“Non risparmierò le forze quando si tratta di costruire un’Unione dell’uguaglianza. Un’Unione in cui ognuno possa essere se stesso, amare chi desidera, senza paura di recriminazioni o discriminazioni. Perché essere se stessi non è ideologia. È la propria identità. E nessuno potrà mai usurparla”. Inizia con queste parole di Ursula von der Leyen il comunicato dal titolo “Unione dell’uguaglianza: strategia per l’uguaglianza LGBTIQ 2020-2025”.
Questa è stata la prima strategia della Commissione sull’uguaglianza LGBTIQ. Voleva e vuole costruire un’Unione in cui la diversità sia celebrata come parte della nostra ricchezza collettiva, dove tutte le persone possano essere se stesse senza rischio di discriminazione, esclusione o violenza.
Il mondo è andato via via evolvendosi riguardo ai diritti umani. Basta fare una rapida ricerca e appare subito evidente come ormai da più di dieci anni, e in alcuni casi anche venti, non solo sia proibita nella maggior parte dei Paesi occidentali ogni forma di discriminazione nei confronti delle persone lgbtiq+ ma siano incoraggiate politiche di educazione e applicati protocolli di comportamento. Il Canada, la Nuova Zelanda, l’Australia, l’Islanda, la Spagna, il Sud Africa, il Messico, l’Argentina, Malta, il Regno Unito… Sarebbe davvero difficile elencarli tutti. Tutti, uno dopo l’altro, hanno seguito le direttive internazionali che richiedono ai vari Stati di rispettare i diritti di tutte le persone. Semplice buon senso, verrebbe da dire.
Le leggi per la protezione dei diritti umani esistono da talmente tanti anni che sono ormai parte integrante della vita. In Spagna una delle prime cose che vedi entrando in un qualsiasi ufficio pubblico è un cartello in cui si dice che quello è un luogo libero da qualsiasi tipo di violenza nei confronti delle persone lgbtiq+; quando ti trovi in sala d’attesa negli ambulatori pediatrici i poster specificano che l’importante è che i bambini e le bambine siano felici, e non la loro identità di genere. I poster sono ormai un po’ schiariti dalla luce, tanti sono gli anni che si trovano lì a far sentire le persone comprese e protette.
Finalmente anche l’Italia ha capito che era giunto il momento di redigere delle linee guida per garantire che la sanità fosse accessibile a tuttə grazie a norme di comportamento rispettose. Per questo ha redatto un documento chiamato Linee di indirizzo per la comunicazione del personale sanitario con i/le Pazienti lgbt+. Il Documento è stato approvato in seduta plenaria dall’Osservatorio dedicato alla Medicina di Genere in data 13/06/2023. Un’ottima presa di coscienza in un paese che ormai presenta enormi criticità a causa dell’omobitransfobia dilagante. Anche se arriviamo almeno una decina di anni in ritardo rispetto al resto del mondo, tutto sommato meglio tardi che mai. È importante che sia stato proprio l’Istituto Superiore di Sanità a prendere coscienza delle problematiche esistenti e abbia dato delle direttive da seguire affinché l’accesso alla sanità sia un diritto di tuttə.
Ovviamente proprio oggi pomeriggio la nostra rappresentanza medievale che risponde al nome di Provita interverrà proprio davanti all’Istituto Superiore di Sanità, dicendo che quanto sopra non è un atto di civiltà ma una “promozione dell’ideologia gender”. Avessero almeno un po’ di fantasia nel nominare le cose! Così sì, oggi manifesteranno di fronte all’ISS contro i diritti umani, manifesteranno perché l’Italia continui a discriminare e daranno come sempre il peggio di sé dimostrando tutta la loro scarsa conoscenza di storia, sociologia e medicina. Un po’ mi fanno tenerezza perché finiranno come i loro gruppi parenti in giro per il mondo che ormai in quattro gatti vagano in cerchio parlando del diavolo con cartelli imbarazzanti.
Ringrazio l’Istituto Superiore di Sanità per il lavoro svolto e per la posizione chiara che ha assunto, di cui avevano estremo bisogno.
L'articolo I Provita contro le linee guida italiane per una sanità accessibile a tuttə: i soliti quattro gatti proviene da Il Fatto Quotidiano.