Altro che artisti, produttori e arrangiatori: il futuro della musica è la canzone fai da te. Creata naturalmente su misura dall’intelligenza artificiale. Bastano un software, Dream Track, e un algoritmo AI denominato Lyria. L’utente, ovvero ognuno di noi, potrà scegliere lo stile (rap, heavy metal, pop), l’argomento del testo e pure la voce del cantante che lo interpreta (Eminem, Talor Swift o Ed Sheeran). Un paio clic, et voilà, ecco il brano dei sogni comparire sul pc e nello smartphone. Per i nerd musicofili più smaliziati ci sarà anche la chance di «abbellire» la canzone fake, canticchiando sopra una melodia che a seconda dei gusti verrà trasformata in un arrangiamento di fiati, pianoforte e violino. Di fatto non siamo ancora arrivati a questo punto, ma ciò che hanno annunciato nei giorni scorsi i tecnici di Google potrebbe essere il primo passo verso la creazione di miliardi di brani sartoriali, per così dire, che quando saranno in circolazione cambieranno per sempre il volto della scena musicale, con due mercati paralleli: quello dei pezzi reali e dei pezzi fake, che prima o poi confluiranno in un unico schema di business in cui la singola canzone sarà al tempo stesso il prodotto delle creatività umana e delle funzionalità dell’intelligenza artificiale. La fusione, non si quanto perfetta, tra uomo e macchina, ma anche l’ultima rivoluzione nell’arte della musica, che forse più di altre ha subìto l’invasività della tecnologia digitale. Prima Napster, poi il download illegale seguito da quello legale a pagamento, gli abbonamenti alle piattaforme streaming e ora l’intelligenza artificiale. Il tutto accompagnato, in totale controtendenza, da un boom senza precedenti delle vendite di vinili.
Quella delle canzoni su misura create dall’AI, allo stato delle cose, è solo una concreta possibilità. Al di là delle suggestioni e dei titoli a effetto dei media, soltanto una manciata di artisti, tra cui John Legend, Sia e Demi Lovato ha stretto una partnership con Google per creare contenuti musicali di intelligenza artificiale con le loro voci. Un primo step che però indica la direzione della musica negli anni a venire. Bisogna poi tenere conto, e non è un dettaglio, che spesso la velocità dello sviluppo tecnologico entra clamorosamente in rotta di collisione con la tutela del diritto d’autore. Anche perché il cantante di cui vengono clonati lo stile musicale e la voce potrebbe legittimamente chiedere qual è il suo ritorno economico nel grande business delle canzoni fake. Per non parlare delle case discografiche che hanno sotto contratto in esclusiva il cantante o la band clonata.
Tutte questioni a nove zeri che saranno oggetto di trattative e negoziazioni frenetiche da qui ai prossimi cinque anni. In attesa che il mercato delle canzoni finte decolli, nel mondo reale continuano ad andare fortissimo i concerti, esperienze fisiche uniche e irripetibili che a quanto pare non passano di moda: per esserci si fa di tutto e si pagano cifre astronomiche per i biglietti, segno evidente che vivere un’esperienza in prima persona andando in un luogo fisico non è un’ossessione nostalgica da nerd. Basta il numero di un record senza precedenti: sette concerti sold out di Vasco Rossi a San Siro nel giugno 2024. Se però parliamo di musica registrata, il trend del momento è quello delle «canzoni Frankenstein»: attenzione, non sono brani creati da un computer, ma frammenti di musica vera registrati in momenti diversi, ricomposti a posteriori e trasformati in canzone. Il capolavoro del genere è Now and Then, l’ultima canzone inedita dei Beatles. Oggi la ascoltiamo nella sua perfezione armonica e melodica, ma l’origine del tutto era una cassetta a nastro registrata da John Lennon nella sua casa newyorkese alla fine degli anni Settanta. Solo piano e voce. E qui compare Peter Jackson con la sua «Mal Machine», un software utilizzato per il documentario The Beatles Get Back che magicamente permette di separare e isolare la voce e i singoli strumenti, anche se incisi male e su nastri scadenti.
Un gioco di prestigio che consente all’ultima canzone dei Beatles esistente di prendere forma. Sulla voce di Lennon vengono montati la batteria di Ringo Starr, la chitarra di George Harrison e il basso e il pianoforte suonati da Paul McCartney. Ed ecco il capitolo conclusivo dell’epopea dei Fab Four suonare meravigliosamente nelle radio di tutto il mondo. Rispetto all’AI che crea canzoni a comando, questo uso della tecnologia è tutt’altra cosa. Lo hanno dimostrato Colapesce Dimartino fondendo nell’ultimo album (Lux Eterna Beach) le loro voci con quella di Ivan Graziani presente in una poesia scritta e cantata molti anni fa. E poi ancora il duetto virtuale tra Cesare Cremonini e Lucio Dalla, realizzato sovrapponendo la voce di Cremonini a quella del master originale di Stella di mare, storico brano del cantautore bolognese scomparso nel 2012. Sono pezzi di musica che si incontrano nel tempo o anche semplicemente vecchie e rumorose registrazioni, rimasterizzate, restaurate, ripulite e rese accessibili a tutti. È quello che ha fatto Paolo Jannacci, figlio di Enzo, nel recente 33 giri Enzo Jannacci - Qualcosa da ascoltare tra inediti e rarità che contiene il provino artigianale di El portava i scarp del tennis. Anche questa è tecnologia raffinatissima, ma lontana anni luce dalla creazione digitale e impersonale. La canzone Frankestein, assemblata o restaurata utilizza materiale vero, voci vere, strumenti suonati da esseri umani. A volte il rischio è quello di raschiare il fondo del barile della produzione di un artista, ma in altri casi (vedi Now and Then dei Beatles), si riportano alla luce gemme nascoste che meritano di essere ascoltate e godute. Ed è difficile che di queste gemme non ce ne siano negli archivi sterminati di un genio creativo come Prince, che nel corso della sua troppo breve vita ha registrato migliaia di canzoni, molte delle quali mai pubblicate e custodite in qualche caveau. Per chi fosse curioso, le prime quarantasette sono uscite il 27 ottobre nella Super Deluxe Edition dell’album capolavoro Diamonds and Pearls.