla base della nostra Costituzione e rispetta le nostre leggi, libero di professare la propria fede». L’invito è quello di andare al dialogo e trovare una soluzione magari attraverso una variante al Piano regolatore comunale. Il tam tam sulla manifestazione di sabato viaggia intanto nel mondo del lavoro, in particolare quello dell’indotto Fincantieri. Il sindacato autonomo SlaiProlCobas ha diffuso il volantino dell’evento, pur escludendo una partecipazione diretta, non potendo esservi con le sue bandiere.
