Una perizia per stabilire se Sergio De Zen, il pensionato di Maser che, il 24 settembre scorso, accoltellò la moglie inferma Manuela Bittante, 77 anni, morta 24 ore dopo all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso, fosse capace di intendere e volere al momento dell’aggressione.
L’ha disposta il giudice delle indagini preliminari Christian Vettoruzzo, su richiesta dell’avvocato Sabrina Dei Rossi, dopo aver depositato una consulenza del dottor Tiziano Meneghel in base alla quale il pensionato 74enne di Maser al momento del fatto aveva una capacità “grandemente scemata”. Il giudice conferirà l’incarico allo psichiatra bellunese Tullio Franceschini, martedì prossimo alle 13.30.
Non solo. A metà dicembre, invece, nei laboratori dei carabinieri del Ris di Parma, saranno effettuati gli accertamenti tecnici irripetibili sui reperti sequestrati dagli investigatori nelle ore successive alla tragedia. Ossia sui vestiti indossati dal pensionato e dalla moglie e sull’arma, un coltello da cucina, usata durante l’aggressione.
Nel procedimento la figlia della coppia di anziani, Aurora De Zen, è parte offesa assistita dall’avvocato Paolo Pastre.
Ad armare la mano di De Zen, secondo quanto lui stesso ha riferito (e la perizia servirà anche a capire se veramente sia stato così) è stata la disperazione per le condizioni della moglie.
«L’ho fatto per disperazione, mi sono sentito impotente», aveva detto De Zen agli investigatori subito dopo aver aggredito la moglie. La sua vita è cambiata completamente un giorno di metà luglio scorso quando la moglie, Manuela Bittante, 77 anni, era stata colpita da un ictus mentre si trovava in casa. La fortuna ha voluto che l’allarme al 118 fosse subito lanciato. Per due mesi era rimasta ricoverata all’ospedale, seguita dai sanitari. Tutto era filato via liscio. Poi, a metà settembre, la decisione di dimetterla e di mandarla a casa.
Un fulmine a ciel sereno, anche perché nessuno era preparato per un’assistenza che avrebbe richiesto attenzione giorno e notte. «All’ospedale ti salvano la vita ma poi guarda in che stato ti lasciano», aveva sbottato l’ex operaio metalmeccanico in pensione. «Quella non sarebbe stata vita ma soltanto un prolungamento della sofferenza. Manuela non lo meritava».
De Zen era entrato nel carcere di Santa Bona la sera stessa stessa dell’aggressione, con l’accusa di tentato omicidio. Accusa che all’indomani dell’accoltellamento in casa è cambiata in omicidio volontario dopo che la moglie è spirata in un letto del reparto di rianimazione del Ca’ Foncello di Treviso. Da allora De Zen è rinchiuso in carcere. «Non voglio uscire da qui: è una pena che merito», continua a ripetere da allora al suo legale.
