UDINE. Il più grande di sempre: Dino Meneghin, uno degli amici più cari di Cescutti: «Abbiamo giocato insieme a Varese solo per una stagione, io 16enne spaesato, lui già esperto in uno spogliatoio di campioni come Flaborea, Vittori e altri: eppure mi ha sempre dispensato consigli, mai ordini, consigli».
È un’amicizia speciale quella tra SuperDino, 74 anni, e Nino Cescutti. «Certo, mia mamma era di Udine – continua il vincitore, tra l’altro, di 12 scudetti e 7 Coppecampioni – quindi la nostra amicizia è stata facilitata: ci capitava di parlare in udinese». Cescutti giocatore per Meneghin: «Carattere super, grande attaccante con quel contropiede che concludeva con una “svirgolata” ad effetto a canestro che lasciava tutti a bocca aperta. Perdo un grande amico, ci sentivamo spesso, anche l’altro giorno ci eravamo sentiti».
Già il tiro a “effetto”. Lo ricorda benissimo Flavio Pressacco, coach della Snaidero tricolore juniores nel 1976. «Ti mostrava quel tiro e ti chiedevi come riusciva a segnare», spiega l’ex preside della facoltà di Economia e Commercio a Udine. Che ci dà due chicche: «Ero alle medie, ci mandano a vedere gli Studenteschi di atletica al Moretti e assisto all’impresa di questo ragazzone sui 100 metri: era lui. Che rivedo un anno dopo al Marangoni strapazzare, con una rappresentativa messa su dal fratello, la squadra dell’Apu di Dino Bruseschi e coach Tullio Pittini che si preparava per gli spareggi promozione in serie A. Fu immarcabile, era reduce dalla prima stagione in serie A a Trieste. Dovettero sospendere l’amichevole per manifesta inferiorità. Folgoranti i contropiedi di Nino e quel tiro dall’angolo con gamba destra che accompagnava il movimento del braccio».
«È stato il più grande attaccante della storia del basket italiano: univa tecnica, potenza e agilità».
La carriera
Cescutti da un ventennio a Tolmezzo, lui di origine carnica perché la famiglia si trasferì a Udine da Avosacco di Arta Terme, aveva costruito un suo mondo. Con due compagni di avventura quotidiani: l’ex arbitro Ilario “Ilu” Pillinini, una vita a dirigere partite di minors, e l’ex compagno di squadra Lino Paschini.
«Aspettavo la sua chiamata per sapere se aveva vinto al Lotto, lui giocava i numeri che io gli indicavo e credo proprio che venerdì avesse centrato un ambo. Ma stranamente non ha chiamato», racconta commosso Pillinini
Erano inseparabili “Ilu” e il prof. «Vieni andiamo a bere uno spritz oppure a un raduno di vecchie glorie», diceva il prof. E via di zingarate in Friuli. «Anzi un poker – chiarisce l’ex arbitro – perché al Gruppo Ana Titta Copetti di Tolmezzo il sabato pomeriggio la partita a briscola con “Chinut” e il “Maestro” era immancabile. E poi Nino mi telefonava sempre dopo le partite di Apu e Gesteco, non se ne perdeva una, era affezionato alla sua vecchia squadra e alla creatura di Davide Micalich, che stimava, anche se la sinfonia era sempre quella: non è più il nostro basket “Ilu”».
E se non erano la partita a carte dagli alpini o l’obbligatorio spritz bianco la mattina al Bar Buffet di Tolmezzo, i due andavano da Paschini a Verzegnis. Già Lino Paschini. Due scudetti, altrettante Coppacamoioni a Varese. «Ma ci trovammo alla Snaidero, Nino era il capobanda, ribaltava le partite con estro, provocatore, leader». Il quintetto della mitica promozione in Serie A. «Fiorini play, Porcelli guardia, Paschini ala forte, D’Amico, Cescutti. E poi c’erano Cella e Sarti – ricorda il pivot carnico –. Nino era il capobanda, sapeva tutto di tutti, ci teneva uniti ancora tutti».
Abbiamo aperto con il più grande cestista italiano di tutti i tempi, chiusura obbligata con un altro grande amico di Cescutti, il goriziano Paolo Vittori, classe 1938, sei volte campione d’Italia con Olimpia Milano e Ignis Varese e due volte capocannoniere della Serie A, proprio come Cescutti. Chi l’ha visto giocare Vittori giura: è il più completo e talentuoso giocatore di basket mai nato in Italia.
Che fatica a trattiene le lacrime: «L’ho chiamato verso le 15 di venerdì – racconta con il classico dialetto goriziano nonostante viva da oltre mezzo secolo a Varese – e ci siamo parlati, non l’ho più sentito. É una cosa orribile ci sentivamo al telefono 5-6 volte al giorno. Sono mortificato, è come se avessi perso un fratello gemello, quando me l’hanno detto stamattina (ieri ndr) per fortuna che ero seduto perché già a 85 anni fatico a stare in iedi figurarsi con una notizia del genere». Chiude: «Iera un zogadoron, ma noi non siamo rimasti legati perché abbiamo vinto dei trofei, la nostra amicizia è andata oltre la pallacanestro: Nino era una grande persona».
