Se 50mila anni fa andavamo a farci un giretto in riva al Mincio, per esempio a Rivalta, potevamo fare un incontro abbastanza singolare: incrociare lo sguardo di un tipo poco raccomandabile, il Bison priscus, il bisonte delle steppe (i reperti sono oggi conservati al Palazzo Ducale di Mantova) ovvero un animale di stazza ragguardevole (alto 2 metri al garrese) e con delle corna (apertura un metro e 20 centimetri) che se ti infilzavano erano guai, anche perché nessuno allora conosceva l’arte della tauromachia, nel senso che non esistevano dei matador come Dominguin o Manolete e manco dei banderillero o dei picador aiutanti di Ordóñez o del Cordobés.
A circolare nella zona oggi territorio mantovano, il Bison non l’era l’unica bestia da sfondare la bilancia. Ce n’erano altre, altrettanto gigantesche, non solo bovidi ma anche cervidi, pure loro cornuti, i cui nomi scientifici sono, tanto per dirne un paio, il Cervus elaphus e l’Alces alces.
Alcuni resti di quest’ultimo (2 metri e 10 centimetri al garrese, 500 chili di peso) sono stati ritrovati nelle sabbie delle golene o delle isole del Po, a San Benedetto Po e all’Isola Boschina di Ostiglia, e sono ora conservati a Palazzo d’Arco.
«L’estinzione dei grandi mammiferi erbivori nell’area mantovana avvenne circa 11.700 anni fa» dice il geologo mantovano Fulvio Baraldi, che ha pubblicato sugli Atti della Società dei Naturalisti e Matematici di Modena uno studio su questo aspetto per noi affascinante ma abbastanza inquietante per i nostri progenitori del Pleistocene superiore (da 129mila fino a 11.700 anni fa).
I resti fossili dei grandi erbivori estinti furono trovati nelle colline moreniche a Volta Mantovana, Cavriana e Solferino, nella media pianura a Ceresara, Rodigo, Roverbella, Castelbelforte, Bigarello, Roncoferraro e Castel d’Ario e nelle aree fluviali a Viadana, Dosolo, San Benedetto Po, Moglia, Ostiglia e Sermide. Perché non incontriamo più questi grandi animali per esempio girando a Solferino, a Volta o in pianura o lungo gli argini dei fiumi? Come mai si estinsero?
«La causa delle estinzioni viene ricondotta, attualmente, a due ipotesi principali: predazione eccessiva da parte dei cacciatori umani del Paleolitico, oppure rapidi cambiamenti climatici e di vegetazione durante l’ultima transizione glaciale-interglaciale; probabilmente le due cause agirono insieme» dice Baraldi.
Chi è stato a trovare i fossili? «A partire dalla fine del ’700 e per quasi tutto l’800 - risponde Baraldi - fu operativo dalle nostre parti un consistente gruppo di studiosi di scienze naturali che si dedicarono anche alla ricerca paleontologica».
Tra questi c’erano Luigi d’Arco (1795-1872), Vincenzo Giacometti (1819-1888) e Enrico Paglia (1834-1889). Tra i grandi erbivori abbiamo dimenticato il Megaloceros giganteus, che aveva corna che potevano raggiungere i tre metri e mezzo di ampiezza: il primo studioso mantovano a segnalare il ritrovamento di un fossile di questo cervide fu Giacometti, nel 1881 in Accademia Virgiliana di Mantova.
Il geologo Fulvio Baraldi è accademico virgiliano della Classe di scienze.