foto da Quotidiani locali
TRIESTE. Negli ultimi anni alcuni casi giudiziari hanno fatto spettacolo, anche per la popolarità della vittima, basti pensare a quelli che hanno coinvolto Gina Lollobrigida o Lando Buzzanca. Ce n’è un altro che è saltato alla ribalta della cronaca nonostante il protagonista non fosse famoso, grazie all’interesse e ai servizi delle Iene televisive. Si tratta della vicenda del professor Carlo Gilardi, portato via dalla sua abitazione e ricoverato in una struttura contro la sua volontà per proteggerlo da chi avrebbe dovuto assisterlo, un caso complesso che si è trascinato fino alla Corte Europea (Cedu), con la condanna dell’Italia per mancato rispetto della vita privata. Ce ne restituisce luci e ombre il giurista e scrittore Paolo Cendon con “Il caso Gilardi. Secondo la ricostruzione del Tribunale di Lecco” (Key Editore, pagg. 68, euro 12).
Professor Cendon, chi è Carlo Gilardi?
«Un anziano signore che qualche anno fa era stato trasferito in casa di riposo per iniziativa del giudice di Lecco. Giraldi era contrario a questa decisione. Quando Le Iene lo hanno saputo gli hanno dedicato una trasmissione in cui documentavano questo dissenso in modo molto pittoresco».
Infatti la campagna massmediatica ha agevolato l’accusa di una persona violata nella sua libertà. È davvero così?
«In parte è così».
Perché?
«In molti casi perdiamo il controllo di noi stessi. Di solito le ragioni sono patologiche: una componente è l’età, quando avanzata, oppure le malattie psichiatriche, oltre a dipendenze come la droga, l’alcol, la ludopatia o i disturbi alimentari. Ne risulta un campionario di problematiche per cui una persona spesso non fa ciò che dovrebbe fare, anche cose semplici come pagare le bollette o l’affitto. Sta di fatto che non possiamo lasciare un individuo senza acqua o senza casa, bisogna prendere delle decisioni per questa persona, anche contro la sua volontà, per il suo stesso bene. Abbiamo dei doveri verso noi stessi ma anche verso gli altri».
Nel caso Gilardi?
«Si trattava di una persona in origine benestante che, dedita a un estremo francescanesimo, stava regalando tutti i suoi beni a sfruttatori vari e si era ridotta a vivere in condizioni pessime. Basti pensare che i cinque occupanti della sua casa lo facevano dormire nella porcilaia oltre ad averlo costretto a compiere reati».
Lei scrive che è difficilissimo individuare una verità in questi contesti, ma al contempo abbiamo l’impressione che la Corte Europea non abbia tenuto adeguatamente conto dei fatti. Cosa vuole comunicarci?
«Che esiste un dovere di riservatezza che obbliga gli addetti ai lavori a non raccontare tutti i segreti o le fragilità di una persona. Il giudice ne è a conoscenza ma non può diffondere queste informazioni. Quindi quando le Iene hanno attaccato il Tribunale di Lecco, il giudice non poteva raccontare tutta la verità. Se si giudica dall’esterno, guardando solo la tv o leggendo i giornali, non si saprà mai la verità. Nel caso Gilardi, la verità è stata completamente distorta per obiettivi di audience. In più il Tribunale non può intervenire perché ha l’obbligo della discrezione. Non bisogna mai accontentarsi, giudicare da lontano».
La stessa Corte Europea non si è ben documentata.
«Infatti non ha letto tutti i fascicoli».
Quindi che Gilardi sia stato trasferito in casa di cura, che gli siano stati impediti i contatti esterni, è giusto?
«La chiave di volta della sua persona è questo enorme senso di colpa per essere nato ricco. Elargiva soldi a chiunque glieli chiedesse, fino alla sua stessa rovina. A ciò si aggiunga un carattere misogino, asessuato e anaffettivo. Il combinarsi di questi elementi sta alla base di un profilo estremamente narcisistico. I cinque marocchini che lo costringevano nella porcilaia contemporaneamente lo adulavano».
Colpisce che gli organi di controllo e di giustizia non siano riusciti a liberare la sua casa dagli occupanti negli anni successivi, motivo per cui era necessario allontanare Gilardi dalla propria abitazione...
«Va detto che la casa era in pessime condizioni, avrebbero dovuto ristrutturarla e costava molto e prima avrebbero dovuto allontanare gli occupanti. È stato un errore. Gilardi stesso ha contribuito alla situazione, perché il suo senso di colpa, il volersi “salvare l’anima” per la sua ricchezza, ha fatto in modo di allentare le procedure. Un esempio: quando andava dai carabinieri per lamentarsi di come veniva trattato, non voleva al contempo fare una denuncia, mentre continuava a dormire in porcilaia. La Corte Europea non ha letto il fascicolo su questo punto».
Un caso simile a quello Buzzanca e al caso Lollobrigida...
«E al caso Vattimo, il filosofo morto pochi mesi fa. La storia di Vattimo è quella di un filosofo all’antica, che per molto tempo si è vergognato di essere omosessuale. Quindi aveva una doppia vita finché con Simone Caminada è nata una storia più forte. Vattimo non era povero, i suoi libri erano molto tradotti, sta di fatto che consegnava tutti i suoi soldi a Caminada, infine processato per circonvenzione di incapace. Si va sempre a finire lì. Un filo conduttore di tutte queste storie è che ogni volta il badante o l’amante viene regolarmente condannato per questo reato. Questi profittatori fanno sempre due mestieri: l’innamorato e il ladro. Il punto è che le persone sfruttate da questi profili sono sempre sole e ciò porta a comportamenti dominati dalla solitudine. Il terrore della solitudine spiega sempre quello che succede».
Insomma tutti questi casi, da Gilardi a Vattimo sono la somma di due cose: solitudine e avidità.
«Esatto, sul piatto della bilancia ci sono questi due elementi. Prendiamo il caso di Gina Lollobrigida. Anziana, ex bellissima, aveva 10 milioni di euro quando ha iniziato la sua relazione con Andrea Piazzolla e alla fine non aveva neppure i soldi per il dentista. Il suo compagno le ha rubato tutto, denaro, appartamenti, belle macchine, gioielli. Pure lui sta scontando tre anni di prigione con il solito verdetto di circonvenzione di incapace. Lei aveva rotto con il primo e il secondo marito, aveva rotto con il figlio ed era sola».
Ma qual è il profilo di questi manipolatori?
«Questi pescecani hanno un’abilità mostruosa, hanno il fiuto straordinario di cogliere i punti deboli. Se tu hai delle fragilità, dei bisogni, loro riescono a capirli al volo. Lo fanno di mestiere, ti adulano, ti colmano di favori, ti incoraggiano e intanto stringono una energica rete attorno a te, sono dei veri professionisti del crimine con l’obiettivo del denaro. Gilardi stesso veniva adulato dai suoi sciacalli».