TRIESTE Un’invenzione pensata una ventina d’anni fa. Un brevetto depositato in diversi Paesi senza mai trovare una concreta realizzazione. Rimasto nel dimenticatoio per lungo tempo. Fino a quando una giornalista inglese del Telegraph, spulciando tra idee ingegnose trovate sul web, non decide di parlare di quell’ombrello tascabile, nato dalla fantasia di un geometra triestino, Edoardo Iurincich.
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È successo qualche giorno fa, quando l’uomo è stato contattato per un’intervista. «Ed è stata una sorpresa – racconta – perché di quel progetto non avevo mai parlato prima. Era rimasto lì nascosto, perché non c’era mai stata l’occasione di vederlo prodotto, mentre il tempo è passato. Anche se, ammetto, non ho mai smesso di crederci e di sperare che prima o poi succedesse qualcosa». Ma di cosa si tratta nel dettaglio? «È un ombrello gonfiabile, del tutto simile come dimensioni e ampiezza a quelli presenti sul mercato, ma che ripiegato occupa poco spazio. E nonostante sia così, è comunque molto resistente, facilmente gonfiabile ed è un oggetto non contundente, quindi sicuro e trasportabile ovunque. Ho realizzato un disegno del prototipo con grande cura e attenzione, pensando a ogni minimo dettaglio, con l’utilizzo di un materiale che per ora resta top secret e che si è rivelato perfetto per il risultato finale».
Il brevetto è stato depositato anni fa in diversi Paesi, come Cina, Giappone e Stati Uniti. E ha suscitato l’interesse di alcune aziende ma, in sintesi, «non siamo mai riusciti a raggiungere un accordo in modo definitivo – riferisce il geometra triestino – mentre i miei impegni lavorativi e familiari non mi hanno permesso di pensare a un’autoproduzione. Così quell’idea è rimasta ferma. Non mi aspettavo che qualcuno la scovasse dopo due decenni». La speranza di Iurincich è che ora l’articolo, che è già rimbalzato su social e web a livello globale, possa finalmente catturare l’attenzione di qualche azienda. «Staremo a vedere, intanto già la pubblicazione su una testata internazionale rappresenta per me un’importante gratificazione».