Partiamo da un presupposto: che sia Temu o che sia Shein, si tratta della stessa tipologia di applicazione e della stessa tipologia di mondo. Il fast fashion portato agli estremi, con prezzi stracciati che sarà qualcun altro a pagare al posto nostro (a partire dallo sfruttamento sui lavoratori di Temu e dal brand washing di Shein fatto per mettere a tacere le notizie sullo sfruttamento dei lavoratori). Il punto, nella lotta tra Temu e Shein, è proprio questo: capire che non ha senso parteggiare né per l’una né per l’altra, dovendo invece comprendere appieno quali meccanismi ci sono dietro questa tipologia di business. Meccanismi che, come emerge da un recente report svizzero dell’Associazione svizzera del giocattolo, contemplano anche la vendita di giocattoli non sicuri. E non solo di quelli. Facciamo una panoramica dei prodotti Temu e Shein che, come è logico che sia, spesso non solo solo di scarsa qualità ma sono anche dannosi per le persone e per l’ambiente.
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L’Associazione svizzera del giocattolo ha pubblicato un report che dà conto di una serie di test effettuati su giocattoli comprati per i bambini su Temu e Shein. Si tratta di diciotto prodotti che, secondo la ricerca commissionata dall’associazione, si sono rivelati non sicuri secondo le leggi svizzero e ben quindici di questi non dovrebbero essere commercializzabili nel Paese, venendo poi ritirati dall’autorità competente, poiché non conformi agli standard di sicurezza. Questi prodotti sono potuti entrare nelle case degli svizzeri perché, attualmente, è consentita l’importazione diretta dall’estero di prodotti non conformi alla legge. A tal proposito, l’ufficio federale competente punta a far approvare una nuova legge a partire da un regolamento dell’Ue per evitare che questi giocattoli – definiti come anche molto pericolosi, talvolta – giungano indisturbati dal mercato cinese.
Di che tipologia di prodotti si tratta? Tra gli altri, c’è un tappetino per bambini che emana un forte odore di solvente giudicato non commercializzabile in Svizzera poiché presenta l’apposizione di un falso marchio CE (il quale attesta che il prodotto è stato valutato dal produttore, il quale ha ritenuto che rispetti i requisiti previsti dall’UE in materia di sicurezza, salute e tutela dell’ambiente). «Durante la prova di trazione, uno degli occhi è stato rimosso con una semplice trazione – ha scritto l’associazione rendendo conto dei testi -. A causa delle sue dimensioni, questo occhio è una piccola parte che i bambini piccoli possono ingoiare e può quindi rappresentare un pericolo di soffocamento».
Già nel 2019 l’associazione ha effettuato test su giocattoli presi su Aliexpress e Wish e, anche all’epoca, i risultati furono allarmanti. Risultati nel contesto in cui, sul mercato svizzero, sono state importate merci provenienti da questi due marketplace cinesi per un valore stimato di un miliardi di franchi svizzeri. Sandro Küng dell’ufficio SVS (sigla che fa riferimento all’associazione) ha commentato i risultati di queste ricerche: considerato che nel 2023 Temu è stata l’applicazione più scaricata sia su Android che su iOS per mesi, «questo suggerisce che nel 2023 saranno importate molte più merci direttamente dalla Cina attraverso i marketplace online rispetto al 2019. Non si tratta più di un canale di nicchia. Si tratta di una marea di prodotti pericolosi che arrivano qui, molti dei quali a contatto con l’uomo, come tessuti, gioielli, giocattoli, cover per cellulari e cuffie, dove le tossine possono avere un effetto particolarmente tossico».
I colossi hanno reagito in maniera differente alle accuse mosse. Temu, che è molto giovane e in fase di crescita – e che quindi conta molto sulla viralità del suo utilizzo, oggi, dovendo prestare parecchia attenzione a non farsi stroncare – ha promesso di fare meglio. Shein, dal canto suo – contando anche su una nomea ben consolidata negli anni ed essendo in una fase ben diversa rispetto a Temu – sembra non essersi dimostrato consapevole della gamma di prodotti offerta.
Scendendo nello specifico, Temu ha fatto sapere – tramite un’agenzia di pubbliche relazioni di Berlino – di stare prendendo seriamente i risultati del test e di stare prendendo i provvedimenti del caso. Il direttore delle relazioni governative di Shein in Europa, invece, ha inviato una e-mail a SVS arrivando a mettere in dubbio che i sette giocattoli provenienti da Shein oggetto del test fossero effettivamente stati comprati sulla piattaforma. Una volta fornito il numero dell’ordine all’ufficio legale di Shein, con gli avvocati immediatamente coinvolti da ambedue le parti, Shein non ha potuto continuare a mettere in discussione i giocattoli su cui sono stati effettuati i test.
Alla fine dello scorso anno Greenpeace ha pubblicato un rapporto sugli abiti venduti su Shein rilevando come si tratti di indumenti «inquinati da sostanze chimiche pericolose, anche oltre i livelli consentiti in Ue». L’indagine è stata condotta dalla divisione tedesca della ong ambientalista su quaranasette prodotti acquistati sulla piattaforma in Italia, Germania, Spagna, Austria e Svizzera. Il risultato? Sono state rilevate, nel 15% del totale, quantità di sostanze chimiche pericolose superiori ai livelli consentiti dalle leggi europee tali da poter ritenere illegali quei prodotti. Nel 32% le concentrazioni di queste sostanze sono state qualificate a livelli comunque preoccupanti.
Si tratta di dati che devono spingerci a riflettere sia sul rischio per la salute umana (giocattoli e vestiti sono oggetti che entrano a strettissimo contatto con le persone, soprattutto coloro che lavorano per produrre queste merci) e per l’ambiente.
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