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Il Nord Est e la A4, la trappola quotidiana dei cantieri lumaca: rischio 2030

In testa al corteo c’era la statua della Madonna, con quattro portantini. Subito dietro parroco, sindaco, duecento persone tra residenti, pendolari, parenti delle vittime. Era il 9 settembre di quest’anno e ormai è diventata una tradizione: la messa al casello di Cessalto dell’A4, tutti in preghiera per le vittime di quel tratto maledetto su cui ha perso la vita, ultimo in ordine di tempo, un camionista croato di 23 anni, mercoledì sera, e dove gli incidenti sono all’ordine del giorno (altri due ieri, 582 da inizio anno, 5 mortali, ma furono 14 nel 2022).

Quella processione, cronoprogramma dalla mano, rischia di diventare un appuntamento fisso anche in futuro, perché i tempi per il completamento delle opere – prima i nuovi cavalcavia, poi l’agognata terza corsia nel tratto San Donà-Portogruaro – non si annunciano brevi. L’ipotesi migliore è il 2027, quella peggiore il 2030.

«Riconsegno la fascia tricolore al prefetto»

«I lavori sono partiti ma è un continuo ritardo» attacca il sindaco di Cessalto, Emanuele Crosato, «sono stati sbloccati, ma bisogna rifare dieci cavalcavia di cui cinque nel nostro Comune, sarà la paralisi».

Crosato non fa professione di ottimismo: «Ci vorranno tre o quattro anni solo per i ponti, poi si partirà con il sedime autostradale, passeranno altri due o tre anni. Se va bene, arriviamo al 2030.

Come sindaco scriverò al prefetto, perché ho bisogno di aiuto e di fondi per gestire infrastrutture e viabilità, altrimenti sono disponibile a riconsegnare la fascia tricolore. Non ho intenzione di fare solo il commissario, se le condizioni sono queste meglio che ci sia un commissario “vero”, non posso continuare a gestire un’emergenza diventata ordinaria».

Non riconsegnerà la fascia Gianluca Falcomer, sindaco di Cinto Caomaggiore, presidente della Conferenza dei 22 sindaci del Veneto Orientale. Ma per il resto non ha posizioni troppo distanti da Crosato: «A noi hanno detto fine lavori 2026, ma mi rendo conto che si sono messi in mezzo l’aumento dei prezzi, la crisi dei materiali e tutto quello che sta capitando in questo periodo. Paghiamo scelte fatte dieci anni fa.

A gennaio faremo un check assieme agli altri sindaci. Vedremo lo stato dei lavori, inviteremo l’amministratrice unica di Autostrade Alto Adriatico, faremo dei ragionamenti su come sta andando. Il tema sicurezza, da garantire anche durante il cantiere, verrà discusso con il nuovo prefetto di Venezia».

Le aziende: «Evitate quel tratto»

Un’emergenza “ordinaria”, per riprendere Crosato, fatta di vite e storie. Di chi muore sull’asfalto di un tratto maledetto, di chi trascorre le ore in coda, di chi ci passa tutti i giorni e di chi ha ordinato ai dipendenti di non passarci mai. Lo racconta Mario Pozza, presidente Camera di Commercio Treviso-Belluno: «Conosco aziende che obbligano gli autisti a uscire a San Donà. I titolari dicono ai dipendenti di pensare alla sicurezza e alla famiglia. Tutto questo è inaccettabile in un territorio che fa dell’industria la sua vocazione.

La logica, negli anni scorsi, era: fatto il Passante di Mestre, si prosegue con la terza corsia. Invece no, un tratto fino a San Donà, e poi basta. Purtroppo, questa autostrada per il 70% è in Veneto ma per il 70% è controllata dalla Regione Friuli. Fine lavori 2030? Non scherziamo, quanti morti ancora devono passare?».

«Io devo passarci tutti i giorni e ho paura»

L’area è strategica e le aziende lo sanno. Hanno investito su Cessalto gruppi come Sme, Db Group, Ondulkart. La zona industriale è tagliata in due dall’autostrada, esiste un mini distretto degli scatolifici e il tema dell’A4 è una delle priorità di tutti gli imprenditori dell’area.

Valter De Bortoli, vice presidente di Db Group e consigliere di Confindustria, su Cessalto ha investito, con un magazzino di 20 mila metri quadrati acquistato lo scorso giugno: «Siamo convinti che il sito sia importante per gli snodi verso l’Est Europa. È strategico, e abbiamo deciso di investirci. Ma ogni volta che sento la radio, c’è un problema in quell’area. I lavori servono as soon as possible, come dicono gli inglesi, il 2030 mi sembra lontano, bisogna forzare per avere qualcosa in cambio dalla politica o dal ministero delle Infrastrutture. Ogni giorno ci sono incidenti, e quasi sempre sono mortali».

Li vede con i propri occhi Danilo Vendrame, presidente gruppo autotrasporti Confartigianato Marca Trevigiana, trasportatore di gasolio. Anni fa - era il 2008 - aveva addirittura chiesto il sequestro dell’A4.

Oggi si accontenterebbe, si fa per dire, di una migliore segnaletica orizzontale: «Ho dato dei suggerimenti, non mi hanno ascoltato. Basterebbero degli “occhi di gatto” sull’asfalto che permettano di mantenere la distanza di sicurezza. Mi hanno detto che bisognerebbe chiedere a Roma. Va bene, ma fate qualcosa: io lì ci passo tutti i giorni, e ho paura».

(Andrea De Polo)

***

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LAVORI INFINITI

Progetto che ha 24 anni e finirà nel 2030. Forse

Sono passati 13 anni dalla posa della prima pietra e nel corso dell’inverno la terza corsia della A4 sarà completata per 60 chilometri, poco meno di due terzi del progetto originario di 95 chilometri da Quarto d’Altino a Villesse.

Ne passeranno altri quattro di anni, così dice il cronoprogramma, per aggiungere i 24 chilometri da Portogruaro a San Donà. Ma a quel punto non sarà finita, perché mancheranno gli 11 tra il nodo di Palmanova e Villesse, «tratto che era e resta nel piano, come la ristrutturazione della barriera Trieste Lisert», ha dichiarato il presidente di Società Autostrade Alto Adriatico Gabriele Fava, ma senza che ci sia, al momento, una previsione di fine lavori.

Chi gestisce i lavori

La terza corsia spunta nel piano finanziario 1999 di Autovie Venete, società oggi in liquidazione cui è subentrata, da luglio, Società Autostrade Alto Adriatico, la soluzione in house inedita in Italia (partecipazione del Friuli Venezia Giulia per il 90,5% e del Veneto per il 9,5%) che, con Massimiliano Fedriga presidente della regione Friuli venezia Giulia, ha consentito di aggirare i paletti della normativa comunitaria e rinnovare la concessione.

Il rischio è che a trent’anni da quella data e a una ventina dall’inizio lavori (dicembre 2010), l’opera non sia conclusa, non almeno per tutti i km previsti quando i governatori erano Renzo Tondo e Luca Zaia (sì, già lui), e gli assessori ai Trasporti Riccardo Riccardi e Renato Chisso.

A ricordare che fu il drammatico incidente dell’agosto 2008 a Cessalto (sette morti per il salto corsia di un tir) ad aprire le porte allo stato di emergenza, ma anche a prendere atto che si perde ancora la vita sulla Trieste-Venezia (per quanto la vittima di mercoledì sia la prima di quest’anno nel tratto non completato, in un contesto in cui i mortali si sono ridotti rispetto al 2022 da 14 a 5 pur con 2 milioni e mezzo di transiti in più), c’è da chiedersi se ci sia voluto troppo tempo, e altro ce ne vorrà, per allargare la carreggiata. Tanto più ricordando che il primo cronoprogramma parlava di una chiusura lavori nel 2015.

Aumentare le tariffe o nuovi contributi

«L’infrastruttura è strategica per il Paese – commenta Fedriga, commissario straordinario – e con la prossima consegna lavori saranno 40 i chilometri realizzati in soli tre anni, nonostante pandemia e caro prezzi. Tempi storicamente lunghi? Altre opere inizieranno senza soluzione di continuità nei prossimi mesi per rendere più sicura questa arteria».

Certo, il cantiere diventato infinito della A4 è stato segnato da ripetuti ostacoli. Burocratici, finanziari, congiunturali. A pagarne le spese, letteralmente, un utente che dal 2011 al 2014 viene usato come un bancomat (le tariffe in quel periodo aumentarono mediamente del 35%), prima di una lunga stagione di prezzi stabili.

La storia racconta poi di un cronoprogramma e di piani economici più volte modificati. Con Maurizio Castagna presidente, Autovie ha concretizzato l’operazione sub lotti, privilegiando la parte friulana, visto che in Veneto il bypass A27/A28 può essere utilizzato in caso di elevato traffico o incidenti.

Senza dimenticare l’inchiesta della Procura di Venezia di una decina di anni fa, le ditte fallite e il fatto che i tempi si sono allungati per le complesse interlocuzioni con il ministero causa concessione scaduta nel 2017, le risorse rimangono il problema principale.

Causa ricavi persi negli anni della pandemia (50 milioni in meno nel 2020) e il rialzo dei prezzi dei materiali effetto del conflitto in Ucraina, i costi sono già decollati di 200 milioni (da 1 miliardo a 1,2) e il presidente Fava ha ricordato che per il solo tratto tra Portogruaro e San Donà la stima è salita a 800 milioni, a cui si devono aggiungere i soldi in più per il nuovo casello di San Stino.

E dunque, ancora Fava, «la tensione finanziaria derivante dal rilevante incremento dei prezzi imporrà il riequilibrio del piano economico finanziario della nuova concessionaria, predisposto nel primo semestre del 2021, presupposto necessario per poter completare tutte le opere in esso previste. Per il riequilibrio del piano o le tariffe aumentano oppure bisogna accedere a contributi, pena il ritardo delle opere». —

(Marco Ballico)

***

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L’IMPRENDITRICE

Paola Carron: «Treni e strade, siamo in ritardo»

«Siamo in ritardo sull’ammodernamento del sistema ferroviario e di conseguenza le strade sono troppo trafficate. Questo si trasforma in un grave danno economico per un territorio, come quello del Nord Est, fortemente vocato all’export».

Paola Carron, imprenditrice e vicepresidente di Confindustria Veneto Est delegata a Edilizia, territorio e infrastrutture, analizza così l’ennesimo grave incidente stradale accaduto mercoledì a Cessalto lungo l’A4, nel tratto rimasto ancora a due corsie. Una tragedia che è però anche la spia di un problema più ampio e che riguarda l’assenza di infrastrutture adeguate a un sistema economico avanzato.

In quel tratto del Veneto Orientale molti chilometri di autostrada sono ancora a due corsie e la linea ferroviaria Venezia-Trieste, senza alta velocità, non può essere certo considerata un’alternativa.

«Il tessuto delle nostre province è a forte vocazione verso l’export, quindi migliorare viabilità e infrastrutture è assolutamente fondamentale per permettere la crescita dell’economia. La mancanza di un’alternativa su rotaia rende quel tratto di autostrada troppo trafficato. Per cui è necessario alleggerirlo ma potenziandolo nello stesso tempo anche nell’interesse delle imprese».

Cosa chiedono gli imprenditori?

«Per un’azienda è fondamentale essere vicina alle infrastrutture. Per questo accanto alle grandi arterie è necessario realizzare o completare le altre, cosiddette minori, però essenziali alle connessioni interne e internazionali di un territorio tra i più dinamici, ma dipendente da collegamenti veloci».

A cosa si riferisce in particolare?

«Per esempio ai collegamenti a pettine tra i caselli della Pedemontana e le maggiori arterie stradali di collegamento Nord Sud. Sono opere fondamentali e interconnesse per tenere collegati ai corridoi verso il centro e il nord Europa i territori di province ad alta densità produttiva».

La carenza di infrastrutture poi si trasforma anche in un aumento dei costi per le imprese.

«Andando anche a incidere sulla competitività del sistema. Il problema fondamentale è che mancano le risorse e per questo è importante che i fondi a disposizione siano spesi al meglio». —

(Giorgio Barbieri)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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